venerdì 11 marzo 2016

Per conoscere S. Luigi Orione, il Francescano secolare e fondatore della “Piccola Opera della Divina provvidenza”



12 marzo
  SAN LUIGI ORIONE

Sacerdote, Terziario francescano
Fondatore della “Piccola Opera della Divina provvidenza”








Pontecurone ( Alessandria)  23 giugno 1872 – Sanremo (Imperia) 12 marzo 1940


San Luigi Orione è uno dei grandi e più conosciuti apostoli della carità, sorti in questo nostro tempo a dare luminosa testimonianza di amore a Cristo e ai fratelli, attraverso una incredibile fedeltà e devozione alla santa Chiesa di Roma e al Papa "'dolce Cristo in terra".
- Nacque a Pontecurone (Alessandria), il 23 giugno 1872, in una famiglia poverissima, senza nessuna proprietà, senza casa, senz'altra ticchezza che quella di una fede viva, di una grande onestà, di un assiduo lavoro.
- Sentì prestissimo la vocazione sacerdotale e religiosa, al cui conseguimento si opponeva solo la grande ristrettezza economica della famiglia. Trascorse sei mesi presso i Frati Francescani di Voghera. Amava S. Francesco e il suo ideale di povertà evangelica. Chiese e ottenne di fare parte dell'Ordine Francescano secolare. ln tutta la vita si studiò di viverne gli esempi e la spiritualita serafica. 
- Ma il Signore non lo voleva frate francescano.  Per tre anni fu entusiasta alunno di San Giovanni Bosco salesiano.
- Entrò nel Seminario diocesano di Tortona per prepararsi ad essere sacerdote. A venti anni, un incontro fortuito con un ragazzo,cacciato dalla lezione di catechismo per indisciplina, lo fece diventare fondatore. Da quell'incontro è nata la sua congregazione: la Piccola opera della Divina Provvidenza, a cui più tardi affiancherà il ramo femminile delle Piccole suore Missionarie della carità. Cominciò la grande epopea della sua carità con un oratorio festivo cittadino a Tortona, proseguì con la fondazione di un piccolo collegio per vocazioni povere, poi con le scuole e varie opere assistenziali.
- Nel 1885, divenuto sacerdote, si dedicò con grande zelo all'apostolato della predicazione, della confessione, della direzione spirituale delle anime, delle missioni popolari, coadiuvate dalla fervente collaborazione dei religiosi della sua nascente congregazione.
- ln occasione delle sciagure naturali che devastarono alcune zone d'ltalia: terremoto di Messina, di Reggio Calalabria e della Marsica, San Luigi Orione divenne il padre dei poveri e dei rifiuti della società.
- ll suo programma era: "fare del bene sempre, del bene tutti, del male mai, a nessuno", con una indiscussa fedeltà alla Chiesa e al Papa. Si fece tutto a tutti, per tutti portare a Cristo. Due volte varcò i confini della patria per recarsi in varie nazioni del Sud America, dove anche oggi ci sono oltre centinaia istituti, in cui, nel suo esempio, lavorano i suoi figli e le sue figlie.
- Consunto dalle fatiché, all'età di 68 anni, il 12 marzo 1940 morì a San Remo, dopo una giornata di intenso lavoro, dopo aver risolto un caso pietoso, che gli stava a cuore.
I suoi funerali a San Remo, Genova, Milano e Tortona furono l'apoteosi della santità dell'umile prete tortonese.  (Giuliano Ferrini, ofm)



Martirologio Romano: A Sanremo in Liguria, san Luigi Orione, sacerdote, fondatore della Piccola Opera della Divina Provvidenza per il bene dei giovani e di tutti gli emarginati.



  • causa di canonizzazione
"Le mie regole voi non le conoscete, ma voi conoscete la mia vita e il fine per cui lavoro: niente per me, tutto per Dio e per la santa Chiesa romana, e qualunque sacrificio per farmi Santo e salvare e consolare le anime dei miei fratelli". (Don Orione)

ll 26 ottobre 1980 Giovanni Paolo ll in Piazza San Pietro solennemente lo proclamò Beato.
Il 16 maggio 2004 viene proclamato Santo.

