Zagabria.
Un tribunale croato ha annullato la condanna a 16 anni di carcere
emessa nel 1946 dal regime comunista contro l’allora arcivescovo di
Zagabria, Alojzije Stepinanc, accusato di collaborazionismo con il
regime filofascista degli ustascia croati nella Seconda guerra mondiale.
Stepinac, proclamato beato nel 1998 da Giovanni Paolo II, è venerato dai cattolici croati come martire per la libertà di confessione e come fautore del mantenimento delle radici cattoliche in Croazia durante il comunismo. Tutti gli esperti sono concordi nel ritenere che il processo del 1946 fu montato e usato a scopi politici. Tuttavia quella di Stepinac è una figura molto dibattuta, anche sotto il profilo “ecumenico”.
La scorsa settimana si è tenuta in Vaticano la prima riunione della Commissione mista di esperti croati e serbi, incaricata di procedere ad una rilettura in comune della vita del beato. Tale Commissione – ha sottolineato una nota vaticana – è stata creata «su iniziativa del Papa dopo vari incontri e consultazioni tra rappresentanti della Santa Sede, della Chiesa ortodossa serba e della Conferenza episcopale croata per rispondere all’esigenza di chiarire alcune questioni della storia».
Stepinac, proclamato beato nel 1998 da Giovanni Paolo II, è venerato dai cattolici croati come martire per la libertà di confessione e come fautore del mantenimento delle radici cattoliche in Croazia durante il comunismo. Tutti gli esperti sono concordi nel ritenere che il processo del 1946 fu montato e usato a scopi politici. Tuttavia quella di Stepinac è una figura molto dibattuta, anche sotto il profilo “ecumenico”.
La scorsa settimana si è tenuta in Vaticano la prima riunione della Commissione mista di esperti croati e serbi, incaricata di procedere ad una rilettura in comune della vita del beato. Tale Commissione – ha sottolineato una nota vaticana – è stata creata «su iniziativa del Papa dopo vari incontri e consultazioni tra rappresentanti della Santa Sede, della Chiesa ortodossa serba e della Conferenza episcopale croata per rispondere all’esigenza di chiarire alcune questioni della storia».
Avvenire - 23 - 7 - 2016