lunedì 27 aprile 2020

"SONO SEMPRE FELICE" - BIOGRAFIA DI EGIDIO BULLESI (BULLESSICH) di P. Matteo Kuhar

come introduzione si veda
PER CONOSCERE EGIDIO BULLESI
FRANCESCANO SECOLARE D'ISTRIA




SONO SEMPRE FELICE

EGIDIO BULLESI (BULLESSICH)

di P. Matteo Kuhar


I Bullèsi sono scesi verso il mare da Sanvincenzi (Svetvicenat), paesetto di campagna all'interno dell'Istria. Il paese fa parte di una serie di parrocchie: Canfanaro, S. Pietro in Selva e Sanvincenti, appunto. Quando nacque Egidio la famiglia abitava a Pola, di fronte l'ospedale civile. Egli fu il terzo figlio di Francesco e Marira Diritti. Dopo di lui ne vennero altri sei. Ma per poco tempo furono nove, perché l'ultimo arrivato, Ottone, morì piccino.
Egidio nacque il 24 agosto 1905. Benché di origine croata, la famiglia si era ormai italianizzata, ed Egidio frequentò le prime classi della scuola elementare italiana. Ma nel 1914, essendo scoppiata la guerra, Pola diventò zona pericolosa e i civili furono in gran parte sgomberati. I Bullesi emigrarono a Rovigno, mentre il padre conservò il lavoro nell'Arsenale della marina di guerra (era disegnatore tecnico navale).
Entrata in guerra anche l’Italia nel maggio del 1915, anche Rovigno fu in parte evacuata e la famiglia, senza padre, impegnato nel lavoro a Pola, dovette emigrare in un primo tempo in Ungheria, poi a Wagna in Stiria e finalmente a Graz, in Austria.
Si patì la fame, si pati il freddo, si patirono anche le beffe più di una volta. Egidio patì anche una bocciatura a scuola, perché non andava bene in tedesco. E non poteva andare bene in tedesco, perché doveva andare a cercare un boccone di pane per sopravvivere, doveva aiutare la mamma e i fratellini nella ricerca di qualche pezzo di legna o di qualche chilo di carbone per cucinare qualche patata ed evitare il congelamento. Altro che studiare il tedesco!


A Ganz, esuli durante la I guerra mondiale, gli otto fratelli con i genitori.
C'è un tantino di malinconia sui volti, perché c'era l'esilio, la fame, e nella
sua stagione anche tanto freddo.

Con i compagni di scuola, Egidio è l'unico che sorride. Anche se in
tedesco non andava bene (anche perché doveva andare a cercare
legna e patate per la mamma e i fratellini) egli sorride.


Autodifesa eccessiva

Comunque, anche se non sapeva bene il tedesco, Egidio in qualche parte aveva imparato a spedire ceffoni ben diritti e non manco di farlo contro un insolente monello che lo derideva a motivo della sua povertà. In un’altra occasione dimostrò che al posto di Davide avrebbe anche lui atterrato Golia. Infatti non avendo altra arma che un pezzo di polenta, centrò con quella il muso beffardo di un cretino e gli fece capire che era tempo di smetterla con le beffe. Il ceffone fu giustificato anche dal Direttore didattico; mentre il lancio di polenta Egidio lo pagò con l'esclusione dalla colonia montana.
 