Proprio di San Luigi Orione


LA VOCE DI DON ORIONE


INNO ALLA CARITA' DI DON LUIGI ORIONE



la chiamata vocazionale di
DON LUIGI ORIONE


Don Luigi Orione trovò nell'ambiente famigliare di povertà e di convinta religione gli stimoli più importanti e decisivi che gli seminarono in cuore i germi forti e tenerissimi di una amorosa passione verso Dio e gli uomini, guida e luce della generosissima sua esistenza.
La sua vocazione sofferta e irrobustita nel sacrificio, ebbe validi alleati nella pausa semestrale trascorsa presso i religiosi di San Francesco a Voghera (1885-86), nella triennale dimora presso don Bosco e i suoi santi collaboratori a Torino (1886-89), nel duro tirocinio della vita seminaristica, costellata da rinunce e umili servizi ecclesiastici a Tortona (1889-93).

Dal volume di P. Andrea Gemma, Don Orione: un cuore senza confini, si propongono le pagine relative al periodo vissuto presso il convento francescano di S. Pietro Apostolo, dove il 4 settembre 1885, il giovanissimo terziario francescano Luigi Orione fu accolto quale aspirante alla sequela di San Francesco d'Assisi: ma una pericolosa polmonite indusse i suoi superiori a rimandarlo in famiglia.


la "chiamata" del giovanissimo
terziario francescano Luigi Orione

Guardando alla vita di don Orione si direbbe che egli sia nato prete, prete dalla testa ai piedi, tanto in lui il sacerdozio, il suo carattere sacro e il conseguente infaticabile ministero sono incarnati e coincidenti con una personalità poliedrica ed eccezionale. Eppure, come tosto si apprenderà, la determinazione precisa della strada da intraprendere e nella quale esplicare il suo fuoco interiore, non fu né facile né immediata. Passò anzi per esperienze diverse, qualcuna delle quali, oggi si direbbe, traumatica. Ma, torniamo a dire, il piano di Dio ha spessissimo queste ombre apparenti, queste zone di sofferenza che mirano - è facile concludere - ad affigare la fede del prescelto e ad impreziosire la sua risposta. E la risposta di don Orione - conveniamone - non poteva essere più preziosa e per sé e per noi! Non meraviglia, dunque, il tracciato niente affatto lineare, anzi sinuoso, complicato e scabro, per cui passò la sua "vocazione", o meglio, la risposta alla vocazione.
Una cosa, tuttavia, è certissima: I'ideale di donazione a Dio brillò prestissimo e nitido nell'animo del fanciullo predestinato. Chi gli stava intorno non fece alcuna fatica ed avvedersene. Troppo lo deliziava il contatto con le cose di Dio. Troppo lo attirava tutto quanto sapesse di cielo, di sacro, di divino. Troppo avvertiva, dentro, la Voce che lo invitava alle altezze, ad una consacrazione piena e, dietro a questa, alla conquista delle anime.

1882-1885: TRE ANNI DI ATTESA PAZIENTE
e di sacrificio, perchè la mano di Dio gli apra
le porte del convento. Luigi Orione conosce già
la fatica e la riununcia di molte cose: tra i
pericoli del selciatore di strade, si perfeziona
la sua virtù. Poi sarà la luce ...

"Nelle ore libere dal lavoro, io mi rifugiavo ai
piedi dell'altare, a pregare la Madonna che mi f
facesse diventare sacerdote, come era sempre
ol mio sospiro fin da piccolo .."
Eppure, nella sua vita, tutto sembrava portarlo per altra direzione: I'interruzione della scuola, la dura povertà della sua famiglia, la decisione paterna di portarselo dietro sulle strade a dargli una mano nel mestiere...
Allora?...
Allora - si disse il ragazzo, già educato sulle vie della fede - bisognerà aspettare l'ora di Dio. Lo stesso consiglio gli veniva dall'ottimo sacerdote suo amico, don Francesco Milanese, viceparroco a Pontecurone, col quale egli si era candidamente confidato e dal quale aveva avuto assicurazione di un affettuoso interessamento. E fu lo stesso don Milanese che azzardò una più precisa interpretazione della voce di Dio a proposito di Luigi. Sentiamolo:

"Poiché la dolcezza della sua indole, da me attentamente studiata, lo inclinava al misticismo, lo esortai con affettuose e premurose parole a vestire le rozze lane dei seguaci di san Francesco d'Assisi, di quegli umili solitari che mantengono ancora nel nostro secolo le tradizioni dolci e soavi del ritiro e della penitenza, della solitudine meditativa, e della carità inesauribile. Questi caldi incitamenti li rivolgevo tutte le mattine al giovinetto fidente e pensoso: ed egli mi guardava negli occhi con ingenuo stupore, e reclinava il capo senza rispondermi, ma non senza farmi indovinare, in quell'eloquente taciturnità, il potere che esercitavano le mie parole in quelI'anima candida e verginale agitata dai primi palpiti della vita" (D.O. I, 197).

