sabato 5 agosto 2017

Beato CECCO DA PESARO (FRANCESCO ZANFERDINI) eremita devoto alla Madonna, primo terziario di Pesaro


5 agosto
Beato
CECCO DA PESARO
FRANCESCO ZANFERDINI

Terziario Francescano


Pesaro, 1270 - Montegranaro 5 agosto 1350



ll Beato Francesco Zanferdini nacque a Pesaro verso il 1270 e perduti i genitori in giovane età, dopo aver distribuito ai poveri le sue sostanze, segui la regola del Terz'Ordine francescano.
Trascorse prima un periodo di tempo nell'Eremo di Montegranaro, in provincia di Ascoli Piceno, in compagnia del Beato Pietro di Foligno, dedicandosi alla preghiera ed alla penitenza; quindi, desideroso di diffondere il culto della Vergine, presso Fano, costruì una piccola cappella a lei dedicata, ove pose una sua immagine, particolarmente venerata.
Una seconda cappella eresse a Montegranaro e poi fondò sul Colle Accio presso Pesaro un convento ove trascorse gran parte della vita e raccolse altre persone come lui desiderose di perfezione.
Da ardente terziario francescano, non solo praticava la penitenza, ma si dedicava ad opere di carità, raccoglieva elemosine, per aiutare i poveri, per restaurare chiese ed ospedali, per aiutare i confratelli.
Guarito da una grave malattia, volle mostrare a Dio la sua gratitudine recandosi in pellegrinaggio ad Assisi per lucrare l'indulgenza della Porziuncola.
Tornato a Pesaro, sempre più desideroso di prodigarsi per il prossimo, con la concittadina Beata Michelina da Pesaro, anch'essa terziaria francescana, fondò nel 1347 la confraternita della SS.ma Annnunziata per l'assistenza degli infermi e la sepoltura dei morti.
Pur attratto dall'apostolato della carità verso i sofferenti e gli umili, di quando in quando andava a ritemprarsi nel primitivo eremo di Montegranaro, dove il 5 agosto 1350 a 80 anni, spirava serenamente, lasciando ai suoi discepoli come testamento spirituale preziosi insegnamenti.

La notizia della morte, rapidamente diffusasi per la città e per le campagne, riunì intorno alla sua bara una moltitudine di devoti a dimostrazione di quale alto concetto avessero della sua santità. La tomba divenne presto meta di pellegrinaggi di fedeli che l'invocavano ed ottenevano grazie. Dopo non molto tempo per volontà degli stessi cittadini, il suo corpo fu trasferito solennemente nel duomo di Pesaro e tumulato sotto l'altare maggiore.

A Pesaro l'umile Beato, il modesto terziario, l'ingenuo taumaturgo, venne onorato come un grande santo, un personaggio popolare, emulo del Santo di Assisi, di cui seguì le orme ma con la differenza che corre tra il nome nobile e chiaro sonante di San Francesco e il nomignolo, quasi burlesco di Cecco, con cui i Pesaresi erano soliti chiamarlo. Il suo culto fu approvato da Papa Pio lX il 31 marzo 1859.



Martirologio Romano: A Montegranaro nelle Marche, beato Francesco Zanfredini, detto Cecco da Pesaro, del Terz’Ordine di San Francesco, che, distribuiti tutti i suoi beni ai poveri, fu per circa cinquant’anni modello di penitenza, preghiera e buone opere nell’eremo da lui costruito.

Martirologio Francescano: Nell'eremitaggio di S. Maria in Momtegranaro, nelle Marche, il Beato Francesco, colgarmente Cecco, Zanferdini da Pesaro, Confessore del Terz'Ordine, il quale menando vita eremitica, risplendette per il dono della profezia e per i miracoli. Il papa Pio IX ne approvò il culto (1350)



