martedì 5 luglio 2016

TERRENCE MALICK TORNA SUL SET PER GIRARE "RADEGUND" SUL BEATO FRANZ JÄGERSTÄTTER Storia del terziario francescano che disse NO ad Hitler




I fan di Terrence Malick potranno gioire. Il regista di culto che dal 1973 al 2005 ha realizzato solo quattro film, che da molto tempo ormai non mostra il proprio volto in pubblico (pare si mimetizzi abilmente tra gli spettatori durante i festival), ma che dal 2011, anno della Palma d’oro a The tree of life, ha notevolmente intensificato la propria attività creativa, è in arrivo sugli schermi con ben tre film.
Così in Italia non si è ancora visto Knight of cups, presentato al Festival di Berlino 2015, che già in Germania annunciano il suo prossimo progetto, al via questa estate negli studi di Babelsberg, a Postdam, grazie anche a un contributo tedesco di 400mila euro. Si tratta di Radegund war movie, ambientato durante la Seconda Guerra Mondiale che racconta la storia dell’obiettore di coscienza austriaco Franz Jägerstätter, arrestato e condannato a morte a soli 36 anni per essersi rifiutato di combattere.
A fare un film su di lui ci aveva già pensato Axel Corti nel 1971, mescolando in Der fall Jägerstätter la finzione (il protagonista era interpretato da Kurt Weinzierl) a interviste con la moglie Franziska, il parroco del paese e altre persone che lo avevano conosciuto e frequentato negli ultimi mesi della sua vita. Nel 2007 Jägerstätter fu beatificato da papa Benedetto XVI.
La star del tarantiniano Bastardi senza gloria August Diehl si calerà nei panni del protagonista, ma nel cast, ancora misterioso, ci sarà anche l’austriaca Valerie Pachner. I dettagli sul biopic sono al momento ancora piuttosto scarsi perché Malick, si sa, ama mantenere il più assoluto riserbo sul materiale al quale lavora, ma il ritorno al genere bellico, già frequentato nel 1998 con La sottile linea rossa, non deve trarre in inganno: il film (che deve il titolo dal paesino austriaco dove il protagonista è nato, che a sua volta prende il nome da santa Redegonda) sarà probabilmente una storia intima, focalizzata sul dramma personale del suo protagonista. Le riprese dovrebbero coinvolgere anche altri Paesi europei, tra cui l’Italia, in particolare l’Alto Adige.
Il 7 ottobre però il regista canadese arriverà sugli schermi Imax con il suo progetto più ambizioso, Voyage of time: the Imax experience, una gloriosa celebrazione della vita, della natura e della grandiosa storia del cosmo in cui lo spettatore viene trasportato all’interno di uno spettacolare viaggio che parte dal Big Bang, raggiunge l’era dei dinosauri e prosegue fino al mondo presente, andando oltre. Un assaggio lo avevamo avuto in alcune sorprendenti sequenze di The tree of life, e per chi volesse capire davvero di cosa si tratti, potrà farlo guardando il trailer in rete che in una manciata di secondi vi immergerà nelle sontuose immagini di cascate ed esplosioni, tra stelle, canyon, foreste e avveniristiche città, fino ad entrare in un occhio umano. Si tratta dunque di un documentario sulle origini dell’universo e sulla sua storia che nella versione di 40 minuti, in arrivo a ottobre, avrà come narratore Brad Pitt, mentre “l’esperienza cosmica” da 90 minuti e in 35mm, di cui si sa poco e niente, godrà del commento di Cate Blanchett. Definito dallo stesso Malick «uno dei miei sogni più grandi», il documentario, il primo del regista, è stato al centro anche di una causa tra il regista e i suoi finanziatori, che lo avevano accusato di aver messo da parte il progetto. Ci sono voluti quasi quarant’anni per realizzarlo, ma si preannuncia un’esperienza visiva ed emotiva senza precedenti.
E non finisce qui. Malick ha infatti ultimato Weighless, l’atteso nuovo film, annunciato da anni, che intreccia due triangoli amorosi, tra ossessioni e tradimenti, sulla scena musicale di Austin, in Texas. Durerà, si dice, 145 minuti e sarà vietato ai minori di 14 anni a causa di esplicite scene di sesso. Stellare ancora una volta il cast, con Michael Fassbender, Rooney Mara, Natalie Portman, Ryan Gosling, Christian Bale, Cate Blanchett, Benicio Del Toro, Val Kilmer, Holly Hunter. Lo vedremo nel 2016?
Alessandra De Luca


