giovedì 14 maggio 2020

TERESA MANGANIELLO L'ANALFABETA SAPIENTE DI MONTEFUSCO


vedi anche
LA SCHEDA DEL GIORNO
DELLA FESTA LITURGICA DI S. TERESA


Teresa Manganiello, giovane irpina “analfabeta” nelle lettere, ma ricolma della sapienza di Dio, in ventisette anni di vita seppe raggiungere vette altissime di eroicità nella carità e nell'abnegazione di sé.
Fu un modello di vita laicale; da terziaria francescana fu anche ispiratrice determinante nella fondazione di una nuova Congregazione religiosa, le Suore Francescane Immacolatine.

Una giovinezza di luce, una santità eroica nella quotidianità della vita, profuse tesori immensi racchiusi nella semplicità e nel nascondimento, senza rumori e senza spettacoli.








FANCIULLEZZA E ADOLESCENZA

Teresa, nacque il 1° gennaio 1849 a Montefusco, antica “città regia” del Principato Ultra, oggi Provincia di Avellino. Undicesima di dodici figli fu battezzata subito, il giorno dopo la nascita, nella Chiesa palatina di San Giovanni del Vaglio.
I suoi genitori, Romualdo Manganiello e Rosaria Lepore erano “onesti contadini”, pieni di fede e di
profonda pietà cristiana. La sua fanciullezza fu come il fiore del campo che si alimenta di innocenza e di grazia. Certo non ebbe agi e comodità nella casa colonica in mezzo a preoccupazioni e occupazioni di ogni giorno; aiutava la numerosa famiglia sempre con dedizione e generosità, sia nei lavori domestici che in quelli dei campi.

Casa natale della Beata Teresa Manganiello in Montefusco (AV)
I biografi informano che “bella di aspetto, sorridente e affabile con tutti, parlava e agiva con soavità e mitezza”. Priva di ogni malizia, in continua unione con Dio, fin da giovinetta non si disperdeva in discorsi vani o peccaminosi; invitava dolcemente anche le sue compagne a coltivare purezza e amore verso Dio e verso i fratelli. I bambini erano i suoi prediletti, dei quali si prendeva cura come una madre premurosa. A chi le chiedeva come facesse a tenere docili tra faccende e difficoltà i vivaci nipotini, rispondeva: “Me li quieta la Madonna”. Amava tutti in Dio, ma soprattutto i poveri, i malati di ogni specie di cui non temeva i contagi; gli sventurati, i carcerati, gli orfani, le strappavano lacrime di sofferenza e li ricordava sovente nella preghiera.
Per Teresa i bisognosi, i sofferenti, erano immagini di Dio e personificazioni di Gesù, per cui amava soccorrerli tutti. Particolare attenzione aveva per i malati. Per essi aveva “creato” nella sua casa la “farmacia”, con medicinali ricavati dalle erbe che lei stessa coltivava.
La “Farmacia” di Teresa non conosceva turni o chiusura, era sempre aperta, luogo dove Teresa viveva nell'abbraccio giubilante con la povertà, si sentiva in comunione autentica con chi soffre e fra le varie faccende, svolgeva anche quella di infermiera: leniva il dolore, lavava con acqua tiepida le lesioni, con delicatezza le medicava con una pozione particolare preparata da lei stessa; curava micosi, scabbia, eczemi, malattie come le tigne, che figuravano nell'800 tra “quelle più sordide della specie umana”. Affidarsi alle cure di Teresa significava non cadere in balia del cieco empirismo dei medicastri del tempo. No nostante la sua giovane età, ella metteva a repentaglio la sua reputazione
e si esponeva al continuo rischio di contrarre le affezioni della pelle di cui erano portatori i poveri infermi che medicava ed assisteva.
Teresa aveva un modo tutto suo, pieno di umanità, per assistere gli infermi. Non solo li accoglieva nella sua casa, ma li cercava, sapeva dove essi si trovavano e andava da loro per dispiegare la sua azione curativa e caritativa. Meraviglioso anticipo del “Volontariato” dei nostri giorni!
Aveva un particolare riguardo per i sacerdoti. In ognuno di essi vedeva e rispettava il Sommo Sacerdote Gesù. Per essi, come del resto per tutti i fratelli in Cristo, offriva tutto quello che poteva: riparazione, penitenza, testimonianza e, se necessario, ammoniva con coraggio e fermezza.