Operaio in Arsenale
Il 16 settembre 1918 non era ancora finita la guerra. Egidio aveva 13 anni e 22 giorni. Aveva lasciato la mamma e i fratellini a Graz ed era andato a Pola per cercare lavoro nell`Arsenale e, con l’aiuto del papa e del fratello maggiore, Giovanni, lo trovò ed entrò nell’Arsenale appunto il 16 settembre, a 13 anni! Entrò ne1l’Arsenale come apprendista carpentiere in legno, dopo aver superato la terribile influenza ‘spagnola’ che allora mieteva vittime a non finire. Entrato “apprendista", Egidio fu preso “operaio maestro" Poi dal legno passò al ferro, alla costruzione delle grandi navi, navi da guerra purtroppo!
Finite le estenuanti ore di lavoro, la sera frequenta la scuola di perfezionamento. Con il tedesco si era riconciliato, ancora prima di lasciare Graz e di venire a Pola, Infatti si era iscritto a un Corso complemenlare di lingua tedesca.
Quasi tre anni lavorò nell’Arsenale e cioe esattamente dal 16 settembre 1918 al 12 gennaio 192l. Poi passò alle dipendenze del Cantiere navale Scoglio Olivi, in qualità di tracciatore, al reparto carpentieri, e vi rimase 4 anni e qualche giorno, e precisamente dal 13 gennaio 1921 al 3 febbraio l925. In totale, 6 anni e 4 mesi e mezzo.

 
modello di nave costruita dal servo di Dio Egidio Bullesi

Scuola serale

E la sera sempre a scuola! Nei primi tre anni conseguì la Licenza di perfezionamento per apprendisti; poi seguì la scuola superiore per costruttori e, infine, un corso di letteratura... Piu sai, piu sei!
Prima di raggiungere i 20 anni, aveva alle spalle la vita di profugo, con la fame, il freddo, le beffe; quasi 7 anni di lavoro pesante e 6 anni di scuola serale tecnica e una discreta Cultura.

Apostolo a Pola.
Ma i sette anni del giovanissimo operaio furono splendidi per l’attività apostolica da lui svolta nell`ambiente del lavoro e in città. La fiamma si accese cosi: P. Tito Castagna predicò nel Duomo di Pola come sapeva fare lui, quando sfoderava tutte le sue armi contro il male e contro chi lo diffonde e a favore del bene e di chi lo diffonde e organizza. P. Tito veramente stritolava gli uni e accendeva gli altri. Presto il Duomo fu troppo piccolo.
La famiglia Bullesi stava alquanto lontano e non fu tra le prime a essere coinvolta. La prima persona che prese fuoco fu Maria, sempre piissima, e tirata dalle sue buone amiche. Da Maria il fuoco raggiunse facilmente Egidio, che aveva intima confidenza con la sorella, con la quale aveva anche sofferto di piu durante l’esilio. Loro due scossero tutta la famiglia.


La magnifica famiglia di Pola: Egidio è il più alto di statura ed è accanto alla
amata sorella Maria. Un giorno speciale, la famiglia aveva ottenuto la
consacrazione al Sacro Cuore di Gesù.


Apostolo nelle associazioni

Nel 1920, a 15 anni, Egidio si iscrisse all’Azione Cattolica e al GiTerz’Ordine francescano, assumendo il nome di Ludovico. Deciso di combattere la buona battaglia del Vangelo ovunque e sempre. Ne ebbe infinite occasioni.
Entusiasta, estroverso, convintissimo delle sue idee, parlatore facile, istruito sufficientemente, animato da zelo apostolico di conquista, egli non perdeva una occasione e non perdeva una battaglia.
Conosciuto come franco e tenace giovane cattolico, veniva provocalo frequentemente, qualche volta anche dai credenti, per metterlo alla prova e per ricevere conferma della sua testimonianza. Egli non s'accontentava di non perdere: voleva vincere! E magari, uscendo dal lavoro riattaccava il discorso e legava a sé con eccezionale abilità, cioe con eccezionale carità, chi l'aveva interpellato. Nel Circolo giovanile fu presto elemento di spicco.
A 16 anni, nel 1921, partecipò al raduno nazionale dei Giovani cattolici a Roma (Congresso Nazionale per il 50° della Gioventù Cattolica). E vi partecipò con l’abito di lavoro, perché non ne aveva altri! Ritonò da Roma determinato a conquistare Pola e chissà cosa ancora. No, non era illuso, ma era deciso di lavorare con tutte le sue risorse ed energie nel campo dell’aposlolato. Conosciuti i Giovani Esploratori (Scout), se ne entuslasmò e volle subito formare il suo gruppo a Pola, E lo formò e lo vivacizzò... Ma lo Scoutismo faceva ombra allo squadrismo, cioé ai fascisti, e il Duce nel 1926, quando Egidio era al servizio militare in Marina, pretese e ottenne che fosse sciolta l'organizzazione dei Giovani Esploratori.
Ovunque ci fosse un congresso di giovani dell’Azione cattolica o del Terz’Ordine francescano, Egidio accorreva e portava il suo contributo di entusiasmo e di parola convinta e convincente. Fu ancora lui, Egidio, che creò la sezione Aspiranti dell'Azione cattolica, includendovi per primi suoi fratelli più piccoli e poi altri e altri, i quali gli si attaccavano con fortissimi legami di amicizia e dai quali otteneva risultati sorprendenti. Dunque: lavoro, studio, apostolato, e in tutto impegno fino ai capelli.