Secondo la tradizione Cecco muore il 5 agosto del 1350 nell’eremo di Montegranaro, all’età presunta di ottanta anni. Cosciente dell’approssimarsi del dies natalis si prepara a quel grande evento, chiedendo di ricevere il sacramento dell’estrema unzione, dettando il testamento spirituale ed elargendo numerosi consigli ai suoi discepoli ed infine li benedice.
  • culto
La notizia della sua morte si sparge velocemente tra i fedeli, che numerosi accorrono al piccolo eremo rupestre. Ai suoi funerali partecipano il clero cittadino, i nobili ed i poveri. Il beato, secondo le sue volontà è sepolto presso il romitorio di Montegranaro; il luogo diventa meta di pellegrinaggi. Il suo corpo, pochi anni dopo la sua morte è traslato all’interno della cattedrale di Pesaro. Il culto del beato Cecco fu ratificato dalla Congregazione dei sacri riti il 31 marzo 1859, sotto il pontificato del marchigiano Pio IX (1846-1878) e il 19 settembre dello stesso anno viene approvato I'ufficio da recitarsi da parte del clero e dei Francescani per volontà del vescovo Gaetano Michetti (1975-1998) (1).
  • La Chiesa pesarese celebra la memoria del beato nel giorno 27 del mese di ottobre.
  • Il Beato Cecco è intercessore presso la Vergine Maria per la città di Pesaro, accanto alla terziaria francescana beata Michelina e al santo patrono Terenzio, insieme ai quali è talvolta raffigurato.
  • iconografia: E' rappresentato con o senza barba, tonsurato e con il capo circondato da raggi. Porta l'abito da terziario francescano, una tunica di colore bruno o grigio con cappuccio con cordone a tre nodi in vita talora corredata di mantello. Il colletto bianco richiama il cordoncino che cingeva lo scapolare indossato al di sotto delle vesti.




beato Cecco da Pesaro (Francesco Zanferdini)
tempera su tavola Nardini - inizi sec. xvi -episcopio di Pesaro


Cecco decide di non essere sacerdote, ma di seguire la vita di un santo moderno dell’epoca di San Francesco, diventando il primo terziario francescano di Pesaro. Il beato copre “il suo Corpo coll’umile, e ruvido abito del Terzo Ordine della Penitenza, imparando dal suo color di cenere la memoria della morte, dell’asprezza di esso l’amore della Croce e della semplicità il disprezzo del Mondo” (L. Falconi).
 
BEATO CECCO DA PESARO


Il Beato Francesco (Cecco), figlio di Zanferdino, "uomo dabbene, fornito di probità e di qualche ricchezza", nasce a Pesaro verso il 1270. Richiamato ai valori francescani della povertà evangelica e della penitenza predicati dai frati pellegrini stabilitisi a Pesaro nella prima metà del XIII secolo, Cecco, rimasto orfano dona ogni suo avere ai poveri e nel 1300 aderisce al Terz'Ordine francescano istituito dal santo titolare nel 1221. Egli è il primo terziario di Pesaro.


Fano - Il Romitorio e la Beata Vergine di Ponte Metauro



L'Olivieri confutando l'Amiani che ne attribuisce la fondazione a san Francesco nel 1291, assegna invece al beato Cecco I'erezione a Fano nel 1100 del suo primo romitorio e della sua prima chiesa, conosciuta oggi con il nome di santuario della Beata Vergine di Ponte Metauro.
Qui il beato Cecco, in onore della Vergine Maria di cui è grande devoto e alla quale ha dedicato la chiesa, fa dipingere nel 1150 l'immagine Madonna che allatta Gesù Bambino.

L'iconografia dell'affresco, tuttora conservato, rimanda al tipo della Madonna del latte, soggetto, insieme a quello della Madonna della Mísericordia, che accoglie i devoti sotto la protezione del suo manto, molto diffuso in quest'epoca travagliata dalla peste, da carestie e malattie. Il santuario della Beata Vergine di Ponte Metauro diviene poi, grazie ai miracoli attribuiti all'immagine mariana, meta di frequenti pellegrinaggi.

A destra l'icona della Madonna di Ponte Metauro incoronata da San Giovanni Paolo II il 12/8/1994.



SANTUARIO DELLA BEATA VERGINE DI PONTE METAURO


Il Santuario si trova sulla sponda sinistra del fiume Metauro a 3 Km da Fano. La piccola chiesa ha origini antiche, forse precedenti al XII secolo. I momenti importanti il Santuario li vive nella prima metà del XIV secolo, quando in questo convento si stabilisce il terziario francescano Beato Cecco da Pesaro.

Devozione Mariana del b. Cecco

"Cecco, quale prima missione - afferma Lorenzo Falconi - si impegna nel diffondere il culto della Vergine Maria tra i fedeli della sua città. facendo dipingere, o dipingendo egli stesso in capo alle vie l’imagine della Vergine, e raccogliendo elemosine per costruire eremi dedicati a lei. Egli però non si limita a creare luoghi di culto, ma vuole che siano abitati da altri uomini che condividono la sua scelta di vita".

Il luogo, è legato alla leggenda dell’uccisione di un gigantesco serpente da parte dello stesso San Francesco. Probabilmente il complesso nasce dalla fusione di una torre di avvistamento, divenuta campanile e da una di quelle classiche costruzioni che servivano a dar riparo ai viandanti e ai pellegrini che  percorrevano la via Flaminia, per raggiungere Roma ed il santuario di Loreto.

