lunedì 16 novembre 2020

INFLUSSI FRANCESCANI SULLA SPIRITUALITA' DI SAN GIUSEPPE MOSCATI

Giuseppe Moscati non fu terziario francescano, come da alcune parti vien detto. Ma come evidenziato nello studio qui di seguito riproposto, la sua vita fu attraversata da luoghi e persone francescani. E ciò riverbera nella sua spiritualità. Aggiungerei, a quanto potrete leggere nello scritto, il suo amore per "madonna povertà". (m.s.)




Le ricerche agiografiche su Giuseppe Moscati sono state orientate, sin dall'inizio, alla raccolta abbondante di dati ed episodi atti a documentare la vita intensissima del Medico Santo. Minore spazio è stato, invece, dedicato a ricostruire la genesi, gli influssi e le caratteristiche della sua spiritualità. Ciò non va imputato a distrazione o poco interesse degli agiografi, ma piuttosto alla relativa esiguità di documenti che illustrino le radici, gli influssi e la maturazione della vita spirituale di un santo estremamente riservato circa la storia dei suoi rapporti con Dio. Il fatto fu opportunamente sottolineato già dal Testore, che doveva constatare: "Né egli, tanto schivo e guardingo nel parlare di sé, lasciò gran cosa di scritto nel suo diario e nelle sue carte che ci possa rivelare appieno il segreto della sua graduale trasformazione in Cristo; ebbe anzi una premura tutta speciale di distruggere ogni cosa sua; e quel poco che rimane è solo ciò che gli amici fedeli hanno conservato delle sue lettere, o che si trovò nel cestino della carta o dimenticato in fondo a un tiretto dello scrittoio".

Nonostante questi ostacoli, combinando opportunamente dati ed episodi di vita con qualche rara testimonianza autografa giunta fino a noi, è possibile esaminare con circospezione la struttura portante e gli elementi costitutivi dei suo "santuario interiore". Certo, già ad una prima occhiata, appare ben chiara la complessità della struttura e l'eterogeneità degli elementi che costituiscono la vita spirituale di Giuseppe Moscati. Ciò non deve però scoraggiare il tentativo di porre in risalto qualcuno di questi elementi, purché non si ceda alla tentazione di tutto ridurre ad una sola componente. Questa breve nota cercherà di mostrare come alcuni aspetti della spiritualità di Moscati rechino un'impronta di stampo francescano.  

Le radici

E’ superfluo sottolineare l'importanza determinante che nella vita di un uomo - e quindi di un santo -esercita il periodo dell'infanzia. Nel caso di Moscati questo principio generale va ribadito e tenuto in particolare considerazione, alla luce delle numerose testimonianze che attestano la precoce intelligenza e maturità del piccolo Peppino. Da lui stesso, poi, sapremo più tardi che alcune decisioni, importantissime per la sua vita futura, furono prese in giovanissimi anni. D'altra parte, nonostante l'importanza che la prima infanzia esercita nel resto della vita, - soprattutto nella vita intellettuale e morale - la storia interiore di moltissimi uomini conosce un periodo di crisi, a volte di rigetto della propria infanzia, che appare come separata e superata dallo sviluppo posteriore.

Nel caso di Moscati, soprattutto per ciò che riguarda la sua vita di fede, noi riscontriamo un tipo, più unico che raro, di coerenza e continuità quasi assoluta tra quel mondo infantile e la maturità vigorosa e definitiva. In altre parole: le verità fondamentali apprese e coltivate nell'infanzia rimarranno intatte nella vita di Moscati giovane, adulto, scienziato, santo. 

Spetta ad un medico, psicologo e francescano, l'aver sottolineato tempestivamente e con vigore questa particolarità nella vita di Moscati. All'inizio del 1930 (cioè a poco più di soli due anni dalla morte del Professore), in un articolo apparso su Vita e Pensiero, Padre Agostino Gemelli tracciava un ritratto di Moscati che, a rileggerlo oggi, si rivela straordinariamente ricco d'intuizioni e di previsioni puntualmente confermate dalla storia .

Tracciandone il profilo, Gemelli insiste molto sulla perfetta e mai turbata fusione tra scienza e fede nella mente e nel cuore del Medico cristiano da poco scomparso e, con la competenza dello psicologo, risale al periodo dell'infanzia: "Voglio dire con ciò che si avvera in Giuseppe Moscati quel fenomeno, abbastanza raro purtroppo fra i cultori di scienze mediche, di una fusione perfetta e cosciente del cristiano, dello scienziato e dell'uomo. [...] Nel riconoscimento che Dio è autore dell'ordine materiale e di quello soprannaturale aveva trovato il mezzo per giungere alle armonie di scienza e fede".

