da "Aureola Francescana"
Quest'ammirabile Vergine nacque a Castelfiorentino paese assai considerevole della diocesi di Firenze, dall'antica e nobile famiglia degli Attavanti, scaduta in quel tempo dal primitivo splendore.
Sin dall'infanzia fece presagire i disegni grandi che la misericordia di Dio formava sopra lei. E infatti, desiderosa di raccoglimento e di solitudine, si appartava dalle compagne per abbandonarsi segretamente alla penitenza e all'orazione. Portava sempre sulla nuda carne una catena di ferro e un ruvido cilicio; praticava rigorosi digiuni; e, passando le lunghe notti nella preghiera, vegliava talmente su sè medesima che nelle più minute azíoni e nelle rare parole dava a tutti argomento di magnificarne l'anima candida e bella. Quindi è che gli abitanti di Castelfiorentino, ammirandone la precoce virtù, circondavano di rispetto e di benevolenza la predestinata fanciulla. All'età di dodici anni fu accolta in casa d'un parente, uomo ricco e timorato di Dio, il quale, incantato dalle rare qualità che l'adornavano, volle darla per compagna alla sua sposa. Da questa poi le fu ceduta la direzione delle aziende domestiche, e fatta come padrona di casa. E i due coniugi ebbero sempre nuovi motivi di lodarsi della saggia amministrazione e della dolce compagnia della giovine parente.
Nè tardo molto a farsi manifesta coi miracoli la predilezione di Dio per la virtuosa fanciulla. Infierendo la carestia, il protettore di Verdiana aveva messo prudentemente da parte una grande quantità di fave; ed ella, commossa dai patimenti dei poveri, dispensò in un sol giorno l'intera provvista agl'infelici che si accalcavano alla porta del signor Altavanti, ignorando che questi l'aveva vendute, e riscosso anche il prezzo. Arrivato, adunque, il momento di consegnare ai compratori i legumi venduti, e trovate vuote le casse, il padrone montò in grande collera, e menò tanto rumore che fece accorrere tutti i vicini.
La pia Verdiana, spaventata, e soprattutto addolorata, per un simile scandalo, passò la nolte pregando e confidando le sue pene al Padrone celeste. Venuto il mattino, chiamò lo zio, dicendogli: "Venite a vedere come il Signore vi ha reso i iegumi che aveva ricevuto in persona dei poveri". Allora il signore Altavanti stupìto vide le casse miracolosamente riempite e, compreso d'ammirazione e di pentimento, raccontò dovunque il prodigio, facendo crescere grandemente la buona reputazione di cui godeva Verdiana.
Desiderio di vita ritirata e pellegrina a Santiago de Campostella - Ma la nostra Beata, dispiacente degli omaggi di cui la circondava il mondo, concepì il disegno di fuggirsene in contrade lontane, per menarvi una vita nascosta; e lo avrebbe certamente fatto, se i parenti e i cittadini non glielo avessero impedito. Intanto, avendo ella saputo che alcune divote donne del paese stavano per intraprendere un pellegrinaggio a S. Giacomo di Compostella, ottenne dopo vive preghiere di accompagnarsi con loro; col patto però, di tornar quanto prima a Castelfiorentino. Gli abitanti non avrebbero mai permesso che fosse loro rapito un sì prezioso tesoro. Così ella partì, e compì quel viaggio, senza allontanarsi per nulla dal suo genere di vita rigoroso ed austero.
Pellegrinaggio a Roma - Quando fu di ritorno a Castelfiorentino, le sue compagne ne commendarono con tanti elogi l'umiltà, la penitenza e lo spirito di sacrificio, che i concittadini, considerandola ormai come vanto e tutela della loro terra, la scogiurarono a stabilirsi definitivamente fra loro. Ed ella acconsentì di nuovo, purché le costruissero una celletta nella quale intendeva di vivere come reclusa i rimanenti suoi giorni. Accettata la condizione, mentre si costruiva con il consenso del vescovo di Firenze, la desiderata celletta, andò in pellegrinaggio a Roma; donde fu obbligata a fuggire di nascosto, per sottrarsi alla venerazione del popoto che voleva trattenerla per forza.
Costruzione della cella all'Oratorio S. Antonio - Fu dunque edificata, alle falde del colle, non lungi dalla riva dell'Elsa, una piccola cella contigua ad un oratorio dedicato a S. Antonio. La costruzione in mattoni fu terminata con una volta grossolana; e lo spazio interno non maggiore di tre metri in lunghezza e d'unp in largherza era occupato da un solo mobile che consisteva in una specie di panchina di pietra sporgente dal muro, che dove servire da seggiola.