Santuaraio della Madonna della Fogliata con Don Orione
sotto l'architrave dell'ingresso:  mantenne la promessa di restaurarlo.
Con l'interessamento di don Milanese, Luigi non tralasciò mai di domandare I'aiuto di Dio perché il suo sogno si compisse. Questo aiuto circostanze provvidenziali fecero sì che egli lo impetrasse per mezzo delf intercessione di Maria, fervorosamente invocata per anni. A conferma, se ce ne fosse bisogno per un cattolico, che tutti i più bei doni di grazia passano per le mani di Maria ...





Nei lunghi inverni che il piccolo Orione aveva liberi dal lavoro di selciatore in compagnia del padre, con la madre Carolina, si recava spesso a Casalnoceto (AL), dove si trovava una zia, zia Giuseppina. Quivi sentì raccontare di una Madonna detta della Fogliate che aveva una cappella sulle colline circostanti. Andata poi distrutta questa,il simulacro mariano venne portato nella parrocchiale di Casalnoceto.
Incuriosito, volle rendersi conto della cosa. Salì prima sul solaio della cascina e poi sul tetto. Guardò nella direzione che gli avevano indicato: vide mucchio di macerie. Allora, dopo una stretta al cuore, si sentì ispirato a formulare un'ingenua preghiera - stupende intuizioni di anime privilegiate! - "Madonna santa, fatemi diventar prete ed io farò ricostruire la vostra casa...". Poi si sentì spinto a recarsi sul posto. S'avviò soletto. D'inverno. Era caduta la neve e faceva freddo. Arrivò su quel mucchio di sassi impolverati di bianco. Cadde in ginocchio e ripeté la sua offerta "La Madonna aiutò il povero ragazzo - è don Orione stesso che parla in terza persona - che fatto prete, e non dimenticò la Madonna della Fogliata..." (ib. 160 s.).
Venticinque anni dopo I'ingenua preghiera, manco a dirlo, il 21 aprlle 1907, fu inaugurato sul posto il santuarietto della Madonna della Fogliata, costruito per iniziativa di quel prete devoto di Maria, rispondente al nome di Luigi Orione... Quel santuario c'è ancora.

Un altro santuario è legato alla vocazione di don Orione, quello della beata Vergine delle Grazie in Casei Geròla (PV). Anche questo, fatiscente e abbandonato, mostrava desolatamente il suo portone serrato e sconnesso a chi venendo da Pontecurone doveva recarsi a Molino de'Torti, altro borgo dove, frattanto, era stato trasferito come parroco I'amico e benefattore di Luigi, don Francesco Milanese, nel febbraio 1885. "Quante volte - ricorderà più tardi don Orione - di ritorno da Molino de'Torti, dove andavo a supplicare il parroco perché mi mettesse nei frati, mi fermai qui, appoggiai la testa sulla porta della chiesa e pregai la Madonna di farmi la grazia" (ib. 200). Anche questo santuario don Orione farà, restaurare ed è tuttora officiato dai suoi religiosi.




E' ACCOLTO NEL CONVENTO
DEI FRATI MINORI DI VOGHERA

Il 4 aprile 1885, sabato santo, lo stesso papà Vittorio accompagna Luigi da don Milanese per esprimergli il suo consenso allavocazione del figlio. Gioia indicibile di questo, mentre le campane suonavano a festa I'alleluia pasquale.
Per il 4 settembre di quello stesso anno fu fissato il trasferimento del giovane aspirante al convento dei francescani riformati di Voghera. Vi fu accompagnato in calesse con un piccolo baule preparatogli dalla mamma. Nessun familiare era con lui. La porta del luogo santo si spalancò al giovinetto predestinato: gli parve d'essere entrato in paradiso.