La leggenda vuole che la chiesa sia stata fondata nel 1219, da San Francesco, e l’immagine mariana venerata nel santuario sarebbe stata dipinta dallo stesso beato.


PDF - Esaustiva storia illustrata
del Santuario di S. Maria del Ponte Metauro



Eremita sul Monte Granaro e il beato Pietro Crisci da Foligno


Il b. Pietro Crisci,
definito “uomo grave di anni,
di vita molto austera, ed implacabile castigatore
della propria carne a Montegranaro“
, passava i suoi
giorni in umiltà e nella preghiera
accoglie
il giovane Cecco nel suo romitorio
e diventa il suo direttore spirituale.

"Se la vita di frate Francesco d'Assisi è stata
un'alternanza tra eremo e città
- ha notato P. Pietro Messa (3) - tra vita
di orazione e predicazione, si è andata polarizzando
verso uno degli estremi". Ovvero tra insediamenti
di vita eremitica e presenza di conventi nelle
grandi  città.  Nel Terz'Ordine con le proprie
specifiche peculiarità, si assiste ad una tensione simile,
come si evince dalla vita
del b. Cecco,  del b. Pietro e tanti altri terziari.


Lasciato il romitorio presso Fano, il beato Cecco si reca sul monte Granaro condividendo la di vita solitaria con il frate Pietro Crisci, terziario francescano anch'esso, che da Foligno era giunto nel 1300 a Pesaro e aveva costruito sul monte pesarese il suo romitorio e una piccola chiesa dedicata alla Vergine. Qui accanto alla chiesetta del frate folignate, il Cecco costruisce la sua cappella. Il frate Pietro vive sul monte Granaro fino al 1323, quando fa ritorno nella Foligno. Consegna in quell'occasione al beato Cecco la chiesetta da lui edificata.

Essa, dopo la morte del beato, è custodita dalla Confraternita dell'Annunziata. Succeduti i padri Camaldolesi, la chiesa è da questi consegnata ai padri Serviti e, in seguito, lentamente abbandonata e definitivamente demolita nel 1800.

Il beato Francesco inoltre costruisce un altro rifugio, un terzo, con chiesa annessa sul monte Accio (oggi San Bartolo), luogo isolato, coperto di vegetazione, scelto anche da altri eremiti perché particolarmente indicato alla vita solitaria. Anche questa chiesa viene distrutta quando i padri Cappuccini, ultimi proprietari del fabbricato, si trasferiscono a Pesaro nel XVII secolo.


Pesaro e la b. Michelina Metelli


Ex-Chiesa della Santissima Annunziata in Pesaro
La chiesa apparteneva alla confraternita dell’Annunziata,
fondata nel 1347 dal Beato Cecco e dalla Beata Michelina
per dare sepoltura ai poveri e curare gli indigenti.
Viene infatti costruita nella seconda metà del Trecento
dove sorge la casa che la Beata Michelina dona nel 1356
ai confratelli.
Ristrutturata completamente intorno
alla metà del XVII secolo.


Il beato Francesco vive di carità prodigandosi anche per dotare le fanciulle indigenti, sostentare ospedali e restaurare chiese. Ben presto la sua fama si diffonde e diversi sono coloro che ne vogliono seguire l'esempio unendosi a lui. Guarito da una grave malattia, in segno di gratitudine vuole recarsi in Assisi per lucrare I'indulgenza della Porziuncola.

Tormato a Pesaro, fonda nel 1347 con Michelina Metelli, anch'ella terziaria, la Confraternita della Santissima Annunziata a sostegno dei malati negli ospedali e per la sepoltura dei morti. Ritiratosi sull'eremo di Monte Granaro nel 1348, muore il 5 agosto 1350.

*

La devozione verso il beato Cecco è immediata. Grande è la partecipazione ai funerali da parte di nobili, clero e popolo e, dopo la sua morte, si verificano numerosi miracoli. Le sue spoglie sono ben presto traslate dalla chiesa dell'eremo di monte Granaro in cattedrale. Esse sono dapprima collocate sotto l'altare maggiore dedicato alla Vergine.
Nel 1501, quando le artiglierie del Valentino danneggiano I'abside della cattedrale, le reliquie del beato Cecco sono spostate sotto l'altare di San Sebastiano. Da qui sono trasferite nel 1692 sotto I'altare maggiore per volere del vescovo Alessandro Avio. Allogate ancora nel 1779 sotto l'altare di Sant'Andrea Avellino, le reliquie trovano definitiva sistemazione nella cappella delle Beate.
In memoria del beato Cecco il vescovo Francesco III concede nel 1393 il permesso di celebrarne la festa da parte della Confraternita della Santissima Annunziata. Immagini e reliquie del beato sono esposte nelle chiese di monte Granaro, della Santissima Annunziata e di San Rocco quando la Confraternita venne qui trasferita nel 1782.