Padre Lodovico Acernese. capp. (1835-1916)
SULLE ORME DI S. FRANCESCO
Nella primavera del l869, il Superiore del Convento dei Cappuccini di Montefusco, P. Lodovico Acernese, uomo schietto e umile, pieno di carità, di grande ingegno e di pietà serafica, ma anche ben determinato nelle sue azioni, impiantò il Terz'Ordine di San Francesco chiamando uomini e donne di ogni ceto ad unirsi sotto il vessillo del Poverello di Assisi. Con la santità di vita cercava di risanare le
piaghe doloranti del tempo, convinto che per una società nuova occorresse ritornare agli ideali evangelici sia nella famiglia che nella scuola.
Teresa, ventenne, attratta dalla luce che scaturiva dalla Parola di Dio, che ascoltava durante gli incontri catechetici e le conferenze tenute dal P. Lodovico, divenuto suo direttore spirituale, avvertì con impeto la vocazione francescana fino ad esclamare: “Che tesoro, che tesoro ho trovatol”.
Il 15 maggio del 1870 la giovane Teresa divenne novizia nel Terz'Ordine Francescano col nome di Sorella Maria Luisa. “Fu volere di Dio che così si chiamasse, perché dovea ammirarsi davvero quale redivivo S. Luigi Gonzaga, per la straordinaria innocenza, semplicità e purezza, e per l'eroica penitenza". Per meglio crescere in virtù ed arrivare più agevolmente alla perfezione, fece insieme voto di castità e di verginità.
L'adesione di Teresa al Terz'Ordine della Penitenza fu una scelta radicale e profonda, un'offerta di tutta se stessa al Signore. In tale occasione disse alla mamma: “Questo è il più bel giorno della mia vita. D'ora in poi mi vedrai sempre allegra e contenta; farò tutto ciò che mi tocca di fare; anzi lo
eseguirò al più presto e meglio. Sai che ora devo volere più bene a Gesù. Debbo anche farmi più buona”. E da allora fu come una scalata senza soste verso le vette dell'amore. Ogni giorno una conquista, mai una stasi. Non bastava aver avuto in dono l'innocenza, la modestia, la mitezza. Bisognava custodirle, giorno per giorno, proteggerle, incrementarle e fortificarle. Tra i suoi propositi, infatti, leggiamo: “Oggi debbo, con 1'aiuto di Dio e di Mamma Immacolata, fare più di ieri per il mio Gesù".

Suore Francescane Immacolatine durante la recita del rosario
AMORE FILIALE ALLA “MAMMA IMMACOLATA”
Teresa amava chiamare, “Mamma sua” la Vergine Santissima, da cui, diceva di aver sempre ottenuto le grazie più singolari. La invocava con i dolci nomi di “Mamma mia”, “Mamma cara”, “Mamma bella”, “Mamma Immacolata”. Si sentiva veramente “figlia” della Madonna!
Come prova della sua singolare devozione alla Vergine Immacolata, “... giovinetta, sui venti anni, nell'aprile della vita, quando la fresca ragione conosce, palpita, ondeggia, Teresa recise la lunga e folta sua chioma olivastra e ne fece un presente alla Madonna...”.
La vita della giovane terziaria era pervasa di preghiera mariana così intensa, che potrebbe sembrare incredibile se si considera che lei era impegnata in faccende domestiche dalla mattina alla sera.
Il S. Rosario riempiva tutta la sua giornata. Teresa, semplice contadina diventa maestra di vita per l'uomo del Terzo Millennio. Ella concluse l'esistenza terrena ripetendo la bella invocazione: “Oh! la mia cara Mamma! Solo in vostra compagnia sarò degna di presentarmi al Figlio vostro, allo Sposo mio bello, Gesù!...”.