Il fervore che sin dall'inizio egli mise nell'adempimento dei suoi doveri fu straordinario. Indulse anche a qualche penitenza eccessiva, lui, ragazzo di tredici anni!

Chiesa e convento di S. Pietro Apostolo
oggi parrocchia retta dagli orionini
Pochi mesi dopo I'ingresso, appena entrato nei quattordici anni, in una fervorosa celebrazione all'altare maggiore della chiesa del convento, Luigi Orione era stato iscritto tra i terziari francescani. Ciò accese in lui più vivo il desiderio di rivestire finalmente l'abito del religioso francescano.
"C'era in convento - ricorda lui stesso - un fraticello che si chiamava Bozzolo (...) - io non bramavo altro che di vestire la tonaca come l'aveva lui. Dopo qualche mese, finalmente, arrivò la notizia che sarebbe venuto il padre provinciale a dare l'abito di frate a quei quattro o cinque 'probandi' che ancora non I'avevano. Ed io non sognavo ormai più che la tonacella con il cappuccio ed il cordone bianco ai fianchi...".

Viveva nella pregustazione di questo momento, ormai imminente, quando, nella settimana santa del 1886, successe il fatto nuovo e doloroso. Ascoltiamolo dalla sua stessa rievocazione: "Il giovedì santo mentre si trasportava il Sacramento nel santo Sepolcro, io mi sentii dei brividi per le ossa; sentivo un forte dolore al petto... Ero febbricitante ... Già da qualche giorno non mi sentivo bene. Forse, non so, sarà dipeso dal poco dormire che facevo o da altro, perché, sapendo che di ricevere la tonacella, io di notte mi alzavo e ranocchiavo sul pavimento freddo con le ginocchia nude; poi mettevo dei pezzetti di legno tra il letto e il materasso, così, per mortificazione. Quando eravamo proprio davanti al santo Sepolcro, io mi sentii qualche cosa, così che non capii, e poi... e poi ... mi trovai su un letto. Ero svenuto in chiesa e mi avevano portato sul mio letticciuolo... Avevo quella che mi par sia la mia malattia particolare, la polmonite" (ib. 21,7).
Ci si dovette ben presto accorgere che non trattavasi di un fatto passeggero. La febbre continuava salire. Dolori d'ogni genere lo facevano soffrire tutta la persona, al petto in particolare. Le condizioni generali andavano paurosamente deteriorandosi. In più, nell'animo del piccolo ma fermo aspirante, crescevano le angustie spirituali: avrebbe dovuto trascurare gli studi. Forse non avrebbe indossato I'abito francescano... La preoccupazione dipinta nei volti di coloro che gli stavano intorno confermavano le angustianti previsioni.
"Mi ricordo - dirà più tardi rievocando quel triste momento - che i frati venivano a trovarmi e andandosene dicevano qualche parola da cui intuivo che ormai bisognava prepararsi alla morte, anzi, un fratello laico portò, un giorno, nella stanza una cesta e c'erano dentro i miei panni per vestirmi appena fossi morto... Credevano che io fossi fuori dei sensi e non capissi più, e per loro ero morto. Invece vedevo e capivo tutto" (ib. 228).