“Viva ... l’Italia!”, ma era una ragazza !
Cosi cantò per qualche tempo anche in casa. Ma questa ‘Italia’ era solo una ragazza! Era una brava ragazza, una buona amica di sua sorella. Un certo giorno la presenza di questa ragazza infiammò il cuore di Egidio, mentre quello di lei era già in fiamme ! Egidio sognò certamente un suo domani con questa‘ltalia" Non c’era alcuna fretta, perché erano sui diciassette anni lui e lei.
In casa ci fu qualche allarme. Ma tutto quello che Egidio disse alla ragazza era: prepararsi nella preghiera, nella purezza e nella gioia al domani, che non poteva essere tanto vicino. Vedersi era difficile, parlarsi era anche più difficile, e Maria, la sorella, non voleva portare i saluti avanti e indietro... Un certo giorno, in un momento di stizza, Italia scrisse una letteraccia a Egidio. E tutto fu finito. Ne soffrirono tutti e due, ma specialmente lei che aveva scritto. Tutti i tentativi di riallacciare furono inutili. Egidio aveva detto: “Basta!” e fu basta. Italia si sposò quando Dio volle e con chi volle Dio e fu felice ed é felice con la sua famiglia, e ritiene che sia stata l'intercessione di Egidio a farla incontrare con colui che Dio le aveva destinato.
Il primo fuoco s`era acceso e spento senza nessuna conseguenza dannosa. Fu invece una buona esperienza per Egidio, perché poteva capire meglio quello che succedeva attorno a lui, tra i suoi amici.



Egidio a 22 anni in divisa da marinaio.


Marinaio

Sul libretto di lavoro di Egidio é scritto: “Dal 13 novembre 1921 al 3 febbraio 1925 alle dipendenze del Cantiere navale Scoglio Olivi di Pola, addetto in qualità di tracciatore, al reparto carpentieri. Si licenzia perché chiamato alle armi per obbligo di leva. L’Italia voleva al suo servizio il giovane apostolo. Gli chiedeva 25 mesi! Ma la patria non lo chiamava a fare l'apostolo, mentre era veramente quella la cosa pid urgente. Egidio, vedendo i marinai nella loro bella divisa, credeva che fossero anche anime belle. Pensava che, vivendo sul mare, in perenne pericolo, non si potesse scherzare con l'eternità.
L’impatto fu duro, sulla nave “Dante Alighieri”, alla quale fu destinato, vivevano 1300 giovanotti! E là si trovò pressappoco solo contro mille! Non erano tutti guasti, non erano tutti corrotti, ma non c’era nessun apostolo, nessun coraggioso che apertamente resistesse alla limacciosa corrente della bestemmia, del turpiloquio e della lussuria. Era un pesce sull'acqua!