Quell'infanzia, così fondamentale per l'uomo e il credente maturo, ha avuto un punto di riferimento affettivo e spirituale particolarmente importante in Irpinia, esattamente in S. Lucia di Serino. Pur essendo nato a Benevento-città che egli ha sempre amato e onorato - Moscati è rimasto legatissimo all'Irpinia e a S. Lucia di Serino, luogo d'origine della famiglia Moscati, dove egli, soprattutto nell'infanzia, soleva trascorrere con i suoi il periodo delle vacanze.

Durante il viaggio che lo porterà al congresso di Edimburgo nel 1923, osservando dal treno un tratto del paesaggio francese, annota: "Attraversiamo delle valli chiuse da monti ricoperti di castagni (Borgone). Qua e là i nastri argentei dei fiumi: come è simile questo paesaggio a quello indimenticabile di Serino, l'unico posto del mondo, l'Irpinia, ove volentieri trascorrerei i miei giorni, perché rinserra le più care, le più dolci memorie di mia infanzia e le ossa dei miei cari".Alla notizia della morte di un cugino di suo padre:" La fine di zio Carmelo è il crollo di tanti ricordi cari legati alla sua persona. "Oh le dolci memorie dell'infanzia, dei monti di Serino! Cose e persone dei paese di mio padre mi sono fitte nel cuore indelebili; e la dipartita d'ogni testimone della mia passata spensieratezza è una disillusione di più: precipita la parte romantica della mia personalità! E più mi sento solo, solo e vicino a Dio!".

Nella cornice di questo paesaggio della natura e dello spirito, al quale Moscati si sentirà indelebilmente legato, maturano le sue prime esperienze religiose e il suo primo contatto con la spiritualità francescana. Recentemente Padre Marranzini (che oltre ad aver curato l'edizione degli scritti più importanti di Moscati è nativo di S. Lucia di Serino), ha dedicato un volume di ricerca e documentazione storica alla Chiesa di S. Maria della Sanità e al Monastero delle Clarisse di S. Lucia di Serino, restaurati dopo il sisma del 1980. Dal libro emerge come sia stato importante, per l'arte e la cultura, questo centro di spiritualità francescana .

Un intero capitolo è dedicato ai rapporti che il monastero ebbe con la famiglia Moscati. Rapporti intensi e più che cordiali. Basti pensare che: "Non poche giovani Moscati sono state educate dalle Clarisse, e alcune di loro hanno vestito l'abito francescano e sono state anche abbadesse". E il cav. Francesco Moscati, padre del piccolo Giuseppe, durante il periodo della villeggiatura, "si recava spesso con tutta la famiglia nella vicina chiesa delle Clarisse e visitava talvolta anche la sua parente Sr.M. Raffaela Moscati"". Né va dimenticato il gesto di amicizia e generosità, con cui Nina Moscati dopo la morte del fratello e prossima lei stessa alla fine, volle restituire al monastero un fondo rustico che i suoi antenati avevano legittimamente acquistato. Il fratello Eugenio al processo attesterà fra l'altro: "Allorché andavamo in campagna, a Serino, cioè alla casa paterna, egli frequentava con assiduità e grande pietà la Cappella di Casa e la Chiesa dei PP. Francescani nel villaggio Sala che dista mezza ora da Serino.

"Il "mio confessore abituale"

L'altra fonte d'influsso francescano nella formazione di Moscati è la persona e l'opera del suo confessore abituale. La scelta di un francescano a direttore di spirito negli anni della giovinezza e poi della maturità, continua e conferma le esperienze spirituali precedenti. Solo che stavolta non si può parlare di circostanze indipendenti dalla propria volontà, ma di una scelta cosciente e autonoma, che va attentamente valutata da chi voglia accostarsi al mondo spirituale del Medico Santo.

La scelta è tanto più significativa, se si pensa ai contatti quotidiani e familiari che egli ha sempre conservato con tanti sacerdoti e religiosi, soprattutto con i gesuiti del Gesù Nuovo. Con i figli di S. Ignazio egli si è consultato per questioni di fede e di scienza, ha esaminato come medico i loro novizi, si è fatto raccomandare dal loro Provinciale presso le comunità di Londra ed Edimburgo, dove ha conversato con un gesuita ex medico su questioni scientifiche e dove è stato invitato a colazione, com'egli riconoscente ed entusiasta racconta ai suoi. Moscati ha collaborato sul piano scientifico con un gesuita di origine beneventana, P. Giuseppe De Giovanni , tuttavia il suo confessore stabile, a partire dall'inizio del secolo fino alla morte, sarà un francescano, o meglio due francescani succedutisi l'uno all'altro.