IL SOGNO DELLE COTTE BIANCHE

Mentre nella piccola cella francescana il giovanetto Luigi Orione lottava tra la vita e la morte, mentre intorno a lui si levavano sommesse voci di desolazione e inequivocabili sguardi presagivano la fine, un tocco di sovrumana consolazione venne a visitare il piccolo infermo. Si trattava di un "sogno" (Nella vita di don Orione, come in quella di altri servi di Dio, il "sogno" è stato spesso strumento di grazia. Ebbe lui stesso a dirlo più  volte, anche se nella sua umiltà, cercava sempre di minimizzarne la portata soprannaturale... ).
Quello che, nelle memorie della Congregazione orionina viene chiamato il "sogno di Voghera" o "sogno delle cotte bianche" e per il momento in cui si verificò, e per il luogo, e per la conferma della storia successiva, acquista una fondamentale importanza.
Ce lo facciamo raccontare da lui stesso: "In un certo momento, io mi trovai come fuori di me... Non so se ero sveglio o se dormivo; non so se avessi gli occhi aperti o chiusi; ma mi sembrava di averli aperti. E vidi, come il muro in fondo alla stanzetta scomparire, e mi apparve una schiera di giovani preti, tutti con la cotta bianca, bianchissima; vidi che si apriva nella parete un gran coro, dove stavano seduti tanti preti giovani. La loro cotta era bianca, ma bianca! Candidissima, come la neve..." (D.O. I,219).
Don Orione faceva questo racconto, nel settembre 1928, ai suoi giovanissimi religiosi, da lui intravvisti appunto in quella teoria di chierici bianco-vestiti. E lo faceva nel momento in cui la prima schiera di suoi figli si accingeva a prendere possesso di quel convento, passato alla Congregazione orionina, e divenuto, per un disegno provvidenziale, piccolo seminario per le future speranze della medesima (1).
Continuava don Orione: "Quel sogno, che fu quello che mi fece guarire, non lo dimenticai ma anzi mi si faceva più vivo nella mente col passare degli anni e, fino a un momento, pensavo che cosa volesse indicare per la Congregazione... Ma ora credo che quei preti giovani con la cotta bianca siate voi, che andrete a Voghera vestiti con I'abito chiericale. Il Signore, a cui tutto è presente, mi mostrava voi che non eravate ancora nati... Io avevo creduto finora che quei preti volessero significare i preti della Congregazione, ma non sapevo capire come fossero tutti giovani preti. Ed oggi, così, mi è caduto un velo. Quei giovani preti, miei cari, sono quelli di voi che andranno a stare quest'anno a Voghera..." .

IL RITORNO A CASA

Il malato si riprese. Fu ben presto fuori pericolo. Tuttavia, seppur con dolore, i superiori consigliarono il fervoroso aspirante a ritirarsi, non ritenendolo adatto alla vita religiosa francescana. Tanto più che il medico curante aveva pronosticato per lui al massimo un anno di vita.
Luigi Orione fu dunque dimesso. Era la prima estate del 1886.
Lasciando il convento pianse a calde lacrime. Cadeva dunque il primo ideale fascinoso sulla strada di Luigi Orione. Uno schianto. Rientrò in famiglia. Si può immaginare con quale stato d'animo. Delle chiacchiere dei suoi compaesani non gli importava. Del suo avvenire, sì. E lo mise - c'è da giurarlo - nuovamente nelle mani della Provvidenza, attendendo con nuova speranza l'ora di Dio.

A VALDOCCO, CON DON BOSCO

E questa parve battere sul quadrante della breve storia di Luigi Orione di lì a pochi mesi. Il 4 ottobre 1886, infatti, a lui quattordicenne si aprivano le porte dell'Oratorio salesiano di Valdocco, vivente ancora don Bosco.
"Quanto benedico Iddio - dirà più  tardi - di aver conosciuto don Bosco. E stata tanta la luce di Dio che ha penetrato la mia vita da don Bosco (...) che in me ogni altra impressione è superata, come la luce delle stelle è superata da quella del sole. Quando mi trovai a Torino, mi si aprirono gli occhi e il cervello; capii la grazia grande che avevo ricevuto nell'essere stato malato, dopo cinque mesi, a Voghera, perché quella malattia mi aveva condotto da da don Bosco. Se non ci fosse stato per me don Bosco - ripeterà spesso - né io sarei quel che sono, né voi, miei figli, sareste qui. Tutto dobbiamo a don Bosco... " (D.O. I, 235 ss.).
Luigi Orione, con quella apertura, avida di orizzonti sconfinati, di ideali grandi e santi, respirò a pieni polmoni l'aura salesiana di Valdocco, se ne impregnò in maniera tale da rimanerne segnato per sempre. Qui, infatti, ha origine quello sconfinato amore per i giovani, quel prodigarsi per loro che costituirà tanta parte dell'azione di lui fondatore.
Conobbe dunque don Bosco, vivendo sotto stesso tetto. Ne ascoltò la parola suadente. Ne bevve lo spirito. Ne studiò ed apprese i metodi. Ne ammirò i risultati pedagogici e apostolici. Ebbe il privilegio, a quel tempo concesso a pochi, data la malferma salute del Santo, di confessarsi da lui. Al termine di una di queste confessioni si sentì dire, più che con la parola col penetrante sorriso celestiale "Noi saremo sempre amici!".