  • Franz Jägerstätter

Un contadino austriaco martire della coscienza:
si rifiutò di giurare fedeltà a Hitler
e fu ghigliottinato

Franz Jägerstätter è un contadino austriaco di 36 anni, sposato con Franziska Schwaninger e padre di tre bambine. Vive a St. Radegund, il paesino dov’è nato nel 1907. Dopo una gioventù inquieta ha raggiunto una solida maturità ed è un fervente cristiano. Né colto, né politicizzato, buon conoscitore della Bibbia, capisce presto quanto basta per rifiutare ogni collaborazione con il nazionalsocialismo già prima dell’annessione del suo Paese alla Germania: sottraendosi al clima generale condiviso da quasi tutti, poi, dopo l’Anschluss, ribellandosi apertamente all’ideologia neopagana di Hitler.
Tra il 1940 e il 1941, durante l’addestramento nella Wehrmacht, si rende conto dell’incompatibilità del nazismo con la fede. Rimandato a casa perché unico sostegno per la famiglia non indosserà mai più l’uniforme. «Anche se ciò comporta la morte, non è forse più cristiano offrire se stessi in sacrificio, piuttosto che, per salvarsi la vita, dover prima uccidere altri?». Così Jägerstätter nel ’42. Chiamato alle armi nel febbraio ’43 dichiara di non voler partecipare a una guerra ingiusta perché cristiano. Un’obiezione di coscienza nella convinzione dell’inconciliabilità tra Vangelo e nazismo: «Non posso desistere dalla mia decisione (...) Indossando quell’uniforme, quante volte dovrei anch’io rinnegare Cristo!».
Arrestato nel marzo del ’43, motiva così il rifiuto all’arruolamento: «nulla potrebbe garantire la mia anima contro i pericoli che i nazisti le farebbero correre» e viene portato nel carcere di Linz dove provano a fargli cambiare idea. Senza esito. Inutili anche i consigli dei preti che lo esortano a cedere almeno per amore della famiglia: «Lo volevamo far desistere ma ci ha sempre sconfitti citando le Scritture».
Da quel momento inizia la sua via crucis conclusasi a Berlino, davanti al Tribunale del III Reich, che lo condanna a morte dopo aver trascorso in carcere terribili giornate, tra il ricordo degli anni trascorsi con moglie e figlie (che ai suoi occhi «sembrano talvolta perfino dei miracoli») e i suoi doveri di cristiano. Così sul contadino che ha disobbedito al führer, il 9 agosto ’43, a Brandeburgo, cala la ghigliottina.


Quella di Franz, documentata da lettere e appunti commoventi, è una vicenda di fede, amore, coraggio, già ricostruita da storici e scrittori. Ora, però diventa anche il focus del prossimo film di Terrence Malick, che prosegue così la sua ricerca spirituale raccontando di questo martire beatificato da Benedetto XVI nel 2007.
Ne La sottile linea rossa, del 1998, Malick aveva affidato la rappresentazione del conflitto più che alle sequenze belliche tra americani e giapponesi, ai monologhi interiori. Un racconto dell’invisibile. È quello di cui si avrebbe bisogno della storia di Jägerstätter. Quella di una voce fuori dal coro, di una coscienza plasmata dall’etica cristiana: «Scrivo con le mani legate, ma è meglio che se fosse incatenata la volontà. Talvolta Dio ci mostra la forza che dona agli uomini che lo amano e non preferiscono la terra al cielo. Né il carcere, né le catene e neppure morte possono separare un uomo dall’amore di Dio e rubargli la sua libera volontà», diceva Jägerstätter. Parole da cui può iniziare una grande sfida. Anche per il cinema.
Marco Roncalli


estratto da Avvenire 2 luglio 2015