Fortuna iconografica

La venerazione per il beato Cecco è attestata anche dalle rappresentazioni iconografiche realizzate nel corso dei secoli. Purtroppo è perduta l'immagine del beato che l'Olivieri aveva visto già in gran parte rovinata nella chiesetta di monte Granaro nel 1770.
Restano invece tre dipinti che ritraggono il beato. Essi sono giunti fino a noi e sono stati censiti in occasione della campagna di inventariazione informatizzata dei beni storici e artistici ecclesiastici voluta dalla Conferenza Episcopale Italiana e condotta nell'arcidiocesi di Pesaro a partire dalla fine del 1998.
Il primo raffigura il Beato Cecco (foto in alto) con la testa rasata secondo la tradizione francescana. Una corona di raggi, attributo di santità, ne circonda il capo. Egli indossa, così come richiedeva la Regola e come attestano i documenti, un "aspro sajo".

Il dipinto, attribuito a Girolamo Nardini, fu esposto alla venerazione dei fedeli nella chiesa dell'Annunziata fino a quando, ceduta la medesima chiesa alla famiglia Mosca nel 1782, venne trasferito nella chiesa dei Santi Rocco e Sebastiano.
Il dipinto è oggi conservato nel palazzo vescovile, dal momento che la chiesa dei Santi Rocco e Sebastiano fu distrutta nel 1954 e gli arredi provvidenzialmente trasferiti in altre chiese. La tavola si accompagna, così come spesso capita di riscontrare, con il ritratto coevo della beata consorella Michelina Metelli.

Sempre rappresentato in coppia con la beata Michelina, a confermare il culto parallelo per i due terziari pesaresi, il beato Cecco compare nella tela esposta nel Museo Diocesano di Pesaro raffigurante la Madonna col san Terenzio e i beati Cecco e Michelína. Qui i due beati sono dipinti accanto a san Terenzio, patrono di Pesaro, città della quale si scorge una veduta sullo sfondo. Trattasi di opera accademica del pesarese Lazzarini ( 1710-1880), che tuttavia conferma la fortuna del tema e la grande devozione locale.


Menzioniamo infine I'ultimo dei tre dipinti della diocesi di Pesaro con la Madonna con Gesù Bambino con Gesù Bambino e i beati Cecco e Michelina di Ottaviano Coli (1765?- 1831?), allievo del Lazzarini.
La Madonna è raffigurata seduta sulle nuvole mentre sostiene con la mano Bambino e con la destra solleva il mantello in segno di protezione. Al fianco della Vergine i due beati, Cecco e Michelina, intercedono presso di lei per la salvezza della città di Pesaro, travagliata "dai divini flagelli" della guerra, della peste e del terremoto rappresentati in basso.
Nello scorcio paesaggistico sono riconoscibili alcune delle architetture pescaresi: porta Rimini, rocca Costanza e, sul monte Granaro, la piccola chiesa custodita dal beato Cecco. Accompagnano la scena l'arcangelo la spada infuocata e i cherubini.
Nel 1859 il dipinto si trovava ancora in cattedrale. Qui 1o vide l'Ortolani "collocato al muro di fronte alla cappella delle Beate" dove sono custodite le spoglie del beato Cecco. In seguito "dimenticato e non esposto al culto" trovava nel 1968 la sua nuova e appropriata collocazione presso la chiesa di Santa Maria delle Fabbrecce, dove è tuttora visibile a colmare l'assenza icono grafica in onore della Santissima Madre, Vergine quale la chiesa è dedicata..
Luisa Blasi