Entrata nel romitorio - L'antico biografo della Beata racconta nel modo che segue la cerimonia commovente della reclusione: "Terminata la cella, Verdiana si recò, in giorno di domenica, alla chiesa parrocchiale, ove s'era radunato tutto il popolo. Ivi, dopo aver ascoltato la santa Messa e ricevuto, con abbondanti lacrime, il pane degli Angeli, fece l'intero sacrificio di sé, emettendo, secondo l'uso del tempo i consueti voti delle recluse nelle mani del parroco, promettendo, cioè povertà, castità ed obbedienza. Il parroco benedettala e fattale indossare le vesti eremitiche, l'affidò ad un canonico della colleggiata destinato, anche a nome del capitolo, ad accompagnarla al luogo dí reclusione e dirigerla nelle cose dell'anima. Allora Verdiana, preso un gran Crocifisso appositamente preparato, e stretto se lo strinse al petto, dopo averlo baciato più volte, uscì di chiesa per incamminarsi --- e il popolo circostante, profondamente commosso, le augurò mille benedizioni e volle accompagnarla fin là. Fu invero un bello e commovente spettacolo il vedere con quale e quanta umiltà Verdiana portava la croce, seguita dal clero e accompagnata dalla folla piangente. Giunti al romitorio, la Beata, si volge alla folla con angelico sorriso, prende commiato dai cari concittadini, scongiurandoli a rammentasi di lei dinanzi al Signore. E tutti ad una voce esclamarono: 'Sii benedetta, o Verdiana, vera serva di Dio, prega per noi che siamo peccatori che imploriamo la tua intercessione'. La Beata, premendosi strettamente sul cuore la croce e di nuovo baciandola, entrò nella cella; la cui porta fu subito murata, lasciandovi per unica apertura una piccola finestrella dalla parte dell'oratorio di S. Antonio, come può vedersi anche adesso". Per mezzo di questo pertugio la Beata ascoltava la Messa e riceveva i Sacramenti oltre il povero cibo somministratoie dalla riverente carità degli abitanti.
Vita nel romitorio - La pietà e l'eroico sacrificio dei reclusi ci danno una bella immagine del divino Prigioniero del Tabernacolo. Asomiglianza di Gestù in Sacramento, prigioniero volontario, i reclusi vivevano soltanto per intercedere di continuo a prò delle anime bisognose della divina misericordia; essi, a guisa dell'Ostia Santa, stavano là come morti, dimenticati da tutti quelli cire non vivono della vita della grazia, visitati soltanto da coloro che in virtù della fede comprendono la grandezza ed il merito di un tal sacrifizio.
Verdiana visse trentaquattro anni reclusa, menando una vita tutta celeste, e crocifiggendo il suo corpo con tutte le industrie suggeritele dall'amore di Dio e da incessante meditazione dei misteri della Passione. Nell'unico pasto, che prendeva al tramonto, si contentava d'un poco di pane e d'acqua, e solo di quando in quando s'induceva ad aggiungere pochi legumi cotti nell'acqua e senza condimento; suo letto era la nuda terra, e nell'inverno una tavola; non ebbe mai altro guanciale che un ceppo di legno.
Portava sempre sulla carne un cerchio di ferro e un aspro cilicio, offrendo a Gesùr i digiuni, le veglie, le orazioni, le lacrime abbondanti strappatele dal ricordo della Passione, a vantaggio dei peccatori, per la conversione dei quali non cessava mai d'intercedere. Ogni otto giorni si confessava, con grande compunzione, al canonico assegnatole per direttore.
Nutriva speciale compassione pei poveri, ai quali dava la maggior parte di ciò che le era somministrato dalla carità deí fedeli, distribuendo loro ogni sera ciò che aveva potuto sottrarre alla povera mensa, senza serbare mai nulla per il giorno appresso. Spesse volte, per amore di povertà, non sottraeva soltanto il superfluo, ma anche il necessario, essendo solita di non accettare dai divoti che il nutrimento per la giornata.
Viveva interamente nel cielo, sfuggendo la conversazione coi viventi, quando questi non fossero persone povere e aflitte. Anzi qualche volta, per non distrarsi dalla preghiera, stette parecchi giorni senza aprire ad alcuno la finestrella, e senza ricevere neppure il nutrimento ordinario. Si dava a cosiffatta solitudine nella Quaresima e nell'Avvento, nei giorni che corrono dall'Ascensione alla Pentecoste, e nell'ottava dell'Assunta. Allora il suo corpo era sostentato dal celeste nutrimento, che l'anima di lei attingeva nelle dolcezze della contemplazione.
Dei serpenti che tentano la virtù - La vita della nostra Beata diveniva sempre più meravigliosa, e il numero dei miracoli cresceva. Un giorno con la preghiera guarì un fanciullo che si era rotto un braccio e una gamba; un altro giorno col solo tocco della mano benedetta restituì la vista ad una povera cieca. Avendo udito nell'attiguo oratorio un predicatore che parlava delle virtù di S. Antonio Abate, raccontando le molestie arrecategli dai demoni che gli apparivano in forma d'animali feroci, si sentì ispirata a chiedere a Dio una simile prova. Fu subito esaudita; e due enormi serpenti entrarono dalla finestrella, nè mai più l'abbandonarono, mangiando insieme con lei nel medesimo piatto ogni sorta di cibo. Qualche volta anche la sferzavano con le code tanto spietatamente da lasciarla priva di sensi. Ordinariamente uscivano fuori per un po' di tempo, mentre ella pregava, e poi rientravano senza separarsi mai l'uno dall'altro.