Apostolo sul mare
Naturalmente quel paese galleggiante di oltre mille persone era organizzato rigidamente e la disciplina esterna doveva filare; ma quella interna, ahimé, non esisteva. Egidio non poteva imporsi in nessuna maniera se non con la bontà, con i suoi esempi, con la sua preghiera e con la conversazione con i singoli. Non poteva predicare alla massa. Poteva solo crearsi degli amici e passare un po’ alla volta dagli amici agli amici degli amici, E cosi fece.
E non bisognava aver fretta! Amare Dio con lutto il cuore, ma proprlo con tutto il cuore, come lo amava Egidio, e vederlo offeso anche dai propri amici, é un’angoscia. Ma pure bisognava fare un passo alla volta e attendere che la semente gettata nel terreno portasse il frutto.
Fatto sta che pian piano riuscì a costituire un suo gruppo che si raccoglieva presso le celle frigorifere, una sorta di club, battezzato “attività serali frigorifere”. Là si leggevano libri buoni, si conversava di argomenti religiosi, si pregava e si studiava come avvicinare gli altri.

Un grosso... pesce
Sulla “Dante” Egidio non ebbe solo gioie, ma ne ebbe anche di grandissime. Certi miracoli della Grazia gli procuravano ore di ineffabile felicita, che egli comunicava anche alla sua famiglia scrivendo lettere commoventi e rassicuranti. Si, era giusto che i suoi sapessero che egli era contento, che era attivo, che era sempre più buono, sempre più puro. Magnifico! P. Egidio Maria Foghin, già missionario tra i lebbrosi del Tibet e missionario in Guatemala, ormai era un giovane smarrito, un marinaio senza fede e senza legge. Egli, conquistato da Egidio, si fece frate, prese il nome del suo Salvatore, e andò a salvare le anime, per continuare la missione dell`amico.

Sfruttare il tempo
Sulla nave Egidio ebbe anche il tempo di esercitarsi nel disegno, di studiare ancora e di ripassare quello che aveva studiato; ebbe tempo, specialmente di notte, di pregare e di sprofondarsi nella contemplazione, preghiera di meraviglia e di stupore, quando si navigava in mare aperto sotto il cielo stellato nel quale poteva leggere l'infinita piccolezza dell’uomo e l’infinita grandezza di Dio... Quando il mare e i venti infuriavano, egli, alto e sicuro, sembrava un albero della nave, mentre altri intimoriti, gli si stringevano attomo, come per cercare in lui protezione e sicurezza. Uno dopo l’altro passarono i 25 mesi, e quando scese fu rimpianto da molti ed egli poté dire che il noviziato in Marina fu il periodo più bello della sua vita.

Cantieri di Monfalcone

A Monfalcone

Congedato il 15 marzo 1927, pensava di poter riprendere il suo lavoro a Scoglio Olivi. Ma si era licenziato! I tempi erano cattivi, come sempre, e il prezioso e abile "tracciatore" non fu riassunto! Delusione grave, molto grave. Egli pensava di riallacciare tutte le lile: tra gli operai, tra i giovani, tra iTerziari, per trascinarsi dietro, ma in alto, una grossa schiera di anime. Invece...ll fratello più anziano lavora a Monfalcone “nella sala-disegno”. Bisogna ricorrere a lui, per lrovare un posto nel Cantiere, Ma questo signiflcava dover lasciare Pola e la famiglia: un grande sacriticio. Fu fatto il grande sacrincio ed Egidio si trovò a Monfalcone con il fratello. Vivevano nella casa di un prete, don Ferdinando Tonzar, attigua alla Marcelliana, parrocchiale e santuario mariano. Fu assunto ed Cantiere, in prova, per tre mesi. La prova andò benissimo e quindi fu assunto definitivamente, con lo stipendio di 800 lire al mese. Fu felicissimo! Quello stipendio gli sembrava un sogno! “Immagina, Guido, venire assunto (casa rara in questi tempi) in un Cantiere come questo che ha già abbastanza impiegati e ricevere uno stipendio di 800 lire al mese. Devo proprio dire che il Signore mi ha aiutato" L’amico al quale scrive é quel Guido convertito che si farà frate e andrà missionario in Cina e poi in
Guatemala. 
A Monfalcone cercò subito le Associazioni cattoliche, per entrare a farvi parte e vivificarle con il suo entusiasmo e la sua intraprendenza. Cercò anche i ragazzi, per associarli, per formare gruppo e quindi per istruire ed educare: “Spero che tra breve possa cambiare vita e, oltre alle 10 ore di lavoro, possa finalmente occuparmi... della sostituzione e formazione di una unione di fanciulli, mio principale e appassionato desiderio. Oh allora sì che sarò felice...
Molto attivo era nella S. Vincenzo: "Al Mercoledì c'è la riunione della Conferenza di S. Vincenzo. Qualche sera vado a far visita a delle famiglie povere... La Domenica poi è tutta consacrata al Signore, con la preghiera, con la visita a qualche povero, con l'educazione spirituale dei fanciulli. Ecco la mia vita. Puoi vedere che è abbastanza bella".


