18 ottobre
Servo di Dio
ANTONINO PETYX
del Terz'Ordine di San Francesco
francescano secolare
Il Servo di Dio Antonino Petyx, nacque il 5 giugno del 1874 a Casteltermini (Agrigento), dal barone Luigi e dalla nobildonna Marianna De Carlo. Fu il secondogenito di dieci figli. Ebbe la sua prima educazione cristiana dai Padri Salesiani di Randazzo (Catania), ove compì gli studi fino all’anno 1885. Qui si distinse, oltre che per lo studio, per la sua singolare bontà.
Trasferitosi a Palermo, frequentò il liceo Garibaldi, conseguendo la maturità classica. Iscrittosi alla facoltà di legge a Palermo, pur avendo frequentato i corsi e sostenuto i relativi esami non poté conseguire il dottorato per la sopravvenuta morte del padre, che lo costrinse ad interrompere gli studi e ad assumere la responsabilità della numerosa famiglia e l’amministrazione dei cospicui beni paterni. A 22 anni Antonino sposò Maria Felicia Mortillaro dei marchesi di Villarena, donna dì grande carità e pietà. Da questa unione nacquero ben nove figli, di cui due divennero religiose.
Pur assorbito dai molteplici doveri familiari ed imprenditoriali, Antonino non trascurò mai lo spirito di preghiera, la frequenza ai sacramenti e le pie pratiche della vita cristiana. Anzi il suo apostolato così vario ed impegnativo trovò la fonte nella adorazione eucaristica e nella preghiera.
A venticinque anni, entrò nel Terz’Ordine di S. Francesco. Nel frattempo, il Servo di Dio fondava a Bagheria, le “Cucine economiche” per i poveri, affrontando non lievi sacrifici pecuniari.
Nel 1904 avvenne qualcosa che lo avrebbe accompagnato tutta la vita, fu fondatore ed animatore della conferenza di S. Vincenzo a Palermo, la prima sotto il titolo dell’Immacolata nel quartiere della cattedrale e poi ben altre 15 nel resto della città senza mai voler accettare la nomina alla presidenza che gli fu più volte offerta.
Nel 1908, in seguito al terremoto di Messina e di Reggio Calabria, circa dodicimila profughi affluirono a Palermo e, per molti di questi l’incontro con il barone Petyx fu come il ritrovare un padre o un fratello.
Nel 1909, eletto vice presidente dell’Unione Elettorale Cattolica di Palermo, rifiutò la nomina e, pur militando nel Partito Popolare Cattolico, declinò la candidatura al Parlamento nazionale, per non intralciare la sua molteplice attività caritativa. Nel 1911 le molte pressioni di tanti amici lo spinsero ad accettare almeno un mandato in politica e fu eletto consigliere municipale e poi assessore.
Nel 1906 iniziò la pubblicazione del Bollettino della Società di S. Vincenzo dei Paoli che nel 1928 assunse il nuovo titolo La Carità. Avendo poi il cardinale Lualdi, Arcivescovo di Palermo, affidato allo studio di don Guido Anichini e di don Luigi Sturzo il progetto di un giornale cattolico palermitano, Antonino Petyx fu tra coloro che si adoperarono per tale attuazione, sostenendo in gran parte l’onere finanziario del giornale.
Dal 1910 sostenne con la sua opera il Corriere di Sicilia, fino al 1913, momento della cessazione definitiva della pubblicazione. L’esperienza si concluse per lui con la perdita di gran parte delle sue sostante, molte incomprensioni e critiche. Oltre che del Corriere di Sicilia, Antonino Petyx fu anche redattore capo e scrittore, del periodico Fiamma Serafica.
Il 18 ottobre del 1935 Antonino Petyx fu colpito da un male fulmineo ritornò alla Casa del Padre. La sua fama di santità restò viva tra quanti l’avevano conosciuto ed erano stati da lui beneficati. Pertanto si intrapresero i passi per introdurre la sua causa di canonizzazione.
Da un intervista di Luca Camilleri a Giovangiuseppe Califano OFM, postulatore della Causa di beatificazione.
Per leggere l’intervista in integrale si veda il Sito internet dell’Arcidiocesi di Agrigento.
ANTONINO PETYX TERZIARIO FRANCESCANO
Il servo di Dio Antonino Petyx, nel 1899, a venticinque anni, si iscrisse al Terz’ Ordine Francescano.
Si professò il 15 agosto 1900. Egli fu devotissimo della Vergine Maria Immacolata, che già dal 16 novembre 1624, il Senato di Palermo aveva dichiarato Patrona e Protettrice della città, ma lo fu anche della Vergine Maria Assunta, di Nostra Signora del Carmelo e della Regina del Rosario.
La mattina di quel giorno nella Chiesa Santa Maria degli Angeli a Palermo detta “la Gancia” egli venne ammesso alla santa professione.
Dopo aver baciato “I Santissimi Piedi” del Crocifisso che gli era stato donato disse: “Voglio vivere più da vicino di Gesù, per Gesù, con Gesù” appena dieci mesi dopo è eletto Ministro.
È un organizzatore instancabile, da operoso suo seguace, ama il Poverello a tal punto da voler essere sepolto con l’abito ed il cingolo del Terz’Ordine, che egli onorò tutta la vita. I suoi confratelli lo ricordano, palpitante di devozione per il Crocifisso, fedele agli impegni presi con Gesù e con il Serafico Padre San Francesco. Per la sua opera Mons. Vito Graziano, in una lettera alla figlia suor Marianna, lo definisce“l’autentico Terziario Francescano, il vero Servo dei poveri”.
Tutti notano con quale solennità si appresta ad adorare Gesù Sacramentato e come vi rimane assorto per ore.
Gli iscritti al Terz’Ordine affermano: “Fu il nostro più ardente confratello, una delle glorie della grande famiglia francescana. Copiò perfettamente dal Serafico Padre, l’umiltà, lo spirito di povertà, la semplicità e la perfetta letizia dimostrata in tante occasioni tragiche della sua vita; la morte dei suoi cari, il disastro economico che visse senza odio alcuno verso i responsabili”.
Dopo la morte di Nino Petyx, mons. Giuseppe Petralia vescovo di Agrigento, la sera del 9 novembre 1974 nell’Auditorium del SS. Salvatore a Palermo, disse del Servo di Dio:
“Egli conosceva, con l’intuito che è particolare dei Santi, i quali conoscono benissimo l’animo umano e, se permettete, l’animo nostro di Siciliani, come noi siamo entusiasti per le nobili iniziative, ma non abbiamo sufficiente costanza, soprattutto in quello che è l’apostolato, egli invece né fu il più fulgido esempio…”.
Raccontavano i suoi contemporanei, ed i loro figli ancora lo ricordano e ce lo tramandano, che quando entrava in una Chiesa, se lì era Gesù Eucarestia rimaneva sempre lunghe ore in ginocchio, con gli occhi fissi verso la “celletta ove è Gesù”.
Mai uscì da una Chiesa volgendo le spalle al suo “Re-Gesù“. Indietreggiava lentamente bisbigliando devote preghiere e giaculatorie e non voleva mai staccarsi da quel colloquio. Quando i conoscenti lo cercavano per un’opera buona, per il catechismo, per accompagnare un sacerdote con il viatico, solevano dirsi: ” Se non è in Chiesa…sarà in un’altra! “.
testo tratto dal sito ufficiale