28 APRILE
BEATO LUCCHESE DA POGGIBONSI
Sposo della Beata Bonadonna
Commerciante inserito nella vita politica
Penitente, Terziario francescano
Commerciante inserito nella vita politica
Penitente, Terziario francescano
Il Beato Lucchese, (anche Lucesio, Lucio o Lucchesio) (Gaggiano, 1180 o 1181 - 1182 – Poggibonsi, 28 aprile ante 1251) è protettore della città di Poggibonsi ed è ricordato quale primo terziario francescano. Con sua moglie la Beata Bonadonna ebbero benedizione a far vita da penitenti dallo stesso San Francesco.
Solo il beato Lucchese ebbe riconosciuto dalla Chiesa il culto (vedi), mentre Bonadonna continua ad essere ricordata come beata in ambito locale e francescano.
Martirologio Romano: Presso Poggibonsi in
Toscana, beato Lucchese, che, dapprima avido di lucro e poi convertito vestì
l’abito del Terz’Ordine dei Penitenti di San Francesco, vendette i suoi beni e
li distribuì ai poveri, servendo in povertà e umiltà Dio e il prossimo secondo
lo spirito del Vangelo.
Martirologio Francescano: Presso Poggibosi, nella
Toscana, il Beato Lucchesio, Confessore, il quale da prima tutto intento nei
negozi terreni e poi richiamato sul buon sentiero e, primo d'ogni altro,
vestito dell'abito del Terz'Ordine della Penitenza dallo stesso nostro Serafico
Patriarca S. Francesco, fece degni frutti di penitenza, impiegando la sua vita
in opere di pietà e di misericordia e dopo la morte risplendette per la fama
dei miracoli. Il Sommo Pontefice Innocenzo XII concesse in suo onore l'Ufficio
e la Messa (1260).
Culto
Molti sono stati i miracoli attribuiti all'intercessione dei santi coniugi. I resti mortali del beato Lucchese e della moglie Bonadonna riposano nella grande chiesa costruita dalla città di Poggibonsi, di cui fu nominato compatrono insiene a S. Lorenzo, sul finire del secolo XIII, a metà strada tra Firenze e Siena, in prossimità di Monteriggioni.
Avendo perso i loro figlioli, ascoltino con particolare favore la preghiera rivolta loro dalle mamme per i propri figli.
- Fr. Amando Trujillo Cano TOR ha pubblicato un PDF utile per la memoria del Beato Lucchese e Bonadonna
Diffusione del culto - André Vauchez nell'opera La santità nel medioevo cita il B. Lucchese nel capitolo "I santi locali", tratta del fenomeno che tra il '300 e il '400 portò l'Ordine dei frati minori a valorizzare figure di terziari santi e a promuoverne il culto cittadino. Un dinamica diffusa in alcune regioni da parte degli ordini religiosi in genere o per opera del clero.
Per approfondire la nascita e il consolidamento del culto a San Lucchese di Poggibonsi, si consiglia la voce Lucchese di Poggibonsi dell'Enciclopedia Treccani a cura di Anna Benvenuti.
Lucchese e Bonadonna "Vissuti insieme in una comunione di spirito che li ha visti uniti nello stesso cammino di sequela radicale del Signore sulla scia di Francesco, questi due sposi hanno avuto la grazia di entrare insieme nella sala del banchetto di nozze dell‟Agnello" :
B. Bonadonna beata per vox populi
Martirologio Francescano: Presso Poggibonsi, in Toscana, la beata
Bonadonna, Terziaria, moglie del beato Lucchesio, la quale dopo essere stata
sempre intenta col marito all'esercizio delle buone opere, nello stesso giorno
si addormentò con lui nel Signore e fu illustrata da miracoli (1260).
Biografia
Il beato Lucchese nacque nel 1181 circa a Gaggiano, un villaggio nei pressi di Cedda, antico borgo con bella chiesa romanica a circa quattro Km dall'attuale Poggibonsi, in Toscana. Ivi una tradizione, documentata almeno dal sec. XV, mostra gli avanzi della sua casa e nell'attiguo Poggio di Montignano viene identificato il suo podere, laddove sono presenti ruderi di un fabbricato, detto il Casalone di San Lucchese.
