Giuseppe Moscati non fu terziario francescano, come da alcune parti vien detto. Ma come evidenziato nello studio qui di seguito riproposto, la sua vita fu attraversata da luoghi e persone francescani. E ciò riverbera nella sua spiritualità. Aggiungerei, a quanto potrete leggere nello scritto, il suo amore per "madonna povertà". (m.s.)
Le radici
Spetta ad un medico, psicologo e francescano, l'aver
sottolineato tempestivamente e con vigore questa particolarità nella vita di Moscati.
All'inizio del 1930 (cioè a poco più di soli due anni dalla morte del
Professore), in un articolo apparso su Vita e Pensiero, Padre Agostino
Gemelli tracciava un ritratto di Moscati che, a rileggerlo oggi, si rivela
straordinariamente ricco d'intuizioni e di previsioni puntualmente confermate
dalla storia .
Tracciandone il profilo, Gemelli insiste molto sulla perfetta e
mai turbata fusione tra scienza e fede nella mente e nel cuore del Medico
cristiano da poco scomparso e, con la competenza dello psicologo, risale al
periodo dell'infanzia: "Voglio dire con ciò che si avvera in Giuseppe
Moscati quel fenomeno, abbastanza raro purtroppo fra i cultori di scienze
mediche, di una fusione perfetta e cosciente del cristiano, dello scienziato e
dell'uomo. [...] Nel riconoscimento che Dio è autore dell'ordine materiale e di
quello soprannaturale aveva trovato il mezzo per giungere alle armonie di
scienza e fede".
Quell'infanzia, così fondamentale per l'uomo e il
credente maturo, ha avuto un punto di riferimento affettivo e spirituale
particolarmente importante in Irpinia, esattamente in S. Lucia di Serino. Pur
essendo nato a Benevento-città che egli ha sempre amato e onorato - Moscati è
rimasto legatissimo all'Irpinia e a S. Lucia di Serino, luogo d'origine della
famiglia Moscati, dove egli, soprattutto nell'infanzia, soleva trascorrere con
i suoi il periodo delle vacanze.
Durante il viaggio che lo porterà al congresso
di Edimburgo nel 1923, osservando dal treno un tratto del paesaggio francese,
annota: "Attraversiamo delle valli chiuse da monti ricoperti di castagni
(Borgone). Qua e là i nastri argentei dei fiumi: come è simile questo paesaggio
a quello indimenticabile di Serino, l'unico posto del mondo, l'Irpinia, ove
volentieri trascorrerei i miei giorni, perché rinserra le più care, le più
dolci memorie di mia infanzia e le ossa dei miei cari".Alla notizia della
morte di un cugino di suo padre:" La fine di zio Carmelo è il crollo di
tanti ricordi cari legati alla sua persona. "Oh le dolci memorie dell'infanzia,
dei monti di Serino! Cose e persone dei paese di mio padre mi sono fitte nel
cuore indelebili; e la dipartita d'ogni testimone della mia passata
spensieratezza è una disillusione di più: precipita la parte romantica della
mia personalità! E più mi sento solo, solo e vicino a Dio!".
Nella cornice di questo paesaggio della natura e dello
spirito, al quale Moscati si sentirà indelebilmente legato, maturano le sue
prime esperienze religiose e il suo primo contatto con la spiritualità
francescana. Recentemente Padre Marranzini (che oltre ad aver curato l'edizione
degli scritti più importanti di Moscati è nativo di S. Lucia di Serino), ha
dedicato un volume di ricerca e documentazione storica alla Chiesa di S. Maria
della Sanità e al Monastero delle Clarisse di S. Lucia di Serino, restaurati
dopo il sisma del 1980. Dal libro emerge come sia stato importante, per l'arte
e la cultura, questo centro di spiritualità francescana .
Un intero capitolo è
dedicato ai rapporti che il monastero ebbe con la famiglia Moscati. Rapporti
intensi e più che cordiali. Basti pensare che: "Non poche giovani Moscati
sono state educate dalle Clarisse, e alcune di loro hanno vestito l'abito
francescano e sono state anche abbadesse". E il cav. Francesco Moscati,
padre del piccolo Giuseppe, durante il periodo della villeggiatura, "si
recava spesso con tutta la famiglia nella vicina chiesa delle Clarisse e
visitava talvolta anche la sua parente Sr.M. Raffaela Moscati"". Né
va dimenticato il gesto di amicizia e generosità, con cui Nina Moscati dopo la
morte del fratello e prossima lei stessa alla fine, volle restituire al
monastero un fondo rustico che i suoi antenati avevano legittimamente
acquistato. Il fratello Eugenio al processo attesterà fra l'altro:
"Allorché andavamo in campagna, a Serino, cioè alla casa paterna, egli
frequentava con assiduità e grande pietà la Cappella di Casa e la Chiesa dei
PP. Francescani nel villaggio Sala che dista mezza ora da Serino.
"Il
"mio confessore abituale"
L'altra fonte d'influsso francescano nella
formazione di Moscati è la persona e l'opera del suo confessore abituale. La
scelta di un francescano a direttore di spirito negli anni della giovinezza e
poi della maturità, continua e conferma le esperienze spirituali precedenti.
Solo che stavolta non si può parlare di circostanze indipendenti dalla propria
volontà, ma di una scelta cosciente e autonoma, che va attentamente valutata da
chi voglia accostarsi al mondo spirituale del Medico Santo.