Convento S. Egidio dei Padri Cappuccini - Montefusco (AV)
dove la Beata Teresa alimentava la sua fede
MISSIONARIA NELLE SUE CONTRADE
Alla scuola di Francesco d'Assisi Teresa comprese il valore della povertà, che rende libero il cuore da ogni attaccamento terreno e permea di letizia divina ogni azione, nella ferma convinzione che ogni cosa viene dalla paterna volontà di Dio per il nostro bene. Per questa sua capacità di diffondere serenità e concordia, Teresa fu chiamata dai suoi contemporanei “Angelo di pace”.
Vera “Missionaria nelle sue contrade”, passava rimettendo pace e concordia nelle famiglie; annunciava il Vangelo con la parola e la vita, leniva le sofferenze fisiche e morali, condannava i vizi e incoraggiava le virtù.
Teresa iniziava la sua giornata di buon mattino, “era mattiniera”, informano le fonti biografiche. Presto raggiungeva a piedi la suggestiva chiesetta di Sant'Egidio, dei Frati Cappuccini, per immergersi in lunghi, profondi colloqui con lo Sposo divino, i quali terminavano con la partecipazione all'Eucaristia e, spesso, al sacramento della Riconciliazione. Il Signore si degnava di intrattenersi con quest'anima ardente e generosa che corrispondeva fedelmente alle grazie ricevute. La gente, nel vederla sprofondata nella preghiera, esclamava commossa: “Sembra un serafino di fuoco... Beata lei”.
La vita di Teresa era una predica silenziosa, ma efficace. Molti furono richiamati, solo dal suo umile esempio, ad una vita più coerente; tanti si fecero come lei terziari francescani.
Certamente fu un atto prodigioso quella scomparsa delle piaghe che Teresa aveva sul corpo a causa del cilicio e della disciplina con cui era solita infliggersi quando, dovendo essere sottoposta ad una visita medica, non voleva che esse fossero scoperte.
Ci furono, inoltre, due fatti strepitosi di conversione: una ragazza traviata alquanto nota del paese, ritorna sulla retta via dopo l'incontro con Teresa e un sacerdote sospeso da dodici anni dalla Messa per reati politici, attestò pubblicamente di essersi ravveduto per la sola vista “dell'angelica penitente Teresa”.
Per eliminare dalla sua vita il chiasso inutile, che disperde i valori dello spirito, e per mantenere sempre il raccoglimento interiore, fece il voto del silenzio: mai una parola inutile, mai un discorso leggero, oppure ozioso. Mente, cuore e labbra sempre rivolti alle cose celesti.

Strumenti di penitenza della
Beata Teresa Manganiello

PREGHIERA E PENITENZA

Un “olocausto d'amore”, non potrebbe meglio dí così intendersi la vita di Teresa: “Oh! lo sento di amare potentemente! Sì, io amo! Ma l'Essere che forma l'oggetto del mio amore brama e vuole il sacrificio della mente, del cuore, di tutte le mie forze”. Teresa, spinta da un ardente carità per Dio e per il prossimo, si sentiva chiamata ad un alto e difficile apostolato: la riparazione.
 Ella aveva compreso che occorre pregare ed espiare per il male che si commette nel mondo e, così, anticipava la risposta alla richiesta della Madonna di Fatima ai tre pastorelli. “Molti vanno all'inferno perché non c'è chi preghi e si sacrifichi per loro. Volete offrirvi voi?”. Teresa si era offerta per la conversione dei peccatori e sempre aveva sulle labbra la sua giaculatoria preferita: “Misericordia, Signore, misericordia dei peccatori”.
ll Signore, che si compiace di scegliere i piccoli e i deboli, come agnelli candidi immacolati per il bene dei fratelli, fece sentire questo invito anche all'innocente ragazza irpina, che rispose con pronta generosità votandosi ad una vita di mortificazione e penitenza inaudite, rimaste nascoste fino al giorno della sua morte perfino ai familiari. Questo a sigillo della sua sincerità ed umiltà. Unico testimone il direttore spirituale, P. Lodovico Acernese, che seppe scoprire e dirigere questa particolare azione dello Spirito Santo in un'anima tanto bella e la guidò per le vie del Signore con sapienza e prudenza.
Oggi si possono ammirare - esposti nel “Memoriale Teresa Manganiello” - allestito nella Casa Madre delle Suore Francescane Immacolatine in Pietradefusi (AV) - gli strumenti del suo volontario supplizio, diurno e notturno, compiuto nel silenzio, nella letizia, nell'ansia apostolica di convertire i peccatori e salvare le anime.

Crocifisso che la tradizione vuole
della  scuola di S. Alfonso De Liguori
conservato nella cappella della Curia Generale
a Pietradefusi (AV)
AMARE I NEMICI...
Non bisogna credere, però, che tutto sia facile per una creatura amata da Dio. Rispondere alla chiamata del Signore richiede dominio, sacrificio continuo perché tutto sia sempre degno della Sua presenza santificatrice. La natura alle volte rende forti le esigenze e le debolezze in quelli che amano Gesù; allora le tentazioni sono più allarmanti e pericolose. Ecco la semplice preghiera con la quale Teresa si difendeva dalle tentazioni e dalle insinuazioni del male: “Mamma bella, fate che non entri in me quello che Gesù non vuole".