LA PROVA DELLA LUNGA MALATTIA

 Bronchite
Tutto era cominciato splendidamente, con le più rosee speranze. Ma intanto era sopraggiunta una tosse fastidiosa, insistente. Non sembrava un gran che. Poco più di una seccatura. Però spesso si accompagnava con qualche linea di febbre. Con questa indisposizione addosso, per incarico della S. Vincenzo, si prese cura di una famiglia “molto lontana da Panzano, se sai, all'Adria”. In quella famiglia c'erano sette figli. Il più piccolo, di tre anni, nemmeno battezzato. I più grandi (16, 14, 12, 10 ami) non avevano frequentato nessuna scuola, non sapevano né leggere né scrivere, non avevano fatto mai né la confessione ne ricevuto la prima comunione... Il più piccolo fu vestito a nuovo e battezzato. I più grandi, durante le vacanze, furono istruiti dal seminarista Giovanni Diodati; ma, iniziato l'anno scolastico in seminario, l'istruzione fu continuata da Egidio.
L'ultima Domenica di ottobre, festa di Cristo Re, fu scelta come data per la prima comunione. "Alla martina mi alzai alle cinque per recarmi a prenderli affinché non facessero tardi: era una nebbia fitta quella mattina. Tutto riuscì a meraviglia. E' stato ciò che di più bello e commovente si può immaginare".
“Poi vi fu la festa di Cristo Re: anche qui grandi preparativi. Tutto l'insieme, quell 'affaccendarmi quella nebbia della mattina e un poco la fatica, mi esaurirono assai. Il giorno dopo avevo la febbre".
Così, con la salute incerta, tra alti e bassi, con qualche sospensione del lavoro più o meno lunga, lavorò nell'ufficio tecnico navale di Monfalcone dal maggio 1927 (tre mesi in prova) fino a metà marzo 1928.

