lunedì 27 aprile 2020

PADRE MARELLA SACERDOTE FRANCESCANO SECOLARE, EDUCATORE DEI POVERI di P. Elia Facchini


Frontespizio di un libro scritto dall'autore
di questo articolo, p. Elia Facchini
Siamo nel centro di Bologna capoluogo della Regione Emilia-Romagna. Lasciata la Piazza grande (Piazza Maggiore) e attraversato il Portico del Pavaglione, ci s”imbatte in Via Orefici; svoltando l'angolo, dopo la teoria delle vetrine dei gioiellieri e dei negozi di abbigliamento, si comincia ad avvertire l'odore pungente proveniente dal mercato: è una cortina di umori che sorte dai negozietti e dalle bancarelle.
C'è di tutto: dal pesce al tartufo, dal formaggio ai mandarini. E come imboccare i vicoli del passato, perché ben poco è cambiato qui nel tempo. Per anni questi angoli hanno visto aggirarsi una figura minuta e scura: un uomo con una gran barba bianca che in silenzio, raggiunto primo angolo del negozio «Tamburini», si sedeva su di uno sgabello, col cappello rovesciato in mano ed una sporta a fianco. Era una presenza molto cara ai Bolognesi - dolce e con la bontà stampata sul volto.
Lasciò quel posto il 6 settembre 1969 - che però venne subito occupato da un Francescano: Padre Alessandro Mercuriali - che lasciò la pregevole Parrocchia della SS. Annunziata per continuare l'Opera - fondata a beneficio dei poveri - che porta il nome: Pia Opera Padre Marella - "Città dei Ragazzi".
Don Marella - clochard del cuore - ha una storia lunga, fatta di studi e di carità. Pochissimi si sono posti la domanda di quale fosse il suo paese d'origine. Lo si vedeva sempre attorniato da ragazzi poveri (dei più poveri e derelitti) - e tutti lo chiamavano «Padre Marella». 

Nato a Pellestrina il 14 giugno 1882 - Isola della Laguna Veneta - era figlio del medico condotto (Luigi) e della maestra Carolina De' Bei. Lo zio Mons. Giuseppe - Parroco a Pellestrina - seguì il nipote, avviandolo alla conoscenza dei bambini dell'Isola, tanto che, a dieci anni, il piccolo Olinto lesse in chiesa un discorso (preparato dallo zio) sulla S. Infanzia, commovendo gli ascoltatori, che già facevano buoni pronostici sul suo avvenire.
Nell'Archivio di famiglia si conserva il documento di nomina dello Zio Monsignore come delegato della Diocesi di Chioggia, a ricevere l`iscrizione al Terz'Ordine Francescano nelle Parrocchie per professare la Regola di San Francesco. Il predetto documento reca la firma del Padre Generale dell'Ordine: P. Bernardino da Portogruaro, in data 20 giugno1888.
Nella Famiglia Marella si viveva la spiritualità nella sua formula integrale, tanto che, alla morte del padre medico avvenuta a 52 anni, l'eredità da lui lasciata venne impiegata per la costruzione del «Ricreatorio Popolare» e del «Giardino d'Infanzia»: «Vittorino da Feltre» per l'abolizione dell”analfabetismo nell'Isola e per l'educazione civile e morale della infanzia.
Il fratello Tullio assecondò l'iniziativa di Don Olinto e, alla sua morte, volle essere rivestito del saio francescano: aveva 28 anni! Olinto Marella, laureato all'Apollinare di Roma in teologia e filosofia insegnò nel seminario di Chioggia, ma dopo cinque anni fu esonerato per le sue idee interpretate come spinta verso il «modernismo››.
In seguito conseguì la laurea statale in filosofia e pedagogia all'Università di Padova. Vinse la cattedra al Liceo Galvani di Bologna nel 1924. E fu qui che venne a delinearsi la sua vera vocazione - iniziata a Pellestrina, forse più come filantropia: l'assistenza ai poveri fra i più poveri, cioè nella Carità.

P. Marella ripeteva: "Non mi interessa il
passato dei miei ragazzi, ma il loro futuro.
Da allora, dal 1924 al 1969, si calcola che nelle sue case siano passati oltre ottomila ragazzi. Ha aperto case-rifugio durante l”ultimo conflitto; case-famiglia durante il periodo della ricostruzione; oratori e poliambulatori nei quartieri della città. Nel centro delle sue attività ha voluto costruirvi una Chiesa che chiamò "La Cattedrale dei Poveri". Ha inoltre costruito un villaggio per giovani sposi in attesa di sistemazione.
Studiando ed assorbendo gli insegnamenti della «Rerum Novarum» di Leone XIII comprese che il disagio crescente nella società, il conflitto fra classi abbienti e classi povere e diseredate, poteva essere sanato o per lo meno affrontato solamente mettendo in pratica il Cristianesimo - facendo leva soprattutto sulla Carità.
Ci si chiede come Don Marella sia riuscito ad ottenere tanta simpatia nella città di Bologna, che a furor di popolo da subito lo ha dichiarato"santo". Vorremmo qui riferirci ad una Intervista fatta a Don Marella nel dicembre 1968 e riportata sulla nota Rivista «La Rocca›› diretta da Don Giovanni Rossi:

- Quale fu il suo atteggiamento nell'affrontare in pubblico il suo carisma?
Mi sono appartato e non ho aderito ad alcun movimento culturale. Mi sono aggregato al comune senso e all'insegnamento della Chiesa, fidando sempre nella provvidenza di Dio... Ho vissuto alla giornata, senza pensare a quello che sarebbe accaduto domani: la mia certezza è la Fede.

- Quale è il dialogo con la gente che le chiede consigli ?
La gente non deve dare lasciti o eredità, ciò che non può portarsi dietro morendo. Deve rinunciare a quello che può ancora godere poiché combattere miseria e ingiustizia è impresa da uomini non da cadaveri. 
- Che cosa pensa di coloro che le confidano i loro problemi? 
Chiunque si rivolga a me è una creatura da amare, è sempre da accogliere senza pretendere gratitudine.
 
- Dove vede il male più deprimente della nostra società?
Il peccato più grosso è l'egoismo degli adulti nei riguardi dei piccini; l'egoismo, l'indifferenza, l'irresponsabilità, la faciloneria. Ci deve pur essere chi ripara i peccati contro questi piccoli. 

- Lei che è un Educatore, come vede i ragazzi di oggi?
Non mi interessa il passato dei miei ragazzi, ma il loro futuro. Non mi preoccupo solo di sfamarli e vestirli, ma di scoprire le loro particolari attitudini, farli studiare (alcuni sono laureati), dar lavoro un mestiere, renderli capaci di affrontare la vita, sottraerli alla miseria e ai pericoli morali della strada, ridare loro il calore dell'amore.

- Come spiega il fatto di aver scelto la via del «mendìco», quando con altri metodi avrebbe potuto sopperire alle necessità della sua Opera?
Amare la povertà in noi e negli altri: non temerla - non sfuggirla; in altri e in sè; non farla disertare e detestare, ma soccorerla; alleviarla per renderla segno e pegno di benedizione, di Beatitudine!

La Povertà non venga considerata piaga della persona e della società bensì un modo di vivere perché in essa si può trovare dignità e capacità di sentirsi liberi. Così volle fosse scritto sul frontale dei suoi padiglioni: Qua libertate Cristus nos liberavit. Scegliendo l'ambiente povero - il Prof. Marella - come Francesco - si sentì libero! 

- Lei ha fondato la «Città dei Ragazzi» puntando su l'autogoverno degli stessi. Con quale finalità ha preso questo indirizzo?

La ragione è questa: - Non è giusto che i fanciulli soffrano causa gli sbandamenti dei genitori e che abbiano a vivere senza poter incontrare un papa e una mamma.

La sua «Città» si popolò di 23 case-rifugio e case-famiglia, dove i più grandi fungevano da genitori. Di persona li seguiva quando dovevano allontanarsi per andare militari e allora andava alla festa del Giuramento. Ad ognuno accendeva un libretto di Banca ad essi intestato. Li voleva sposare Lui, e per questo costruì il Villaggio dell'Artigiano - perché non si allontanassero. La novità Marelliana sta qui: nell'unione - come ai tempi dei Patriarchi.
La sua è stata definita la più violenta «provocazione cristiana» alla generosità, alla solidarietà. Una provocazione che poteva irritare tanto era più silenziosa ed inerme, ma che finiva per portare al più generoso slancio di Carità. 
ln questo tempo, in cui tanto si dibatte tra cristiani impegnati, sullo accento da porre sulla linea «orizzontale» (la solidarietà umana) e la linea «verticale» (il rapporto personale con Dio) - Don Marella ci dà un esempio di integrazione tra i due aspetti del Cristianesimo: una vita spesa per gli altri e vissuta nel pieno abbandono in Dio nella sua provvidenza.

L'8 settembre 1996 è stato aperto il Processo Canonico cognizionale per la Beatificazione, poi i vari passaggi ... fino al decreto emanato da Papa Francesco che per la Chiesa lo fa beato.
La Chiesa si è espressa sulla eroicità delle virtù praticate da questo nostro Confratello. Amore - Solidarietà - Riparazione. E' questa la dimensione sulla quale è stato vagliato Don Marella: l'aspetto umanitario intimamente unito alla coscienza personale. Si può sbagliare - è umano; ma si deve sentire il desiderio ed il bisogno di farsi perdonare.

testo: p. Elia Facchini (Postulatore), del 1997. Riadattato in merito agli aggiornamenti sull'iter della causa. Pubblicato sulla rivista dell'OFS "Cantico" del febbraio 1997.