venerdì 9 ottobre 2020

27 SETTEMBRE 2009, TERMINA LA FASE DIOCESANA PER LA BEATIFICAZIONE DI IGINO GIORDANI Il Co-fondatore del Movimento dei Focolarini, che come Chiara Lubich, è stato terziario francescano

Il 27 settembre 2009, con una celebrazione col vescovo di Frascati Martinelli, si è tenuta al Centro Internazionale del Movimento dei Focolari di Rocca di Papa, nella cui cappella sono custodite le spoglie di Igino Giordani e Chiara Lubich, la conclusione della fase diocesana del processo di beatificazione. Questa «tappa» della causa era stata aperta il 6 giugno 2004 a Frascati dall’allora vescovo mons. Giuseppe Matarrese. La celebrazione, accompagnata dal «Gen Rosso», si è aperta con l’intervento dell’attuale presidente dei Focolari, Maria Voce. 

Pubblichiamo un articolo di Diego Andreatta che sulle pagine di Avvenire, il 25 settembre annunciava l'evento, fornendo una efficace sintesi, per quanto sia possibile, della figura e dell'operato di Igino Giordani.


Lo slancio dell’unità 
Igino Giordani, un laico verso gli altari

Un «ingegno brillante» secondo gli storici della letteratura del Novecento. Un «laico fedele, modello di comunione» nel giudizio dei vescovi. Un «fuoco che scalda e non scotta» per i «suoi» focolarini. L’esempio di Igino Giordani, lo scrittore e politico di Tivoli detto Foco, a quasi trent’anni dalla morte, passa ora all’esame della Congregazione per le Cause dei Santi. 
Si conclude infatti domenica prossima a Rocca di Papa la fase diocesana del processo di beatificazione che in "soli" cinque anni di lavoro (esaminati 98 libri e quattromila articoli, migliaia di scritti inediti) ha raccolto 2.500 pagine di testimonianze dirette e la segnalazione di una cinquantina di grazie per intercessione del «buon padre di famiglia» (gravidanze prima impossibili o interventi su bambini, in particolare), fra le quali potrebbe essere riconosciuto il miracolo.

È diffusa in questi giorni nei Focolari presenti in 180 Paesi la comprensibile gioia dei membri del Movimento, di cui Giordani per la sua ispirazione è stato ritenuto «confondatore» dalla stessa Chiara Lubich: «Uno dei momenti di più grande gioia della mia vita – testimoniava pochi anni fa la fondatrice, morta nella primavera di un anno fa – l’ho provato durante la festa dell’Immacolata del 2000, quando, di buon mattino, ho ricevuto una lettera. Era di monsignor Pietro Garlato, allora vescovo di Tivoli: mi annunciava la sua decisione di far avviare il processo di beatificazione di Igino Giordani. Mi commossi, ricordo, tanto più per il fatto che non da noi era partita quell’iniziativa. Era stato lo Spirito Santo ad ispirare un vescovo, era stata la Chiesa».

«Santi in Parlamento?» s’interroga in copertina l’ultimo numero di Città Nuova, il mensile di cui Giordani fu appassionato direttore. Una domanda che lui stesso, dopo aver espresso un anelito alla santità già a 22 anni sul letto di un ospedale militare durante la guerra, si era posto quando Alcide De Gasperi nel 1946 lo aveva convinto a candidarsi. Divenne poi «padre costituente» e parlamentare democristiano: lo stile evangelico di terziario domenicano, la formazione maturata negli studi patristici e agiografici, il coraggio messo alla prova nei suoi articoli antifascisti, lo resero nel dopoguerra un punto di riferimento per i cristiani in politica, precursore dell’Europa unita e dell’ecumenismo del Vaticano II.

Nel settembre del 1948, la «rivoluzione dell’anima», quando a 54 anni riceve in visita la ventottenne maestra trentina: «Stamane a Montecitorio sono stato chiamato da angeli – annoterà nel suo diario – fra questi una giovinetta, Silvia (nome di battesimo di Chiara, ndr) Lubich, ha parlato come ispirata dallo Spirito Santo». Ne intravede lucidamente il carisma, ne segue la via. Sale subito a Trento, frequenta i focolari, legge e scrive, ascolta soprattutto. Con la sua personalità matura e affermata, competente e aperta al mondo, riscalda i cuori, suscita inondazioni del carisma negli ambiti laici. Partecipa anche ai raduni delle Mariapoli, «pause di Paradiso» fino a quella storica dell’estate 1959 in Primiero con il «patto» internazionale per l’Europa.

Sempre più affascinato dalla «spiritualità di comunione », alla quale contribuisce con le sue intuizioni mistiche, diventa presto primo collaboratore di Chiara Lubich. E può realizzare l’invito di Crisostomo di vivere «come monaco nel mondo, con in meno il celibato». Coniugato con Mya e padre di quattro figli (Mario, Sergio, Brando e Bonizza), Giordani infatti aprì la strada nel Movimento ai focolarini sposati «riconosciuti» poi dal regolamento dell’Opera: «Carissimo Foco – gli scrive ringraziandolo una mamma in merito al suo "disegno" per i focolarini coniugati – è meraviglioso quello che ci hai donato con la tua umiltà, il tuo amore a Chiara, la tua vigilanza illuminante».

«Prima avevo cercato, adesso ho trovato» scriverà Foco di sé. Ma un filo continuo lega il «prima» dell’apologeta-polemista, collaboratore di Sturzo, bibliotecario alla Vaticana, direttore antifascista e il «dopo» del profeta pacifista («Se vuoi la pace, prepara la pace» è un suo slogan), dell’educatore politico, dell’asceta del focolare. Commenta a proposito il biografo Tommaso Sorgi, già direttore del «Centro Igino Giordani»: «Una luce intima e superiore lo aveva lungamente preparato a quell’incontro con Chiara; mi sembra sia stata non tanto una svolta quanto piuttosto un’impennata della sua storia personale e pubblica». Una luce che riverbera ancora nelle foto d’epoca dagli occhi di questo parlamentare la cui autobiografia s’intitola «Memorie di un cristiano ingenuo». (Diego Andreatta)