In giovane età sposò una ragazza di nome Bona o Buonadonna figlia di tale Bencivenni di Buono, giovane di una ricca famiglia di Borgo Marturi. da cui ebbe dei figli. Proveniente da una famiglia di contadini preferì dedicarsi al commercio unitamente all'attività di cambiavalute, mestiere allora redditizio per chi come lui si trovava ad abitare in una zona così centrale della Toscana dove confluivano facilmente monete pisane, fiorentine e senesi. Ben presto tuttavia passò a fare il grossista di grano, alimentari e foraggi facendosi incettatore e speculatore senza scrupoli .
In quegli stessi anni Lucchese partecipò attivamente anche alla vita politica della sua città dove, sempre secondo la tradizione, fu capo della locale fazione Guelfa, attirandosi purtroppo l'inimicizia di potenti avversari; si ipotizza gli Squarcialupi di Monternano, signori della zona. Per questo tra il tra il 1200 e il 1210, dovette abbandonare la natia Gaggiano, trovando rifugio nel vicino borgo sorto presso il Castello di Poggio Bonizio, (attuale Poggibonsi) dove si dedicò totalmente e non sempre onestamente agli interessi materiali, nel tentativo forse di superare la sua origine contadina ed avvicinarsi così alle classi più elevate.
Morti i figli per cause imprecisabili, messo al bando per motivi politici Lucchese viene raggiunto dalla mano di Dio. Nell’anno 1211 o 1212, al passaggio di S. Francesco per Poggibonsi Lucchese chiede a lui l'abito del Terz'Ordine e l'ottiene insieme alla moglie, e ad altri fedeli del paese e dei dintorni, abbandona gli affari e da interessato diventa generoso, distribuisce ai poveri denaro e merci, vende infine ogni cosa "assensu coniugis " (con il consenso della moglie) e si riserva solo l'acquisto d'un campo o orto di un ettaro, da cui trarre il modesto vitto quotidiano con la coltivazione degli ortaggi. E’ il 1227.
Qui Lucchese lavorava il piccolo podere con le sue mani per trarre il necessario per sé, per la moglie e i bisognosi specialmente infermi che assisteva nel vicino ospedale di S. Maria Maddalena. Soccorreva per quanto possibile, tutti gli infermi e i bisognosi che trovava e spesso andava persino a cercarli spingendosi a questo scopo fino alla lontana Maremma.
Dedito alla penitenza e all’orazione, si accostava frequentemente ai sacramenti e spandeva in paese e nei dintorni il profumo della sua santità, confermata, anche in vita, dal dono dei miracoli. Era assiduo nell'ascoltare e meditare la Parola di Dio, nell'essere presente alla Liturgia e a tutte le celebrazioni fraterne e comunitarie, integro nei costumi, dedito ad ogni sorta di penitenze, nel silenzio, nel distacco dalle cose e dal mondo, nell'umiltà, nella pazienza e nella sopportazione delle croci e delle miserie temporali.
In giovane età sposò una ragazza di nome Bona o Buonadonna figlia di tale Bencivenni di Buono, giovane di una ricca famiglia di Borgo Marturi. da cui ebbe dei figli. Proveniente da una famiglia di contadini preferì dedicarsi al commercio unitamente all'attività di cambiavalute, mestiere allora redditizio per chi come lui si trovava ad abitare in una zona così centrale della Toscana dove confluivano facilmente monete pisane, fiorentine e senesi. Ben presto tuttavia passò a fare il grossista di grano, alimentari e foraggi facendosi incettatore e speculatore senza scrupoli .
In quegli stessi anni Lucchese partecipò attivamente anche alla vita politica della sua città dove, sempre secondo la tradizione, fu capo della locale fazione Guelfa, attirandosi purtroppo l'inimicizia di potenti avversari; si ipotizza gli Squarcialupi di Monternano, signori della zona. Per questo tra il tra il 1200 e il 1210, dovette abbandonare la natia Gaggiano, trovando rifugio nel vicino borgo sorto presso il Castello di Poggio Bonizio, (attuale Poggibonsi) dove si dedicò totalmente e non sempre onestamente agli interessi materiali, nel tentativo forse di superare la sua origine contadina ed avvicinarsi così alle classi più elevate.