Una volta alcuni forestieri li rincorsero, ferendoli gravemente, e la Beata li guarì con un segno di Croce; ma essi, invece di mostrarsi riconoscenti, furono sempre più feroci nel martirizzarla. Intanto Verdiana procurava con grande attenzione che nessuno si accorgesse della presenza di quei rettili nella cella, per timore che li facessero scompariie, privandola d'un martirio quotidiano tanto caro allo Sposo Crocifisso.
Queste precauzioni furono occasione d'un miracolo che accrebbe la fiducia e la venerazione del popolo per la reclusa. Lasciamo parlare I'antico biografo: "In un giorno d'estate un giovine chiamato Celino, passando dinanzi all'oratorio di S. Antonio, si fermò per stare un poco all'ombra e riposarsi. Ad un tratto, sentitosi chiamare e voltosi da quella parte donde veniva la voce, vide alla finestrella la Beata che gli porse un vaso, pregandolo per amor di Dio che andasse ad attingerle un poco d'acqua nel pozzo vicino. Ho sempre sentito dire ch'ella ricorresse a questo piccolo strattagemma, perché il giovine non vedesse i serpenti, i quali dovevano in su quell'ora entrare o uscire, e quindi non divulgasse la cosa per il paese.
Il giovine va per l'acqua, e tornato pone il vaso sulla finestrella della Beata, la quale, presolo e vistolo pieno di vino, credendo che il buon giovane l'avesse fatto apposta. con molta umiltà gli disse: Figlio mio, il Signore vi perdoni ; io non vi avevo chiesto vino, ma acqua. Il giovane, vedendo restituirsi il vaso, affermava di aver portato l'acqua come gli era stato chiesto; ma preso poi il vaso e veduto che veramente era pieno di vino, rimase stupito e disse alla Beata: 'Cara Madre (così la chiamavano), io veramente ho attinto acqua, ma quest'acqua s'è cangiata in un vino squisito'. Allora Verdiana capì ch'era avvenuto un miracolo, e temendo che si venisse a sapere, pregò replicatamente il giovane a restituirgli il vaso.; ma egli, così a Dio piacedo, non l'ascoltò, e uscito di chiesa, propalò con tanto ardore il miracolo, che subito una folla di popolo accorse nell'oratorio di s. Antonio per lodare il Signore che aveva glorificato Veridana. La notizia del fatto si sparse presto per tutta la Toscana; e tanti furono i malati guariti col gustare quel vino, che reputavasi una gran fortuna il possederne anche una sola goccia".
Visita del Vescovo Arlingo - La presenza dei retiili nella cella della Beata rimase per lungo tempo segreta. Sembra che il primo a scoprirla fosse il Venerabile prelato Monsignore Arlingo, vescovo di Firenze; il quale, avendo sentito celebrare più volte la santità di Verdiana, volle vedere da sé medesimo se la fama era vera. Recatosi adunque a Castelfiorentino, parlò lungamente con lei, e ne rimase così colpito di meraviglia che volle trattenersi più giorni in quella terra, per godere della dolce conversazioni di quell'anima visibilmente favorita da Dio. E fu appunto in una di quelle lunghe e frequenti visite che il Prelato potè accorgersi della presenza dei serpenti.
Egli dapprima ne ebbe paura; ma poi vedendo la famigliarita che passava fra i rettili e Verdiana, volle assolutamente che la serva di Dio gli manifestasse tutte le particolarità di questo fatto straordinario. Saputa ogni cosa, il caritatevoie Prelato pensò d'informarne gli abitanti del paese, affinché facessero di tutto per liberarla da quelli ospiti schifosi e crudeli. Ma la santa penitente pregò e scongiurò il Vescovo che non la privasse di quell'occasione di meritare presso Dio, e le serbasse il segreto, assicurandolo che quei rettili non stavano lì, come il serpente di Eva, per condurla alla colpa, ma le erano stati mandati tenerle compagnia ed aiutarla a guadagnare il paradiso.
Il buon Prelato si arrese; e tanta fu la venerazione che concepì per lei, che prima di andar via le raccomandò che pregasse per i bisogni della Chiesa, per la Diocesi e per per lui; e poi, finché visse, non tralasciò mai di visitare ogni anno quella sposa fedele di Gesù Cristo.
Incontro con S. Francesco d'Assisi - Un grande favore, degno di speciale memoria, fu accordato a Verdiana dal Signore, che si piaque di consolarla con la visita di uno dei più grandi dei suoi servitori, Francesco d'Assisi, la cui fama riempiva allora tutta l'Italia. Si crede che ciò avvenisse nel 1221, quando il Fondatore dei Frati Minori, dopo avere evangelizzato Poggibonsi, fondandovi il Terz'Ordine, e dopo aver visitato Firenze e altri luoghi circonvicini, si recò Castelfiorentino. Ivi il Santo visitò la povera reclusa, conversando lungamente con lei di cose celesti; e, ammessala quindi nell'Ordine della Penitenza, le diede la sua benedizione, lasciandola tutta piena di novello vigore.