Tubercolosi
Il 19 marzo 1928 è a casa sua a Pola, mzilzito, a letto con la febbre non tanto alta, ma che si aggirava sui 38 gradi. “Il medico in questi gioni chiederà a Monfalcone una proroga, che, io credo, sara di oltre 6 settimane. Perciò, caro Guido, dobbiamo rassegnarci a un più lunghi periodi di lontananza...”. Passano i giorni, le settimane, i mesi. Pur obbedendo con grande sacrificio e rassegnazione ai medici e restando in riposo assolulo, non si notava nessun miglioramento. Egidio si accorge pure che gli altri ne sanno più di lui della sua malattia, che qualche cosa non gli viene detta,che ci sono dei segreti. Crescono allora le apprensioni, ma cresce subito anche la rassegnazione e la serena accettazione della volontà di Dio. Oltre alla malattia, ecco altri nemici: le zanzare, il caldo, il chiasso dei fratelli (i due seminaristi venuti in vacanze) e dei loro amici. Molti amici e sacerdoti vengono a fargli visita. Graditissimi. Egli parla a stento, affaticato. Ma dice parole che valgono più di intere prediche per chi le sente immediatamente e per coloro ai quali vengono riferite. Capitò a Pola anche P. Tito Castagna, perché a Pola e a Siana c’erano i frati e lui era Superiore Provinciale, e perché a Siana c’era Antonio Nardini, ammirabile operaio e terziario francescano e a casa Bullessich c`era Egidio. A dare una mano alla mamma e a Maria, era stata accolta in casa anche Eufemia Skrl.
Un giomo Eufemia, seherzando, disse:
- Tu, Egidio, sei Santo e buono. Andrai direttamente in Paradiso. Verrai a prendermi?
- Bene. D’accordo, Se muoio prima io, verrò a prenderli. Se muori prima tu, vieni tu a prendere me.
- D`accordo!
E lei nel cuor suo compassionava il povero giovane che sarebbe morto ben presto ... Ma lei, Eufemia, mori prima di lui!


In ospedale
Dopo cinque mesi di cure in casa, il prof Sbisé lo volle in ospedale unica ed esigua speranza consisteva in una cura energica, secondo le possibilità di allora (la penicillina non era ancora stata scoperta). Entrò in ospedale il 29 agosto, ll fratello Giovanni accorse da Monfalcone. Appena accanto a lui, chiese seriamente:
- Senti Egidio, che faresti se ora venisse un angelo a dire che fra cinque minuti verrà a prenderti?
- Che farei? Niente! Starei qui ad attenderlo!
I primi giorni di ospedale furono fruttuosi e rinacquero mille speranze: qualcuna in lui, moltissime negli altri.
“Sono contentissimo di vivere, se Dio vuole. Ma se si deve scegliere, preferirei andare in cielo!... Lasciamo in pace il Signore! Lasciamo che faccia lui!”.
Si preparava un pellegrinaggio a Lourdes. Doveva parteciparvi anche Egidio. Un giovane di tanta fede avrebbe strappato un miracolo clamoroso!
- Che farai a Lourdes? Cosa dirai alla Madonna?
- Piangerò, solo piangerò!
- Perché?
- Sai, Maria, quando un bimbo piange, lo fa per essere ascoltato. Quando domanda cose che non gli fanno bene, la mamma lo picchia. Cosi io piangerò e la Madonna o mi esaudira o mi darà la grazia di chiedere ciò che e bene per me.
Ancora buone speranze. A Natale poté anche uscire e andare a casa. Ma ci ando solo dopo d’aver fatto un gran bene in ospedale, dopo l’aver infuse coraggio e rassegnazione in tutta la camerata, dopo d`aver ottenuto che tutti si confessassero e comunicassero e che le due piccine, Anita e Maria, avessero un alberino di Natale e qualche regaluccio e che tutti avessero le ‘frittole’ di sua mamma.