Andrea Gemma, Don Orione: un cuore senza confini, editrice Velar, Gorle (BG), 1989.


(1) A distanza di anni, nel 1928, il convento dei francescani di Voghera veniva abbandonato dai frati che si trasferirono altrove e don Orione subentrandovi collocava un centinaio di probandi raccolti con la questua delle vocazioni. Lunghe teorie di chierici e di giovani sacerdoti s'alternarono da quell'anno nell'ex convento dei francescani, sorretti dal paterno sguardo del fondatore.



  • LETTURA: IL PICCOLO ORIONE NEL CONVENTO FRANCESCANO


4 settembre 1885
CON UN BAULETTO E IL CUORE IN MANO
... L'INCONTRO CON I FRATI DI VOGHERA

Un bauletto è allestito con quanto di meglio mamma Carolina riesce a trovare. Il padre non potrà accompagnarlo e d'altra parte il buon arciprete ha già pensato a tutto. Basta che il giovane si presenti e sarà accolto dai religiosi preavvisati del suo arrivo. La mamma non può abbandonare la casa ma andrà alla prima occasione a vedere il suo ragazzo.
Il giorno dopo, un carrettino trainato dall'asino è sulla porta di casa che attende con il vetturale. Luigi Orione aiuta a caricare il bauletto, abbraccia il papà, la mamma, saluta i fratelli: e si parte.

Taceva e aspirando a pieni sorsi l'aura del Signore che gli sfiorava I'anima guardava innanzi per scoprire le cuspidi del duomo di Voghera, primi segni che la meta s'avvicinava. Fu così che gli attraversò la mente d'improvviso il pensiero del paese natio che abbandonava.

Era giunto sul ponte che delimita le due province. L'uomo, indifferente al dramma del fanciullo, seguiva il trotterellare del somarello accompagnandolo di tanto in tanto con una voce ed un leggero tocco di frusta. Luigi Orione si girò sul fianco, puntellò le mani sulla spalliera del carretto per non precipitare e stette a guardare il suo paese che rimpiccioliva nella distanza e alzava come per un gesto di saluto la sua torre quadrata e i tre campanili...
E allora levò anch'egli il braccio per rispondere a quel saluto e con la voce e con il cuore disse davvero addio al suo paese senza più voltarsi indietro, con la risolutezza un uomo che assume con se stesso un impegno d'onore.
Giunto a Voghera, prima ancora di farsi scaricare baule offre al conducente cinque lire e constata che gli rimangono pochi soldi. Egli non vuole entrare in convento con dei soldi in tasca. Ha già I'orrore del denaro, lui che di denaro ne dovrà toccare tanto, come ministro di carità. Con i soldi rimasti acquista dei rosari, delle immagini, un libro di devozione e risale sul carrettino imponendosi il contegno più umile e raccolto per I'ultima parte del viaggio,
La Via Emilia è presto traversata ed il carretto si ferma davanti alla chiesa di San Pietro annessa al convento. Il suo cuore accelera i battiti. Scende, s'accosta alla porticina, tira il campanello. Aperto I'uscio del convento, I'uomo scarica nel picccolo chiostro il baule e si congeda con un'occhiata di benevolenza, senza parole.
Il piccolo Luigi rimase in attesa. E il suo cuore patì una grave delusione. Un frate venne avanti pian piano con estrema indiferenza e chiese additando con... un piede il baule:

- "Cos'hai dentro quel coso lì? I tuoi stracci?".

Il baule povero sì, ma preparato da mani materne, diventava "quel coso lì" e proprio per bocca del primo frate che incontrava. Luigino alzò gli occhi meravigliati. Ma I'altro imperterrito continuava ad interrogarlo:

- "Da che paese vieni?".
- "Da Pontecurone".
- "Ah, ah, - ridacchiò il frate - sei del paese d'ì gucioun'?"