Terziaria francescana - Che Verdiana appartenesse realmente al Terz'Ordine si ricava esplicitamente dalle lezioni del Breviario Francescano; che poi vi fosse ammessa da San Francesco, è opinione di Mariano e der Wadding, confermata dall'autorità del Supplemento del Martirologio usato dai Conventuali e approvato dalla Santa Sede (1).
Ultimi bagliori - Intanto l'ora della ricompensa era suonata per umile serva di Gesù Cristo; poiché la scomparsa dei due serpenti, dando fine al suo maitirio, faceva anche presagire la fine del suo pellegrinaggio terreno. Erano già trent'anni che quei serpenti le tenevano compagnia; e gli abitanti di Castelfiorentino, avendoli pur vistí qualche volta, ignoravano affatto che fossero ospiti della Beata, né sé ne davano alcun pensiero. Questo segreto non era conosciuto che dal Vescovo, dal confessore e dal curato; ma Dio volle che, poco prima della sua morte, e con suo gran dispiacere, fosse scoperto da alcune persone, e propalato
per la terra. E siccome la buona gente temeva che facessero del male alla cara reclusa, non badando alle preghiere di lei, si appostarono; e uccisone uno, l'altro non si vide mai più.
Verdiana, non vedendoli tornare, si accorse del fatto; e mentre con grande affiizione pregava, seppe, per divina rivelazione, esser giunta l'ora della sua morte. A questo annunzio sentì il cuore inondarsele di gioia e, chiamato il Direttore, con abbondanza di lacrime si confessò e ricevette la santa Comunione. Intorno all'ora della sua morte, rivelatale dal Signore, non disse nulla; chiuse la finestrella, e fu udita cantare i Salmi Penitenziali. Poco dopo quell'anima santa volò al Creatore. Ella morì. secondo la più probabile opinione, il primo giorno di Febbraio del 1242, in età di circa sessanta anni.
Questa morte, non preceduta da malattia, sarebbe rimasta lungamente ignota, se Dio stesso non si fosse dato cura di manifestarla con un prodigio. Mentre l'anima bella di Verdiana abbandonava la terra, per andare in cielo a raggiungere i cori delle vergini, le campane delle vicine chiese incominciarono a suonare allegramente come nelle più grandi solennità; e i cittadini stupiti, accorsi in folla, si avvidero che suonavano da sé. Invano alcuni giovani agguantarono le funi, per fermarle; che, anzi, furono sollevati per aria, mentre le campane, mosse da una forza invisibile, seguitavano a suonare. Ed ecco che, mentre si domandavano I'un l'altro la causa di quel prodigio, Iddio sciolse la lingua d'un bambinello di tre mesi che pronunciò spiccatamente le seguenti parole: "Verdiana serva di Dio è morta".
Allora il popolo corse alla cella della Beata; e fatta, per ordine del Capitolo e dei notabili, una breccia nel muro, videro Verdiana inginocchiata, con gli occhi e le braccia alzati al cielo. Dal corpo esalava un odore soave; dinanzi aveva il salterio aperto alla pagina ove trovavasi iI Miserere. Per diciasette giorni la veneranda spoglia ricevette la visita da molti paesi. La cappella era come imbalsamata di celestiale profumo, e numerosi miracoli dimostrarono ben fondanta la fiducia riposta nella Serva di Dio. In seguito la cella della Beata fu eretta in oratorio, e il corpo collocato sotto l'altare.
Culto - Nel 1483 gli abitanti di Castelfiorentino, per onorare la loro Patrona Verdiana, costruirono, in quel luogo, una magnifica chiesa a tre navate, che esiste anche adesso. Durante la costruzione il Santo Corpo fu traslocato nella chiesa parrocchiale e colleggiata di S. Lorenzo, e collocato sopra l'altar maggiore, un po' verso il coro, ove trovasi ancora.
Già dicemmo che la Beata Verdiana operò dopo morte parecchi miracoli; ed ora aggiungiamo che con la sua protezione più di una volta preservò i concittadini dalla peste che menava strage in Toscana. Ne fu approvato il culto da Clemente VII nel 1593 ; e quantunque la liturgia Francescana le dia soltanto il titolo di Beata, nulla di meno EIla gode legittimamente anche quello di Santa, accordatoLe nell'Ufficio che, con la approvazione della S. Sede, si recita nella Diocesi di Firenze.
Epilogo - La vita della Beata Verdiana fu tutta nascosta con Gesù Cristo in Dio, come deve essere quella di ogni anima posseduta dal divino amore. Anche quando siamo costretti a vivere tra i rumori del secolo, dobbiamo formarci un ritiro interiore, ed ivi nasconderci di quando in quando per conversare con Gesù Cristo e meditare le cose celesti.
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Nota:
(1) Vedi il profilo biografico pubblicato dal Calendario
Bibliografia:
A.F.H. II p. 305, e XVI, p. 35.
Sancta Sanctotutn : febbraio I, p. 257-266.
L. Giacomini: Vita di S. Verdiana da Castelfiorentino, Fi, 1692.
Foto:
Tabernacolo realizzato dai bambini della scuola primaria
di Castelfiorentino, fotografati e pubblicati
dal sito "Tabernacoli italiani" da MT Di Marco e Zatini
B. VERDIANA DEGLI ATTAVANTI
Quest'ammirabile Vergine nacque a Castelfiorentino paese assai considerevole della diocesi di Firenze, dall'antica e nobile famiglia degli Attavanti, scaduta in quel tempo dal primitivo splendore.