Morti i figli per cause imprecisabili, messo al bando per motivi politici Lucchese viene raggiunto dalla mano di Dio. Nell’anno 1211 o 1212, al passaggio di S. Francesco per Poggibonsi Lucchese chiede a lui l'abito del Terz'Ordine e l'ottiene insieme alla moglie, e ad altri fedeli del paese e dei dintorni, abbandona gli affari e da interessato diventa generoso, distribuisce ai poveri denaro e merci, vende infine ogni cosa "assensu coniugis " (con il consenso della moglie) e si riserva solo l'acquisto d'un campo o orto di un ettaro, da cui trarre il modesto vitto quotidiano con la coltivazione degli ortaggi. E’ il 1227.
Qui Lucchese lavorava il piccolo podere con le sue mani per trarre il necessario per sé, per la moglie e i bisognosi specialmente infermi che assisteva nel vicino ospedale di S. Maria Maddalena. Soccorreva per quanto possibile, tutti gli infermi e i bisognosi che trovava e spesso andava persino a cercarli spingendosi a questo scopo fino alla lontana Maremma.
Dedito alla penitenza e all’orazione, si accostava frequentemente ai sacramenti e spandeva in paese e nei dintorni il profumo della sua santità, confermata, anche in vita, dal dono dei miracoli. Era assiduo nell'ascoltare e meditare la Parola di Dio, nell'essere presente alla Liturgia e a tutte le celebrazioni fraterne e comunitarie, integro nei costumi, dedito ad ogni sorta di penitenze, nel silenzio, nel distacco dalle cose e dal mondo, nell'umiltà, nella pazienza e nella sopportazione delle croci e delle miserie temporali.
Così trascorse il resto della sua esistenza amando Dio, i poveri e i malati e spargendo ovunque il profumo soave di Cristo per mezzo della sua bontà e della sua misericordia.
Quando la moglie si ammalò gravemente egli la soccorse con la massima carità e secondo l’unanime tradizione una volta morta, la raggiunse in cielo spirando qualche minuto dopo di lei. Mancavano tre giorni alla fine del mese di Aprile, l'anno del Signore 1251.
Quando la moglie si ammalò gravemente egli la soccorse con la massima carità e secondo l’unanime tradizione una volta morta, la raggiunse in cielo spirando qualche minuto dopo di lei. Mancavano tre giorni alla fine del mese di Aprile, l'anno del Signore 1251.
Riguardo alla data di morte tradizionalmente fissata al 28 aprile1260, a seguito della recente acquisizione di un importantissimo documento presso l’Archivio di Stato di Siena, si ritiene debba essere anticipata almeno al 1251[1] . (Antonio Fasolo)
[1] Nel 1980 fu rintracciato nell’Archivio di Stato di Siena un documento d’eccezionale interesse. Si trattava di un testamento redatto da un notaio di Poggibonsi e datato 4/12/1251. Il testatore, che si chiamava Forzore di Siribuano ed abitava nell’antico castello di Poggiobonizio, nella contrada di Stoppia, era forse un artigiano che esercitava anche la marcatura ed il prestito ad usura.
Coetaneo di Lucchese, col quale forse condivideva un tempo la stessa attività, dovette essere certamente colpito dal suo esempio tanto da essere indotto, quando era ancora in salute e nel pieno delle sue forze, a rivedere la propria vita in conformità dello spirito evangelico.
Nel suo testamento, infatti, egli si preoccupa di beneficare largamente i poveri, trascurando moglie, figli e nipoti. Fra le altre cose, disponeva una donazione di cinque soldi da depositare sopra il sepolcro di Lucchese. Di conseguenza, oggi possiamo essere sicuri che i coniugi dovettero essere già morti prima di quella data. Riguardo al giorno ed al mese della loro dipartita, la tradizione ha invece indicato sempre unanimemente il 28 aprile.
Santi sposi
La nuova sensibilità della Chiesa verso i laici e dell'universale chiamata alla santità per tutti gli stati di vita, messa in luce dal Concilio Vaticano II, ha fatto si che la Chiesa, ispirata dallo Spirito Santo, promuovesse la beatificazione dei coniugi Luigi e Maria Beltrame Quattrocchi e la prossima canonizzazione di Luigi e Zelia Martin, genitori di Santa Teresa di Lisieux, quali esempi di santità coniugale. Allo stesso modo, sempre più diffusamente i beati Lucchese e Bonadonna sono ricordati non solo quale prima coppia di terziari francesani ma anche in quanto santi sposi.