Questa frase, detta forse dal frate senza nessuna malizia, produsse però in Luigi Orione un'impressione penosa.
L'incanto in cui viveva da tante ore svanì dinanzi ad una realtà troppo dissimile da quella vagheggiata. Fu come se una pietra fosse caduta sopra un cristallo e l'avesse spezzato.
Intanto Luigino pensava tra sé: Se io diventerò frate non voglio essere come costui.
Per buona sorte capitò in quel momento padre Lucio, il guardiano, il quale ripagò abbondantemente il piccolo deluso con dei tratti di benevolenza e con quella comprensione tanto necessaria per incoraggiare i nuovi arrivati in un ambiente sconosciuto. E tutte le delicatezze a lui usate dal buon padre guardiano ebbero maggior rimarco dal confronto con l'apatia dell'altro frate che non doveva possedere un tatto finissimo in materia psicologica.
Mentre il bauletto veniva portato in camerà, padre Lucio con un dolce sorriso disse al nuovo ospite:

- "Questa notte dormirai ancora sul materasso, ma da domani sera passerai sul paglione".

Era il 4 settembre 1885, quando Luigi Orione entrò per farsi frate nel convento dei francescani di Voghera.


Domenico Sparpaglione, Luigi Orione, ed. San Paolo, Torino, 1998.



  • IL MESSAGGIO DI DON ORIONE



"solo la carità salverà il mondo"
Don Orione

Don Orione sentì viva I'esigenza di evangelizzare in una società che subiva profondi mutamenti. L'evangelizzazione fu perseguita attraverso le missioni popolari, I'assunzione del ministero parrocchiale, le processioni, i presepi viventi. Don Orione, che parlava di sé come di un "pellegrino della Divina Provvidenza", fu un grande organizzatore di pellegrinaggi.
Ma il suo impegno di evangelizzazione era sorretto da un intreccio di carità ed educazione cristiana, che trova espressione nello sviluppo della sua congregazione. La sua fondazione allargò progressivamente il suo campo d'intervento, mantenendo sempre aggiornata l'analisi dei bisogni di una società in rapido sviluppo. La costruzione e la gestione di ospedali, centri per handicappati, istituti di formazione professionale, istituti di accoglienza per anziani, patronati per operai, centri di recupero per giovani mutilati da ordigni bellici, sono il frutto di questa costante attenzione all'emergere di nuovi bisogni sociali e di nuove povertà.
La tradizione ottocentesca di don Bosco e del Cottolengo venne assunta da don Orione e sviluppata attraverso una sensibile percezione delle trasformazioni all'interno della società. Egli non sottovalutava le conseguenze sul piano morale e sociale del fenomeno della modernizzazione. Per questo intuiva l'importanza vitale del rapporto della Chiesa con il mondo operaio.
La sua congregazione si radicò nei sobborghi più poveri ai margini delle grandi città industriali, con I'impegno di vivere piccola e povera tra i piccoli e i poveri, sperimentando la fraternità con gli operai e i lavoratori più umili. Don Orione confessava a Ignazio Silone - da lui raccolto orfano dopo il terremoto della Marsica nel l9l5 - di sentirsi chiamato a vivere "come un autentico asino di Dio".



La sua spiritualità non fu incupita dall'orizzonte doloroso all'interno del quale spese la sua intensa vita. L'interiorità serena e lieta, che ne animava I'umanità cordiale e semplice, traeva la sua forza dalla consapevolezza che la perfetta letizia non poteva risiedere se non nella completa dedizione di sé a Dio e all'umanità. E I'umanità è intesa come I'insieme concreto di tutti gli uomini, i più miseri, gli handicappati anche gravissimi, gli uomini moralmente corrotti, i criminali, la gente lontana dalla Chiesa.
Il suo impegno sociale e la spiritualità erano sorrette da una profonda devozione al papa. Specialmente in Italia la sua personalità era un punto di riferimento per tanti che ricorrevano a lui. Alla morte, la sua notorietà era vastissima e la salma fu oggetto di solenni onoranze nelle città dell'Italia settentrionale in cui fu fatto passare il corteo funebre. Il suo corpo venne tumulato nella cripta del santuario della Madonna della Guardia, da lui fatto edificare in Tortona.


A. D'Angelo in Il grande libro dei Santi, Ed. San Paolo, Cinisello Balsamo (Mi), 1998

Paolo VI: «Parlò con un candore così semplice, così disadorno, ma così sincero, così affettuoso, così spirituale che toccò anche il mio cuore, e rimasi meravigliato di quella trasparenza spirituale che emanava quest’uomo così semplice e umile» (Udienza dell’8 febbraio 1978).