Sin dall'infanzia fece presagire i disegni grandi che la misericordia di Dio formava sopra lei. E infatti, desiderosa di raccoglimento e di solitudine, si appartava dalle compagne per abbandonarsi segretamente alla penitenza e all'orazione. Portava sempre sulla nuda carne una catena di ferro e un ruvido cilicio; praticava rigorosi digiuni; e, passando le lunghe notti nella preghiera, vegliava talmente su sè medesima che nelle più minute azíoni e nelle rare parole dava a tutti argomento di magnificarne l'anima candida e bella. Quindi è che gli abitanti di Castelfiorentino, ammirandone la precoce virtù, circondavano di rispetto e di benevolenza la predestinata fanciulla. All'età di dodici anni fu accolta in casa d'un parente, uomo ricco e timorato di Dio, il quale, incantato dalle rare qualità che l'adornavano, volle darla per compagna alla sua sposa. Da questa poi le fu ceduta la direzione delle aziende domestiche, e fatta come padrona di casa. E i due coniugi ebbero sempre nuovi motivi di lodarsi della saggia amministrazione e della dolce compagnia della giovine parente.
Nè tardo molto a farsi manifesta coi miracoli la predilezione di Dio per la virtuosa fanciulla. Infierendo la carestia, il protettore di Verdiana aveva messo prudentemente da parte una grande quantità di fave; ed ella, commossa dai patimenti dei poveri, dispensò in un sol giorno l'intera provvista agl'infelici che si accalcavano alla porta del signor Altavanti, ignorando che questi l'aveva vendute, e riscosso anche il prezzo. Arrivato, adunque, il momento di consegnare ai compratori i legumi venduti, e trovate vuote le casse, il padrone montò in grande collera, e menò tanto rumore che fece accorrere tutti i vicini.
La pia Verdiana, spaventata, e soprattutto addolorata, per un simile scandalo, passò la nolte pregando e confidando le sue pene al Padrone celeste. Venuto il mattino, chiamò lo zio, dicendogli: "Venite a vedere come il Signore vi ha reso i iegumi che aveva ricevuto in persona dei poveri". Allora il signore Altavanti stupìto vide le casse miracolosamente riempite e, compreso d'ammirazione e di pentimento, raccontò dovunque il prodigio, facendo crescere grandemente la buona reputazione di cui godeva Verdiana.
Desiderio di vita ritirata e pellegrina a Santiago de Campostella - Ma la nostra Beata, dispiacente degli omaggi di cui la circondava il mondo, concepì il disegno di fuggirsene in contrade lontane, per menarvi una vita nascosta; e lo avrebbe certamente fatto, se i parenti e i cittadini non glielo avessero impedito. Intanto, avendo ella saputo che alcune divote donne del paese stavano per intraprendere un pellegrinaggio a S. Giacomo di Compostella, ottenne dopo vive preghiere di accompagnarsi con loro; col patto però, di tornar quanto prima a Castelfiorentino. Gli abitanti non avrebbero mai permesso che fosse loro rapito un sì prezioso tesoro. Così ella partì, e compì quel viaggio, senza allontanarsi per nulla dal suo genere di vita rigoroso ed austero.
Pellegrinaggio a Roma - Quando fu di ritorno a Castelfiorentino, le sue compagne ne commendarono con tanti elogi l'umiltà, la penitenza e lo spirito di sacrificio, che i concittadini, considerandola ormai come vanto e tutela della loro terra, la scogiurarono a stabilirsi definitivamente fra loro. Ed ella acconsentì di nuovo, purché le costruissero una celletta nella quale intendeva di vivere come reclusa i rimanenti suoi giorni. Accettata la condizione, mentre si costruiva con il consenso del vescovo di Firenze, la desiderata celletta, andò in pellegrinaggio a Roma; donde fu obbligata a fuggire di nascosto, per sottrarsi alla venerazione del popoto che voleva trattenerla per forza.
Costruzione della cella all'Oratorio S. Antonio - Fu dunque edificata, alle falde del colle, non lungi dalla riva dell'Elsa, una piccola cella contigua ad un oratorio dedicato a S. Antonio. La costruzione in mattoni fu terminata con una volta grossolana; e lo spazio interno non maggiore di tre metri in lunghezza e d'unp in largherza era occupato da un solo mobile che consisteva in una specie di panchina di pietra sporgente dal muro, che dove servire da seggiola.