Una promessa a P. Tito
Poi di nuovo allospedale... Poi ancora qualche ora fuori... Poi venne P. Tito Castagna e gli disse:
- Egidio, sii felice!
- Padre, lo sono sempre. Se vivo, Gesù è la mia fe licità. Se muoio, vado a godere il mio Gesù. Dunque...
- Egidio, forse il Signore non ti ha destinato a formare una famiglia, ma ti chiama a salvare tante anime. Forse ti vorrebbe missionario... Forse in Cina!
- Magari!
- Ebbene, perché non fai voto a S. Francesco che, se guarirai, ti farai francescano e missionario?
- Padre, lo farò senz'altro e poi faccia il Signore!
P. Tito lo lasciò perché troppi erano i suoi impegni come Superiore, convinto che non l'avrebbe visto mai più. Ma poco dopo venne Guido Foghin, il convertito della “Dante Alighieri”. Si fermò qualche giomo a Pola e, quando gli sembrò che Egidio stesse per partire, pensò:
- Egidio, se tu muori, ti prometto che adempirò io la tua promessa. Prenderò il tuo posto, mi farò francescano io e andrò in missione.
- Ti aiuterò dal cielo! - pensò Egidio, commosso dalla sua amicizia
- Si intesero i due cuori.
Poi P. Peruffo, gesuita, gli chiese i suoi sacrifici perché andasse bene la missione popolare a Muggia... Anche i medici che avevano limitato la Comunione due volte la settimana, visto che la Comunione lo sollevava più delle medicine, permisero la Comunione quotidiana e poi.. lo mandarono all'8va divisione dell'ospedale e così, senza parole, gli dicevano che essi avevano fatto tutto quello che sapevano fare...
La sera del 24 aprile il papà si ferma a lungo con Egidio e quando ritoma, tardi, assicura la famiglia che Egidio sta benino. Tutti vanno a riposare. Alle 4.30 del mattino qualcuno bussa alla finestra. La mamma, sempre prima, fu la prima; ma la suora, appena ebbe detto che Egidio stava male, era ripartita quasi di corsa, senza che nemmeno Maria, che subito aveva aperto la finestra, potesse sentire una parola di più.

L'ultima ora
Entrano papà, mamma e sorella.
S'accosta il papà. Egidio riesce ad abbracciargli il collo e si baciano; poi la mamma, e le dice Egidio:
- Mamna, coraggio! Non piangere! Dite piuttosto con me: sia fatta la volontà di Dio!
- Si, figlio mio! Tu lo sai che vi ho consacrati tutti al Signore.
- Brava mamma! Grazie! Che sia ritornato D. Antonio (Santin)?
Il papà corre a cercarlo. Ma intanto arriva il cappellano per amministrargli i santi Sacramenti. Riceve la santa Unzione degli infermi. Riceve la santa Comunione, fu l'ultima, fu l'ultima e la più meritoria, fa il suo ringraziamento: “Buon Gesù, quanto tiamo. Ti ho sempre amato. Quanto sono contento di
morire, per venire con te in Paradiso... Forse oggi stesso, mentre ti ho nel cuore... Che fortuna... Così presto... Quanto sono contento.. Quale grazia! Non ho meritato tanto. Non ne sono degno, Gesù...”.
Poi cominciò: “O mio amato e buon Gesù....”. Ma con gli occhi cerca aiuto e Maria procede:
- Non desidero altro fuori di te.
- Non... desidero... altro... che te.
Maria: Mi dono tutto a te.
Egidio: - Mi dono tutto a te.
Maria: - Fa' quello che vuoi.
Egidio la interrompe, ripete più forte: - Fa' tu quello che...
Maria: - Quello che vuoi...
Egidio non riesce a ripetere tutto, ma pronuncia solo un si.
La mamma inizia le preghiere degli agonizzanti
Egidio ripete: “Amen!”.
- Maria, Maria...
- Che vuoi, caro?
- Siedi là...
Le cascano le lagrime e lui:
- Maria, che bello soffrire... è così bello!
- Mamma, che sia arrivato D. Antonio? Grazie d
quanto fate per me...
Fu l'ultimo “grazie”.
Ci sono passi in corridoio. Mise la testa dentro la porta il P. Cappellano.
- Padre, - sospirò Egidio, ma non fu sentito.
- Padre,  - fece di nuovo.
La mamma si piego per sentire cosa volesse.
Il Padre s'accostò:
- Cosa vuoi, caro?
- Desidero di essere rivestito dell'abito francescano quando sarò morto.
- Senza dubbio, Egidio!
L'ultimo desiderio: rivedere i fratellini. Maria corre a chiamarli. Arrivano Giuseppe e Antonio:
- Cari... cari.. siate buoni! - Un saluto con la mano e ricadde sui cuscini.
Arrivò il sacerdote e gli diede la benedizione papale con l'indulgenza plenaria.
Quando il sacerdote pronunciò l'ultima parola Egidio... partì. Erano le 5.30 del 25 aprile 1929. Aveva 23 anni, 8 mesi e un giomo (8.662 giorni!).
Chiunque vorrà pronunciare un sereno giudizio di questo giovane, dovrà esprimerlo con una sola parola: un santo!