Video filmato d'epoca sui funerali di Don Orione

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  • PREGHIERA

O Santissima Trinità, Padre, Figlio e Spirito Santo,
Ti adoriamo e Ti ringraziamo dell'immensa carità
che hai diffuso nel cuore di san Luigi Orione
e di averci dato in lui l'apostolo della carità, il padre dei poveri,
il benefattore dell'umanità dolorante e abbandonata.
Concedici di imitare l'amore ardente e generoso
che san Luigi Orione ha portato a Te,
alla cara Madonna, alla Chiesa, al Papa, a tutti gli afflitti.
Per i suoi meriti e la sua intercessione,
concedici la grazia che ti domandiamo
per sperimentare la tua divina Provvidenza.
Amen.

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  • instaurare omnia in Christo: la famiglia orionina

Don Orione, santo della Divina Provvidenza

Si parla di santi della Divina Provvidenza e di carismi della Divina Provvidenza, di congregazioni titolate alla Divina Provvidenza. Significa che quel santo, quella congregazione sono improntati da quel particolare della vita di Cristo, che è anche tutto il Cristo: il suo essere servo obbediente, strumento docile nel “fare la volontà del Padre” perché si compia il suo disegno di salvezza: “Per la vostra vita non affannatevi… Guardate gli uccelli del cielo… osservate i gigli del campo… Il Padre vostro sa che ne avete bisogno. Cercate prima il regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta”. Da lì, da quel particolare di Cristo e del suo Vangelo, misurano e rispondono ai fatti e alle situazioni della vita della Chiesa e del mondo.

Numerosi Fondatori hanno percepito la carenza di questo atteggiamento cristiano – la visione e l’esperienza della Divina Provvidenza - che essi, invece, avvertivano in modo vibrante, vivissimo, per il dono dello Spirito... Risposero alle diverse situazioni storiche testimoniando che “il Padre ha cura di noi”.
Don Orione è erede della grande tradizione dei “santi della Divina Provvidenza”, che egli stesso, apertamente, riconosce come ispiratori e protettori. Sono (...) San Francesco, Santa Caterina da Siena, San Gaetano da Thiene, San Vincenzo de’ Paoli, San Giuseppe Benedetto Cottolengo, fino ai contemporanei Don Luigi Guanella che gli fu amico, Don Giovanni Calabria che stimò ed aiutò, Madre Teresa Michel della quale fu guida spirituale. Molto ebbe in comune con tutti loro. C’è una discendenza e una parentela spirituale ben riconoscibile.

Tratto da: Flavio Peloso, La Divina Provvidenza nel carisma di don Luigi Orione e degli altri santi, Messaggi Don Orione, 2002.

    LA FAMIGLIA ORIONINA

    Figli della Divina Provvidenza
    Sono sacerdoti, fratelli ed eremiti, consacrati per portare i piccoli, i poveri, il popolo alla Chiesa e al Papa, per Instaurare omnia in Christo, mediante le opere della carità.

    Fratelli
    Religiosi laici che vivono il cammino di santità e di apostolato nella Chiesa, in collaborazione con i religiosi sacerdoti.

    Eremiti
    Contemplativi che, in comunità, vivono la donazione a Dio nel silenzio, nella preghiera e nel lavoro, "cuore orante" della Famiglia orionina.

    Piccole Suore Missionarie della Carità
    Sono missionarie della Carità, cioè di Dio, con l'esercizio della carità, per far sperimentare la Provvidenza di Dio e la maternità della Chiesa'

    Sacramentine non vedenti
    Personificano nell'Istituto la preghiera, a sostegno del lavoro delle suore, dei sacerdoti e dei missionari impegnati nell'apostolato della carità.

    Contemplative di Gesù Crocifisso
    Nel silenzio della clausura prolungano il ringraziamento e l'offerta a Gesù Crocifisso per la redenzione delle Anime.

    Istituto Secolare Orionino
    Sono laici, consacrate e consacrati con voti, che vivono il carisma orionino "come lievito nascosto", restando nei loro ambienti ordinari di famiglia, di lavoro e di apostolato.

    Movimento Laicale Orionino
    Comprende le varie associazioni e categorie di laici che, "dentro e fuori" delle istituzioni, condividono lo spirito e il servizio proprio del carisma orionino.



    "la perfetta letizia non può essere che
    nella perfetta dedizione di sé
    a Dio e agli uomini, a tutti gli uomini".