Entrata nel romitorio - L'antico biografo della Beata racconta nel modo che segue la cerimonia commovente della reclusione: "Terminata la cella, Verdiana si recò, in giorno di domenica, alla chiesa parrocchiale, ove s'era radunato tutto il popolo. Ivi, dopo aver ascoltato la santa Messa e ricevuto, con abbondanti lacrime, il pane degli Angeli, fece l'intero sacrificio di sé, emettendo, secondo l'uso del tempo i consueti voti delle recluse nelle mani del parroco, promettendo, cioè povertà, castità ed obbedienza. Il parroco benedettala e fattale indossare le vesti eremitiche, l'affidò ad un canonico della colleggiata destinato, anche a nome del capitolo, ad accompagnarla al luogo dí reclusione e dirigerla nelle cose dell'anima. Allora Verdiana, preso un gran Crocifisso appositamente preparato, e stretto se lo strinse al petto, dopo averlo baciato più volte, uscì di chiesa per incamminarsi --- e il popolo circostante, profondamente commosso, le augurò mille benedizioni e volle accompagnarla fin là. Fu invero un bello e commovente spettacolo il vedere con quale e quanta umiltà Verdiana portava la croce, seguita dal clero e accompagnata dalla folla piangente. Giunti al romitorio, la Beata, si volge alla folla con angelico sorriso, prende commiato dai cari concittadini, scongiurandoli a rammentasi di lei dinanzi al Signore. E tutti ad una voce esclamarono: 'Sii benedetta, o Verdiana, vera serva di Dio, prega per noi che siamo peccatori che imploriamo la tua intercessione'. La Beata, premendosi strettamente sul cuore la croce e di nuovo baciandola, entrò nella cella; la cui porta fu subito murata, lasciandovi per unica apertura una piccola finestrella dalla parte dell'oratorio di S. Antonio, come può vedersi anche adesso". Per mezzo di questo pertugio la Beata ascoltava la Messa e riceveva i Sacramenti oltre il povero cibo somministratoie dalla riverente carità degli abitanti.
Vita nel romitorio - La pietà e l'eroico sacrificio dei reclusi ci danno una bella immagine del divino Prigioniero del Tabernacolo. Asomiglianza di Gestù in Sacramento, prigioniero volontario, i reclusi vivevano soltanto per intercedere di continuo a prò delle anime bisognose della divina misericordia; essi, a guisa dell'Ostia Santa, stavano là come morti, dimenticati da tutti quelli cire non vivono della vita della grazia, visitati soltanto da coloro che in virtù della fede comprendono la grandezza ed il merito di un tal sacrifizio.
Verdiana visse trentaquattro anni reclusa, menando una vita tutta celeste, e crocifiggendo il suo corpo con tutte le industrie suggeritele dall'amore di Dio e da incessante meditazione dei misteri della Passione. Nell'unico pasto, che prendeva al tramonto, si contentava d'un poco di pane e d'acqua, e solo di quando in quando s'induceva ad aggiungere pochi legumi cotti nell'acqua e senza condimento; suo letto era la nuda terra, e nell'inverno una tavola; non ebbe mai altro guanciale che un ceppo di legno.
Portava sempre sulla carne un cerchio di ferro e un aspro cilicio, offrendo a Gesùr i digiuni, le veglie, le orazioni, le lacrime abbondanti strappatele dal ricordo della Passione, a vantaggio dei peccatori, per la conversione dei quali non cessava mai d'intercedere. Ogni otto giorni si confessava, con grande compunzione, al canonico assegnatole per direttore.
Nutriva speciale compassione pei poveri, ai quali dava la maggior parte di ciò che le era somministrato dalla carità deí fedeli, distribuendo loro ogni sera ciò che aveva potuto sottrarre alla povera mensa, senza serbare mai nulla per il giorno appresso. Spesse volte, per amore di povertà, non sottraeva soltanto il superfluo, ma anche il necessario, essendo solita di non accettare dai divoti che il nutrimento per la giornata.
Viveva interamente nel cielo, sfuggendo la conversazione coi viventi, quando questi non fossero persone povere e aflitte. Anzi qualche volta, per non distrarsi dalla preghiera, stette parecchi giorni senza aprire ad alcuno la finestrella, e senza ricevere neppure il nutrimento ordinario. Si dava a cosiffatta solitudine nella Quaresima e nell'Avvento, nei giorni che corrono dall'Ascensione alla Pentecoste, e nell'ottava dell'Assunta. Allora il suo corpo era sostentato dal celeste nutrimento, che l'anima di lei attingeva nelle dolcezze della contemplazione.
Dei serpenti che tentano la virtù - La vita della nostra Beata diveniva sempre più meravigliosa, e il numero dei miracoli cresceva. Un giorno con la preghiera guarì un fanciullo che si era rotto un braccio e una gamba; un altro giorno col solo tocco della mano benedetta restituì la vista ad una povera cieca. Avendo udito nell'attiguo oratorio un predicatore che parlava delle virtù di S. Antonio Abate, raccontando le molestie arrecategli dai demoni che gli apparivano in forma d'animali feroci, si sentì ispirata a chiedere a Dio una simile prova. Fu subito esaudita; e due enormi serpenti entrarono dalla finestrella, nè mai più l'abbandonarono, mangiando insieme con lei nel medesimo piatto ogni sorta di cibo. Qualche volta anche la sferzavano con le code tanto spietatamente da lasciarla priva di sensi. Ordinariamente uscivano fuori per un po' di tempo, mentre ella pregava, e poi rientravano senza separarsi mai l'uno dall'altro.