Fonti agiografiche
Le fonti antiche ci raccontano diversi aneddoti sul beato: un giorno, durante la questua, alcuni devoti lo invitano a pranzo nella loro casa. Il beato Cecco, quantunque molto morigerato nel suo desinare, accetta l’invito senza mostrare alcuna cerimonia per non dispiacerli. Durante il pranzo assaggia con temperanza alcuni cibi offertigli.
Cecco viene invogliato però dal profumo di “"una porcellina di latte ben arrostita", e chiede di poter avere una porzione. Immediatamente si accorge che si tratta di una tentazione della gola, quindi il beato si avvede ed avvolge pertanto in una salvietta la desiderata pietanza. Rientrato nella sua cella la sistema in una cassa, e lì la lascia imputridire.
Quando il cibo si è guastato diventando puzzolente e pieno di vermi, prende il fazzoletto con la desiderata pietanza si mette a sedere, prende in mano la portata avariata ed inizia una disciplina molto severa, egli afferma: “Invitati sono a godere di questa porzione [di carne] i vermi vostri fratelli; voi non siete punto migliore di loro, così non vi schiferete di mangiare con essi al medesimo piatto. Questa poi è di quella stessa carne, che giorni sono allettò tanto il vostro appetito”. Dopo questo discorso egli: “pigliando carne si putrida e si verminosa, se la strofinò agli occhi, al naso, ed alla bocca, gastigando con questa disciplina il disordine del suo appetito”.
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Dalle agiografia apprendiamo che Cecco fu vittima di molte visioni e tentazioni del demonio: egli, come tutti i santi, in questi momenti di dura prova trovava conforto e forza solo nella preghiera, nei digiuni e nelle penitenze. Un’incisione settecentesca illustra il beato Cecco mentre una sera, come al suo solito, prega nella cappella del romitorio del monte San Bartolo; il demonio scatena una pioggia tempestosa che far rotolare un grosso sasso dalla cima del monte: senza un intervento divino il sasso avrebbe distruttola cappella e avrebbe ucciso il beato Cecco. Egli, immerso nella sua preghiera, non si accorge di nulla e continua indisturbato la sua orazione. Questo episodio ricorda quello del Sasso spicco all’Averna.

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Ancora siamo a conoscenza che un componente della famiglia Malatesta di Rimini, invia due grosse anguille secche e affumicate al beato. Però il servo, incaricato di portare l’offerta, prima di giungere a destinazione nasconde una delle due anguille in un albero per poi riprenderla al ritorno e poterla mangiare per sé.
Il servo, giunto al romitorio, consegna al beato solo una delle due anguille ricevute; egli dopo aver ringraziato, lo licenzia con un riso misterioso che inquieta il servitore infedele. Egli, giunto alla pianta dove aveva nascosto l’anguilla, trova invece una grossa serpe che sibila e si torce facendo grande frastuono.
L’uomo riflettendo sull’accaduto, capisce che il beato Cecco era a corrente della sua furbizia e che aveva trasformato l’anguilla in serpe. Decide allora di tornare a chiedere scusa per il suo ignobile comportamento.
Inutile dire che Cecco perdona il servo e, dopo averlo severamente ammonito, gli dona l’anguilla sottratta indebitamente. Così il servo ravveduto tornando all’albero non trova più la paurosa serpe ma l’anguilla affumicata.

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Infine, non posso non citare l’episodio miracoloso avvenuto a seguito della malattia di Cecco. I discepoli del beato, per cercare di curare il maestro colpito da un’inappetenza che lo aveva portato all’infermità, decidono di uccidere il gallo del romitorio, per cucinare una pietanza gustosa nella speranza di risvegliare il suo appetito. Cecco si accorse subito in quel giorno che mancava come al solito il canto dell’amico gallo: egli chiama i suoi compagni e li interroga su quella novità.
I discepoli confessano di aver deciso di uccidere e cucinare il gallo per preparare una pietanza che vincesse la sua grave inappetenza.
Egli si lamenta del loro scellerato comportamento e li rimprovera duramente. Ordina che gli siano portati i resti mortali dell’amico, in qualunque stato essi siano. Cecco proferisce prima un elogio del fratello gallo e del suo canto, asserisce che vorrebbe ridonargli la vita ma non gli è consentito. Quindi fa l’unica cosa di cui è capace, pregare il Creatore perché ridoni la vita a quell’innocente: al termine alza gli occhi verso il cielo, fa il segno della croce sul gallo cucinato ed a quel segno “il gallo, saltò dalle sue mani vestito della bellezza delle sue penne, e cantò".
Lorenzo Fattori


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1) Estratto da: Lorenzo Fattori, I Santi dell'Ordine Francescano pesarese, Cecco, la beata Felice Meda, le beate Michelina e Serafina Sforza, Conferenza promossa dal Comune di Pesaro e dalla Comunità dei frati francescani di Pesaro - 2 agosto 2009. * Il testo in integrale è on line.

2) Luisa Blasi in I Santi nelle Marche, a cura di Giuseppe Cucco, Conferenza Episcopale Marchigiana, con il contributo della Presidenza della Giunta Regionale delle Marche, ed. Jaka Book, Milano, 2013. (Eccetto il box dedicato al santuario della Madonna del Ponte Metauro, la suddivisione in paragrafi e le didascalie alle illustrazioni).

3) Pietro Messa, Tra via eremitica e predicazione. Il percorso di Francesco d'Assisi e della sua fraternità, Porziuncola, Assisi, 2009.