Dei due, quello che conosciamo di più è il P. Pio Brizzi, che rimase a S. Chiara come penitenziere dal 1922 al 1932 e poi dal 1936 fino al 1° maggio 1944, giorno della sua morte. A proposito di Moscati penitente, P. Brizzi testimonia così al processo: "Ho conosciuto il Servo di Dio Prof. Giuseppe Moscati verso il febbraio del 1922, e l'occasione fu, di conoscerlo, che essendo venuto nel nostro Convento di S. Chiara in Napoli per confessarsi, chiese a me dove si trovasse il suo confessore P. Egidio Rocchetti, perché ammalato. Io dopo di avere accompagnato il Professore al letto dell'infermo, mi chiese di essere riconciliato da me, essendo il suo confessore impedito a farlo. Da allora fino alla mattina del 12 aprile 1927 sono stato ininterrottamente confessore di Lui."

E sempre lo stesso P.Brizzi ci dà un'informazione preziosa circa il confessore che l'aveva preceduto: "Ricordo di aver fatto il Servo di Dio a sue spese i funerali al Padre Egidio Rocchetti, suo confessore per 22 anni" . Informazione preziosa, ripeto, perché attesta come il confessore stabile francescano è una figura che l'accompagna almeno dalla prima gioventù, e non solo negli ultimi anni. Dicendo "stabile", s'intende che il Professore si è confessato anche con altri, quando l'opportunità o la necessità lo richiedevano, come egli stesso ci fa sapere.
D'altra parte, una così prolungata frequentazione non può non aver esercitato un influsso sulla sua spiritualità, portando così a maturazione i germogli attecchiti, in anni lontani, nell'humus francescano della terra avita...

Al dott. Antonio Nastri, che a lui s'era rivolto pregandolo d'indicargli un buon padre spirituale, Moscati risponde indirizzandolo al proprio confessore. Nella presentazione che egli ne fa esalta in modo netto la sua qualità di francescano, che egli non considera affatto come una qualità secondaria o accidentale:

"Ammiro i vostri propositi, di consigliarvi con un dotto Padre spirituale. Io voglio presentarvi al mio Confessore, il P. Pio, che risiede nel Convento di S. Chiara, a Napoli. Egli è un toscano, e viene dalla serafica provincia della Verna, dai monti ove il Padre Francesco ebbe "l'ultimo sigillo". Ogni notte, anche quando nevica, i Padri di quel Convento si recano in processione, salmodiando, al posto ove il Patriarca ebbe impresse le Sacre Stimmate; e si è osservato da secoli che anche i tiepidi s'infervorano, dimorando in quella sede. Il P. Pio proviene di là. Nel Convento di S. Chiara di Napoli, che dipende direttamente dalla S. Sede, è una accolta dei più distinti Padri francescani". 

"A lui ... non poteva non sorridere altamente l'ideale francescano"

La manifestazione concreta e convincente dell'influsso esercitato nella sua vita dall'ideale e dallo spirito francescano, Moscati l'ha data non con l'adesione a raggruppamenti o associazioni che a quella spiritualità si richiamassero, ma con il suo stile particolarissimo di vita cristiana povera, disinteressata e caritatevole.

Nessuno, meglio del suo confessore P. Pio Brizzi, poteva saperlo e poteva farcelo sapere. Alla domanda: "Il prof Giuseppe Moscati era Terziario francescano?" egli rispondeva:

"Di nome e di iscrizione non lo era ancora, perché mi disse una volta, temeva di non poter riuscire a soddisfarne gli obblighi. Ed io rispettando la libertà di sua delicata coscienza, pel momento non osava insistere. Del resto in fatto e nello spirito era più che terziario, giacché a lui così disinteressato e al tempo stesso caritatevole, così umile e illibato di costumi, non poteva non sorridere altamente l'ideale francescano, da non doversi riguardare come estraneo al medesimo."

Credo che questa autorevole e consapevole testimonianza, rilasciata dal suo confessore abituale, sia ancor oggi uno dei migliori contributi per ogni futura analisi e sintesi della spiritualità del Moscati. Ne fu subito convinto, a suo tempo, Padre Gemelli, che citò la testimonianza del confessore a conclusione del suo profilo del Medico napoletano. Sempre alla luce di questa testimonianza, si rivela plausibile e coerente lo stile tipico e originalissimo che distinse la vita del celebre Professore: uno stile di grande disinteresse e di carità inesausta, ma prima di tutto uno stile di personale, reale e radicale povertà.

 

Tratto da un testo senza indicazione dell'autore. 
Si ringrazia !