Una volta alcuni forestieri li rincorsero, ferendoli gravemente, e la Beata li guarì con un segno di Croce; ma essi, invece di mostrarsi riconoscenti, furono sempre più feroci nel martirizzarla. Intanto Verdiana procurava con grande attenzione che nessuno si accorgesse della presenza di quei rettili nella cella, per timore che li facessero scompariie, privandola d'un martirio quotidiano tanto caro allo Sposo Crocifisso.
Queste precauzioni furono occasione d'un miracolo che accrebbe la fiducia e la venerazione del popolo per la reclusa. Lasciamo parlare I'antico biografo: "In un giorno d'estate un giovine chiamato Celino, passando dinanzi all'oratorio di S. Antonio, si fermò per stare un poco all'ombra e riposarsi. Ad un tratto, sentitosi chiamare e voltosi da quella parte donde veniva la voce, vide alla finestrella la Beata che gli porse un vaso, pregandolo per amor di Dio che andasse ad attingerle un poco d'acqua nel pozzo vicino. Ho sempre sentito dire ch'ella ricorresse a questo piccolo strattagemma, perché il giovine non vedesse i serpenti, i quali dovevano in su quell'ora entrare o uscire, e quindi non divulgasse la cosa per il paese.
Il giovine va per l'acqua, e tornato pone il vaso sulla finestrella della Beata, la quale, presolo e vistolo pieno di vino, credendo che il buon giovane l'avesse fatto apposta. con molta umiltà gli disse: Figlio mio, il Signore vi perdoni ; io non vi avevo chiesto vino, ma acqua. Il giovane, vedendo restituirsi il vaso, affermava di aver portato l'acqua come gli era stato chiesto; ma preso poi il vaso e veduto che veramente era pieno di vino, rimase stupito e disse alla Beata: 'Cara Madre (così la chiamavano), io veramente ho attinto acqua, ma quest'acqua s'è cangiata in un vino squisito'. Allora Verdiana capì ch'era avvenuto un miracolo, e temendo che si venisse a sapere, pregò replicatamente il giovane a restituirgli il vaso.; ma egli, così a Dio piacedo, non l'ascoltò, e uscito di chiesa, propalò con tanto ardore il miracolo, che subito una folla di popolo accorse nell'oratorio di s. Antonio per lodare il Signore che aveva glorificato Veridana. La notizia del fatto si sparse presto per tutta la Toscana; e tanti furono i malati guariti col gustare quel vino, che reputavasi una gran fortuna il possederne anche una sola goccia".
Visita del Vescovo Arlingo - La presenza dei retiili nella cella della Beata rimase per lungo tempo segreta. Sembra che il primo a scoprirla fosse il Venerabile prelato Monsignore Arlingo, vescovo di Firenze; il quale, avendo sentito celebrare più volte la santità di Verdiana, volle vedere da sé medesimo se la fama era vera. Recatosi adunque a Castelfiorentino, parlò lungamente con lei, e ne rimase così colpito di meraviglia che volle trattenersi più giorni in quella terra, per godere della dolce conversazioni di quell'anima visibilmente favorita da Dio. E fu appunto in una di quelle lunghe e frequenti visite che il Prelato potè accorgersi della presenza dei serpenti.
Egli dapprima ne ebbe paura; ma poi vedendo la famigliarita che passava fra i rettili e Verdiana, volle assolutamente che la serva di Dio gli manifestasse tutte le particolarità di questo fatto straordinario. Saputa ogni cosa, il caritatevoie Prelato pensò d'informarne gli abitanti del paese, affinché facessero di tutto per liberarla da quelli ospiti schifosi e crudeli. Ma la santa penitente pregò e scongiurò il Vescovo che non la privasse di quell'occasione di meritare presso Dio, e le serbasse il segreto, assicurandolo che quei rettili non stavano lì, come il serpente di Eva, per condurla alla colpa, ma le erano stati mandati tenerle compagnia ed aiutarla a guadagnare il paradiso.
Il buon Prelato si arrese; e tanta fu la venerazione che concepì per lei, che prima di andar via le raccomandò che pregasse per i bisogni della Chiesa, per la Diocesi e per per lui; e poi, finché visse, non tralasciò mai di visitare ogni anno quella sposa fedele di Gesù Cristo.
Incontro con S. Francesco d'Assisi - Un grande favore, degno di speciale memoria, fu accordato a Verdiana dal Signore, che si piaque di consolarla con la visita di uno dei più grandi dei suoi servitori, Francesco d'Assisi, la cui fama riempiva allora tutta l'Italia. Si crede che ciò avvenisse nel 1221, quando il Fondatore dei Frati Minori, dopo avere evangelizzato Poggibonsi, fondandovi il Terz'Ordine, e dopo aver visitato Firenze e altri luoghi circonvicini, si recò Castelfiorentino. Ivi il Santo visitò la povera reclusa, conversando lungamente con lei di cose celesti; e, ammessala quindi nell'Ordine della Penitenza, le diede la sua benedizione, lasciandola tutta piena di novello vigore.