Servo di Dio Egidio Bullesi sul letto di morte.
Volle esser sepolto con l'abito francescano

La famiglia annunciò il decesso con un piccolo manifesto:
«Ieri alle 5.30 ant. felice di raggiungere il suo diletto Gesù, volava al cielo l'eletto apostolo di Cristo

BULLESSICH EGIDIO
tecnico navale - d'anni 24

Il papà Francesco, disegnatore tecnico della R. Marina, la mamma Maria, nata Diritti ed i fratelli Giovanni, Maria, Lino, Eugenio, Antonio, Oliviero e Giuseppe, rassegnati alla volontà del Signore, nonché gli zii e i cugini danno l'annuncio a tutti i parenti, amici e conoscenti.
I funerali seguiranno Venerdì 26 corr. alle 17 partendo dalla Via Sissano n. 59.
Pola, 26 aprile 1929 - Anno VII››

I funerali furono imponenti e commoventi. Don Santin parlò e gli diede l'ultimo addio: “Per amore di Dio visse, per amore di Dio morì... Non piangiamo... Nella sua persona Gesù è passato un 'altra volta sulla terra facendo del bene".
 

Nota sulla famiglia
Pochi anni dopo la morte di Egidio, suo fratello Giovanni lasciò il suo redditizio lavoro a Monfalcone. Fece gli studi teologia e nel 1937 fu consacrato sacerdote. Fu con Mons. Santin prima a Fiume e poi a Trieste. Morì nel 1980.
I due fratelli che, vivente Egidio, erano in seminario a Capodistria, arrivarono tutti e due al sacerdozio e durante l'esodo dei Giuliano-dalmati nel 1948 vennero di qua del confine e furono accolti nella diocesi di Concordia-Pordenone.
La sorella Maria, tanto vicina a Egidio per l'impegno nella vita spirituale, la sua più intima confidente, continuò lavorare con la mamma. Poi fu necessaria al fratello Oliviero diventato parroco di S. Lorenzo al Pasenatico. Morì santamente a Parenzo nel 1948, anche lei ancora giovane.
Il papà visse serenamente fino agli 87 anni, decorato dei titoli di Cavaliere di S. Silvestro “pro Pontefice et Ecclesia per la sua molteplice attività in parrocchia, e di Cavaliere del Lavoro. Morì nel 1962.
La mamma raggiunse pure la bella età di 82 anni, nonostante il peso dei molti figli. Anche lei, sempre serena e forte morì nel 1962.




Alcuni pensieri di Egidio

Ad Amadeo Talatin, amico malato: “Si, vorrei ridonarti una rigogliosa salute, anche privandomi
della mia...”

“Il mio tempo è scarso, perchè tutte le ore libere dal servizio, sono con loro” cioè con gli amici.

Gli furono rubati tutti i suoi poveiissimi risparmi: "Beh, son stà quasi contento e ghe go offerto
al Signor il sacrificio”.

Ricordava di essere terziario francescano.
“Sento che è necessario infiammar i giovani e avviarli all'apostolato”.

“Sono contento e felice, perché ho l'animo tranquillo e la coscienza netta e pura, perché amo Dio”.

“Vorrei correre... ovunque c'è bisogno di un pezzo di pane, d'una maglietta, di una buona parola”.

Tra i dolori della malattia, da vero figlio di S. Francesco. “Che bel soffrir! Tanto bel!”.

Dopo il viatico disse al padre francescano: “Dopo la morte desidero essere vestito dell'abito
francescano”. (Come terziario ne aveva diritto e fu esaudito).



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