La Chiesa che è oggi impegnata a contrastare una epocale crisi culturale e antropologica dello statuto della famiglia, crisi che sta scuotendo la società fin dalle fondamenta, recentemente ha avviato un Sinodo per la famiglia. Essa indica ai fedeli modelli di coppie di sposi che si sono distinte come esempi di santità e sono poche - ricordiamo - Carlo Tantredi Falletti e Giulia Colbert, Marcello Inguscio e Anna Maria Ritter, Ulisse Amendolagine e Lelia Cossidente, Giovanni Gheddo e Rosetta Franzi. Lo stesso Sinodo per la famiglia terminerà con l'emblematica canonizzazione di una coppia di santi sposi, il beato Luigi Martin e la terziaria francescana Zelia Guerin.
Lucchese e Bonadonna, il volto coniugale della Carità
Lucchese e Buonadonna furono innanzitutto sposi. Essi accolsero con gioia la grazia di Dio nella loro vita. " Non è bene che l'uomo sia solo, gli voglio dare un aiuto simile a lui." (Gen. 2,18). All'origine del loro matrimonio vi fu, come per tutte le coppie, un atto eterno di predestinazione al fine di renderle conformi all'immagine di Cristo (Ef. 1,4-5) realizzando tale conformità secondo il dono ed il carisma loro tipico. Essi si esortarono a vicenda e si incoraggiarono sempre nella via della perfezione evangelica secondo il modello suggerito da S.Francesco e già " regolamentato" nelle primitive fraternità.
Essi compresero, dalla consapevolezza della propria povertà, di essere debitori davanti a Dio, di aver necessità di penitenza e di conversione. Da ciò maturarono una decisa attitudine all'umiltà ed alla minorità, cioè la capacità di riconoscersi piccoli davanti a Dio, sue creature, persone che ricevono la vita da lui, che sono quelle che sono perché Lui li ama, li colma di beni di ogni genere. L'umiltà, in particolare, li fece vivere bene con i piccoli, con coloro che non contavano nulla, con i poveri, con quelli che la società da sempre metteva da parte.
Essi compresero che l'uomo non può vivere senza amore. Che egli rimane per sè stesso un essere incomprensibile, che la sua vita è priva di senso, se non gli viene rivelato l'amore, se questo amore non lo sperimenta e non lo fa proprio, se non vi partecipa vivamente, se in sostanza non fa esperienza "di Dio, poiché " chiunque ama è generato da Dio e conosce Dio...perché Dio è Amore" (1GV. 4,7-8).
Lucchese e Buonadonna mostrano all'interno del nascente Terz'Ordine Francescano come la carità assuma il volto coniugale di un uomo e di una donna semplici, uniti nel sacramento del matrimonio, fedeli alla Chiesa e a Dio, di cui rivelano al mondo l'aspetto essenziale, cioè quell'amore che non è un'idea, un concetto, o un'astrazione ma una forma tangibile, bella ed eterna, la vita di una coppia umana legata da un amore che supera le barriere del tempo ma che nello spazio e nel tempo continua a proporre al mondo l'immagine visibile del Dio invisibile.
Proprio per non dimenticarci ora della profonda umanità di Lucchese, mentre ammiriamo le virtù eroiche del Santo, concluderemo questo nostro viaggio fissando lo sguardo sulla sua più antica immagine che si trova da secoli nella sacrestia della chiesa francescana, una formella dipinta a tempera, in passato attribuita a Duccio di Buoninsegna, ma ora, più giustamente, ad un anonimo della sua scuola, operante tra il 1325 e il 1335 (forse Memmo di Filippuccio). La figura è a mezzobusto. La testa ricoperta da capelli, il volto oblungo, barbuto, solcato da rughe, la fronte ampia, le tempie e gli zigomi sporgenti, gli occhi vivaci e il naso forte. Un uomo robusto non ancora vecchio. La tonaca di bigello, il mantello marrone chiaro, la corda ai fianchi e le mani giunte, da cui pende una corona o rosario, ci rivelano la sua appartenenza al Terz'Ordine.
Nessuna immagine parimenti antica ci è pervenuta purtroppo della moglie ma se guardiamo bene negli occhi del marito possiamo scorgerne la figura, come riflessa in uno specchio. Poiché sempre l'amore rende simile l'amato all'amata.
Per leggere la biografia completa di Antonio Fasolo
LUCCHESE E BUONADONNA - IL VOLTO CONIUGALE DELLA CARITA'