sabato 9 maggio 2020

BEATO BARTOLO da SAN GIMIGNANO Sacerdote Terziario francescano


12 dicembre
BEATO BARTOLO da SAN GIMIGNANO

Sacerdote

Terziario francescano


San Gimignano, Siena, 1228 circa - 12 dicembre 1310


Bartolo, nato nel 1228 nel castello feudale dei conti di Mucchio, presso San Gimignano (Siena), fin da giovane si consacrò al servizio di Dio. Per la netta opposizione del padre, che mal tollerava nel figlio quel genere di vita, Bartolo si recò a Pisa e fu per qualche anno ospite dei Benedettini di S. Vito.
Entrato nel Terz'Ordine francescano, andò a Volterra, dove il vescovo lo volle sacerdote e lo destinòprima cappellano a Peccioli, poi parroco a Picchena. Colpito dalla lebbra, si ritirò nel lebbrosario di Cellole presso San Gimignano, ove visse venti anni, ricevendo per la pazienza mostrata nel sopportare per tanto tempo il male, il soprannome di "Giobbe della Toscana". Alla sua morte fusepolto nella chiesa di S. Agostino in San Gimignano, dove gli fu eretto uno stupendo sepolcro,opera di Benedetto da Maiano. Per sua intercessione avvennero molti prodigi, ed egli ebbe ben presto culto pubblico, approvato il 27 apr. 1910. La festa del Beato si celebra, nell'Ordine francescano, il 12 dicembre.



Martirologio Romano: Presso la cittadina di Celloli in Toscana, beato Bartolo Buonpedoni, sacerdote, che, colpito a sessant’anni dalla lebbra, lasciò la cura della parrocchia e, vestito l’abito del Terz’Ordine di San Francesco, diede pazientemente assistenza a tutti nell’ospedale in cui visse rinchiuso.

Martirologio francescano:
Presso Castel S. Giminiano, in Toscana, il Beato Bartolo, Sacerdote e Confessore del Terz'Ordine, illustre per casato e per virtù, il cui culto immemorabile fu riconosciuto e confermato dal Sommo Pontefice Pio X (1300).


Bartolo di San Giminiano
di Benozzo Gozzoli - ritratto sec. XV
E’ l’unico figlio dei conti Giovanni e Giuntina Bompedoni, e suo padre vuole vederlo sposato presto, per la continuità della casata. Anzi, vuole trovargli personalmente una moglie adeguata per titoli e patrimonio. Ma a Bartolo non piace questa programmazione del suo avvenire, e se ne va di casa. Destinazione Pisa, dove lo accolgono i Benedettini di San Vito, ma non come aspirante monaco: lui non ha fretta, deciderà dopo aver riflettuto. Intanto, serve il monastero facendo l’infermiere tra i malati.
Ma una notte fa un sogno, o forse ha una visione. Gli accade di vedere Gesù risorto, col corpo sempre piagato, e si sente dire: "Per fare la mia volontà, tu non dovrai diventare monaco; dovrai invece vivere nella sofferenza per vent’anni". Ricevuto quest’ “avviso”, Bartolo lascia il monastero e Pisa, andandosene a Volterra, dove entra nel Terz’Ordine francescano.
Un giorno lo chiama il vescovo di Volterra, che gli indica di diventare prete, al servizio della diocesi. Bartolo accetta, viene ordinato e incomincia il suo ministero come cappellano a Paccioli, passando poi a Picchena come parroco. Ma qui si ammala inguaribilmente: frate Bartolo ha la lebbra. Eccolo arrivato al momento di prova: il suo servizio a Dio consisterà ora nel confortare i sofferenti, soffrendo con loro. E come loro.
Bartolo va a vivere nel luogo che accoglie i suoi compagni di disgrazia respinti dalla società: il lebbrosario. Ce n’è uno nel vicino paese di Cellole, e lui si ritira lì come rettore della pieve, per gli ultimi vent’anni della sua vita. Isolato, ma presto conosciutissimo, per il male che ha e per il suo modo straordinario di viverlo, dando conforto anche ai sani. Lo chiamano “il Giobbe della Toscana”. Non fa miracoli: è un miracolo, personalmente, con la letizia francescana degli occhi e della parola, mentre il corpo si va disfacendo.
Dopo la morte lo si venera come santo. Sepolto a San Gimignano nella chiesa di Sant’Agostino, gli verrà innalzato uno splendido sepolcro, opera di Benedetto da Maiano. Approvato nel 1498, il suo culto sarà confermato nel 1910. (Domenico Agasso)