Non esiste santità senza prove convincenti: calunnie, maldicenze, pettegolezzi e ingiurie non furono risparmiate alla giovane Teresa, che tutto accettava: “Se l'anima mia è pura di tali macchie, non è una grazia del Signore?”.
Anzi umiliazioni e contumelie furono accolte da lei come una grazia e come una benevolenza divina, sempre perdonando e pregando per i suoi denigratori, tanto da rispondere a chi gliene parlava: “Preghiamo, preghiamo per i nostri nemici. Non dubitatene, siatene certi, la nostra fermezza nei doveri, sarà per loro un mezzo di ravvedimento”.

LA “GRAZIA” DI SOFFRIRE PER GESU'
Teresa dimostrò una sapienza superiore alla sua età e condizioni, tanto da stupire ecclesiastici e letterati, che spesso venivano a visitarla. Il suo zelo e la sua santa vita fecero presagire al P. Acernese la fondazione di una famiglia religiosa femminile, che avesse come carisma la fisionomia spirituale di Teresa: la riparazione, lo spirito francescano, la devozione alla Madonna Immacolata e, come apostolato, 1'educazione e la formazione dei fanciulli, specialmente delle giovani.

Teresa incontra Papa Pio IX
olio su tela di A. Melillo, 2001
Si fecero progetti, preparativi. Teresa si recò personalmente a Roma con una famiglia nobile di Benevento per chiedere al Santo Padre, Pio IX, la benedizione per la nascente Congregazione. Fu ricevuta in “udienza privata” dal Sommo Pontefice, il quale benedisse e incoraggiò il progetto fondazionale.
Ma, quando ormai si avvicinava il momento della fondazione, il Signore chiamò a Sé 1'umile fiore della terra irpina. Un violento sbocco di sangue rivelò il male allora inesorabile della tisi che, in meno di due anni, stroncò la florida vita della “Prima Terziaria di Montefusco”.
Dal letto del dolore Teresa diede gli estremi insegnamenti col sangue, con le parole e con l'eroico sorriso. A chi si meravigliava di tanta rassegnazione diceva: “Il Signore mi ha fatto la grazia di patire per Lui ed io debbo lamentarmi? Egli sa già l'aiuto che mi occorre!”.
Sembrava che un solo desiderio la guidasse: vedere il suo Sposo, unirsi a Lui in un eterno abbraccio: “Non così lieto riceve l'annunzio di rivedere i patrii lidi l'esule derelitto; né quello di abbandonare 1'orrido carcere il povero prigioniero; non esulta così la giovane sposa a nozze condotta, come Teresa quando sa di dover morire. Benedetta! Fra i trasporti più fervidi di amore, Teresa, dopo aver chiesto perdono e benedizione a tutti della famiglia, negli amplessi del suo Gesù, dipartivasi, letiziando, da questa valle di lagrime, e quale candida nube si eleva per le regioni superne a vivere in seno a Dio una sempiterna pace: premio alle sue sublimi virtù ed al suo sovrano amore”.
Era il 4 novembre 1876. Teresa aveva 27 anni e fu proclamata “Beata da tutto un popolo”.

DALLA MORTE ALLA GLORIA
Dopo la sua morte si verificarono fatti alquanto prodigiosi, tra cui, una ragazza che era stata sempre scortese nei suoi riguardi, caduta gravemente ammalata, dopo aver invocato il suo aiuto, ottenne improvvisamente e inaspettatamente la guarigione; la sua cognata, Maria Villano, che le era stata avversa per le sue pratiche religiose, si fece terziaria francescana, “diventandone quasi perfetta imitatrice”.
Nel 1881, grazie all'opera instancabile del P. Lodovico Acernese, il seme gettato da Teresa germoglio dando vita alla Congregazione delle Suore Francescane Immacolatine che riconoscono in lei la “madre spirituale” e la “pietra angolare” dell'Istituto. Oggi la Congregazione è presente in Europa, in America, in Asia e in Australia per diffondere ovunque il messaggio avvincente del Vangelo, eroicamente vissuto dalla giovane irpina: amore e sacrificio, letizia e povertà, preghiera e apostolato, tutto per Dio e per i fratelli.
Teresa Manganiello ha saputo vivere nel senso più pieno e più bello la sua giovinezza e addita ai giovani le vette che rendono grande e danno valore alla vita, ha saputo vivere la logica del1'amore nei confronti di Dio e dei fratelli nella concretezza della vita quotidiana. Teresa ha compreso una cosa che invece il mondo non riesce a cogliere, cioè, che Dio è l'unico valore degno veramente di amore. Dio dev'essere amato, come preciso e fondamentale dovere divìta, con tutte le forze e con tutta l'anima.

Testo tratto dal libretto edito in occasione della beatificazione, stampato in Roma, nell'anno 2010


PER APPROFONDIRE

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