La scelta è tanto
più significativa, se si pensa ai contatti quotidiani e familiari che egli ha
sempre conservato con tanti sacerdoti e religiosi, soprattutto con i gesuiti
del Gesù Nuovo. Con i figli di S. Ignazio egli si è consultato per questioni di
fede e di scienza, ha esaminato come medico i loro novizi, si è fatto
raccomandare dal loro Provinciale presso le comunità di Londra ed Edimburgo,
dove ha conversato con un gesuita ex medico su questioni scientifiche e dove è
stato invitato a colazione, com'egli riconoscente ed entusiasta racconta ai
suoi. Moscati ha collaborato sul piano scientifico con un gesuita di origine
beneventana, P. Giuseppe De Giovanni , tuttavia il suo confessore stabile, a
partire dall'inizio del secolo fino alla morte, sarà un francescano, o meglio
due francescani succedutisi l'uno all'altro.
Dei due, quello che conosciamo di
più è il P. Pio Brizzi, che rimase a S. Chiara come penitenziere dal 1922 al 1932
e poi dal 1936 fino al 1° maggio 1944, giorno della sua morte. A proposito di
Moscati penitente, P. Brizzi testimonia così al processo: "Ho conosciuto il
Servo di Dio Prof. Giuseppe Moscati verso il febbraio del 1922, e l'occasione
fu, di conoscerlo, che essendo venuto nel nostro Convento di S. Chiara in
Napoli per confessarsi, chiese a me dove si trovasse il suo confessore P. Egidio
Rocchetti, perché ammalato. Io dopo di avere accompagnato il Professore al
letto dell'infermo, mi chiese di essere riconciliato da me, essendo il suo
confessore impedito a farlo. Da allora fino alla mattina del 12 aprile 1927
sono stato ininterrottamente confessore di Lui."
E sempre lo stesso P.Brizzi
ci dà un'informazione preziosa circa il confessore che l'aveva preceduto:
"Ricordo di aver fatto il Servo di Dio a sue spese i funerali al Padre
Egidio Rocchetti, suo confessore per 22 anni" . Informazione preziosa,
ripeto, perché attesta come il confessore stabile francescano è una figura che
l'accompagna almeno dalla prima gioventù, e non solo negli ultimi anni. Dicendo
"stabile", s'intende che il Professore si è confessato anche con
altri, quando l'opportunità o la necessità lo richiedevano, come egli stesso ci
fa sapere.
D'altra parte, una così prolungata frequentazione non può non aver
esercitato un influsso sulla sua spiritualità, portando così a maturazione i
germogli attecchiti, in anni lontani, nell'humus francescano della terra
avita...
Al dott. Antonio Nastri, che a lui s'era rivolto pregandolo
d'indicargli un buon padre spirituale, Moscati risponde indirizzandolo al
proprio confessore. Nella presentazione che egli ne fa esalta in modo netto la
sua qualità di francescano, che egli non considera affatto come una qualità
secondaria o accidentale:
"Ammiro i vostri propositi, di consigliarvi con
un dotto Padre spirituale. Io voglio presentarvi al mio Confessore, il P. Pio,
che risiede nel Convento di S. Chiara, a Napoli. Egli è un toscano, e viene dalla
serafica provincia della Verna, dai monti ove il Padre Francesco ebbe
"l'ultimo sigillo". Ogni notte, anche quando nevica, i Padri di quel
Convento si recano in processione, salmodiando, al posto ove il Patriarca ebbe
impresse le Sacre Stimmate; e si è osservato da secoli che anche i tiepidi
s'infervorano, dimorando in quella sede. Il P. Pio proviene di là. Nel Convento
di S. Chiara di Napoli, che dipende direttamente dalla S. Sede, è una accolta
dei più distinti Padri francescani".
"A lui ... non poteva non sorridere
altamente l'ideale francescano"
La manifestazione concreta e convincente
dell'influsso esercitato nella sua vita dall'ideale e dallo spirito
francescano, Moscati l'ha data non con l'adesione a raggruppamenti o
associazioni che a quella spiritualità si richiamassero, ma con il suo stile
particolarissimo di vita cristiana povera, disinteressata e
caritatevole.
Nessuno, meglio del suo confessore P. Pio Brizzi, poteva saperlo e
poteva farcelo sapere. Alla domanda: "Il prof Giuseppe Moscati era Terziario
francescano?" egli rispondeva:
"Di nome e di iscrizione non lo era
ancora, perché mi disse una volta, temeva di non poter riuscire a soddisfarne
gli obblighi. Ed io rispettando la libertà di sua delicata coscienza, pel
momento non osava insistere. Del resto in fatto e nello spirito era più che
terziario, giacché a lui così disinteressato e al tempo stesso caritatevole,
così umile e illibato di costumi, non poteva non sorridere altamente l'ideale
francescano, da non doversi riguardare come estraneo al medesimo."
Credo
che questa autorevole e consapevole testimonianza, rilasciata dal suo
confessore abituale, sia ancor oggi uno dei migliori contributi per ogni futura
analisi e sintesi della spiritualità del Moscati. Ne fu subito convinto, a suo
tempo, Padre Gemelli, che citò la testimonianza del confessore a conclusione
del suo profilo del Medico napoletano. Sempre alla luce di questa testimonianza,
si rivela plausibile e coerente lo stile tipico e originalissimo che distinse
la vita del celebre Professore: uno stile di grande disinteresse e di carità
inesausta, ma prima di tutto uno stile di personale, reale e radicale povertà.