Terziaria francescana - Che Verdiana appartenesse realmente al Terz'Ordine si ricava esplicitamente dalle lezioni del Breviario Francescano; che poi vi fosse ammessa da San Francesco, è opinione di Mariano e der Wadding, confermata dall'autorità del Supplemento del Martirologio usato dai Conventuali e approvato dalla Santa Sede (1).
Ultimi bagliori - Intanto l'ora della ricompensa era suonata per umile serva di Gesù Cristo; poiché la scomparsa dei due serpenti, dando fine al suo maitirio, faceva anche presagire la fine del suo pellegrinaggio terreno. Erano già trent'anni che quei serpenti le tenevano compagnia; e gli abitanti di Castelfiorentino, avendoli pur vistí qualche volta, ignoravano affatto che fossero ospiti della Beata, né sé ne davano alcun pensiero. Questo segreto non era conosciuto che dal Vescovo, dal confessore e dal curato; ma Dio volle che, poco prima della sua morte, e con suo gran dispiacere, fosse scoperto da alcune persone, e propalato
per la terra. E siccome la buona gente temeva che facessero del male alla cara reclusa, non badando alle preghiere di lei, si appostarono; e uccisone uno, l'altro non si vide mai più.
Verdiana, non vedendoli tornare, si accorse del fatto; e mentre con grande affiizione pregava, seppe, per divina rivelazione, esser giunta l'ora della sua morte. A questo annunzio sentì il cuore inondarsele di gioia e, chiamato il Direttore, con abbondanza di lacrime si confessò e ricevette la santa Comunione. Intorno all'ora della sua morte, rivelatale dal Signore, non disse nulla; chiuse la finestrella, e fu udita cantare i Salmi Penitenziali. Poco dopo quell'anima santa volò al Creatore. Ella morì. secondo la più probabile opinione, il primo giorno di Febbraio del 1242, in età di circa sessanta anni.
Questa morte, non preceduta da malattia, sarebbe rimasta lungamente ignota, se Dio stesso non si fosse dato cura di manifestarla con un prodigio. Mentre l'anima bella di Verdiana abbandonava la terra, per andare in cielo a raggiungere i cori delle vergini, le campane delle vicine chiese incominciarono a suonare allegramente come nelle più grandi solennità; e i cittadini stupiti, accorsi in folla, si avvidero che suonavano da sé. Invano alcuni giovani agguantarono le funi, per fermarle; che, anzi, furono sollevati per aria, mentre le campane, mosse da una forza invisibile, seguitavano a suonare. Ed ecco che, mentre si domandavano I'un l'altro la causa di quel prodigio, Iddio sciolse la lingua d'un bambinello di tre mesi che pronunciò spiccatamente le seguenti parole: "Verdiana serva di Dio è morta".
Allora il popolo corse alla cella della Beata; e fatta, per ordine del Capitolo e dei notabili, una breccia nel muro, videro Verdiana inginocchiata, con gli occhi e le braccia alzati al cielo. Dal corpo esalava un odore soave; dinanzi aveva il salterio aperto alla pagina ove trovavasi iI Miserere. Per diciasette giorni la veneranda spoglia ricevette la visita da molti paesi. La cappella era come imbalsamata di celestiale profumo, e numerosi miracoli dimostrarono ben fondanta la fiducia riposta nella Serva di Dio. In seguito la cella della Beata fu eretta in oratorio, e il corpo collocato sotto l'altare.
Culto - Nel 1483 gli abitanti di Castelfiorentino, per onorare la loro Patrona Verdiana, costruirono, in quel luogo, una magnifica chiesa a tre navate, che esiste anche adesso. Durante la costruzione il Santo Corpo fu traslocato nella chiesa parrocchiale e colleggiata di S. Lorenzo, e collocato sopra l'altar maggiore, un po' verso il coro, ove trovasi ancora.
Già dicemmo che la Beata Verdiana operò dopo morte parecchi miracoli; ed ora aggiungiamo che con la sua protezione più di una volta preservò i concittadini dalla peste che menava strage in Toscana. Ne fu approvato il culto da Clemente VII nel 1593 ; e quantunque la liturgia Francescana le dia soltanto il titolo di Beata, nulla di meno EIla gode legittimamente anche quello di Santa, accordatoLe nell'Ufficio che, con la approvazione della S. Sede, si recita nella Diocesi di Firenze.
Epilogo - La vita della Beata Verdiana fu tutta nascosta con Gesù Cristo in Dio, come deve essere quella di ogni anima posseduta dal divino amore. Anche quando siamo costretti a vivere tra i rumori del secolo, dobbiamo formarci un ritiro interiore, ed ivi nasconderci di quando in quando per conversare con Gesù Cristo e meditare le cose celesti.
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Nota:
(1) Vedi il profilo biografico pubblicato dal Calendario
Bibliografia:
A.F.H. II p. 305, e XVI, p. 35.
Sancta Sanctotutn : febbraio I, p. 257-266.
L. Giacomini: Vita di S. Verdiana da Castelfiorentino, Fi, 1692.
Foto:
Tabernacolo realizzato dai bambini della scuola primaria
di Castelfiorentino, fotografati e pubblicati
dal sito "Tabernacoli italiani" da MT Di Marco e Zatini
Canale Youtube AnnaZucFi
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