4 novembre /15 maggio
B. TERESA MANGANIELLO
Terziaria francescana
ispiratrice delle Suore Francescane Immacolatine
Montefusco, Avellino, 1 gennaio 1849 - 4 novembre 1876
Teresa Manganiello, nativa di Montefusco, in provincia di Avellino e diocesi di Benevento, ancora adolescente manifestò il desiderio di consacrare la sua vita al Signore. La possibilità di concretizzare quella scelta le si manifestò all’arrivo del nuovo Padre guardiano del convento di Sant’Egidio a Montefusco, padre Lodovico da Pietradefusi (al secolo Antonio Acernese; per lui è in corso la causa di beatificazione), che scelse come direttore spirituale. Iscritta – la prima del suo paese – al Terz’Ordine Francescano, dedicò la sua breve esistenza alla preghiera, alla penitenza e all’aiuto per i bisognosi. Morì di tubercolosi il 4 novembre 1876, a 27 anni. È stata beatificata a Benevento sotto il pontificato di papa Benedetto XVI il 22 maggio 2010.
La sua memoria liturgica, per le Suore Francescane Immacolatine e per la diocesi di Benevento, cade il 15 maggio, nell’anniversario della sua iscrizione al Terz’Ordine Francescano.
SU "CALENDARIO FRANCESCANO SECOLARE SI CONSIGLIA ANCHE:
TERESA MANGANIELLO, UNA GIOVINEZZA DI LUCE
ABBANDONATA ALLA VOLONTÀ DI DIO
Teresa
Manganiello, ispiratrice delle Suore Francescarie Immacolatine Teresa
Manghianello è una delle figure preminenti della Chiesa campana del
secolo scorso.
Nata a Montefusco (Avellino) l'l gennaio 1849, battezzata il giorno dopo, fu chiamata Teresa. Vicino alla sua casa paterna sorgeva un convento di cappuccini. Teresa ne divenne assidua frequentatrice. Per direttore spirituale scelse il p. Ludovico Acernese, apostolo del Terz'Ordine Francescano. Il 15 maggio 1870 chiese ed ottenne di farne parte. Fece la professione il 15 maggio 1871. L'orizzonte della sua fede e della sua vocazione diveniva sempre più luminosa. La consacrazione la induceva a scegliere definitivamente una forma di vita basata sulla radicalità evangelica.
Nata a Montefusco (Avellino) l'l gennaio 1849, battezzata il giorno dopo, fu chiamata Teresa. Vicino alla sua casa paterna sorgeva un convento di cappuccini. Teresa ne divenne assidua frequentatrice. Per direttore spirituale scelse il p. Ludovico Acernese, apostolo del Terz'Ordine Francescano. Il 15 maggio 1870 chiese ed ottenne di farne parte. Fece la professione il 15 maggio 1871. L'orizzonte della sua fede e della sua vocazione diveniva sempre più luminosa. La consacrazione la induceva a scegliere definitivamente una forma di vita basata sulla radicalità evangelica.
Si
ritirò come conversa tra le monache Visitandine, poi come laica tra le
suore bigie Elisabettine di p. Ludovico da Casoria. ll disegno però
s'interruppe: la sorella minore chiese a Teresa di restare a casa e di
consentire a lei di consacrarsi a Dio in un istituto religioso. Teresa
comprese che questa era la volontà di Dio. Tornò in famiglia e si
assunse la responsabilità del servizio e dell'assistenza. ll
trasferimento non la distolse dal suo proposito di perfezione. La
preghiera, la penitenza, il rinnegamento di sè, il candore e la
rettitudine, lo spirito eroico - scrive in una documentata e agile
biografia P. A. Di Monda - sono i fiori che profumano il suo giardino.
Nel
1876 fu assalita da un'artrite che la costrinse a letto per diversi
mesi. Nel luglio l876 fu improvvisamente colpita da un violento sbocco
di sangue.
Colpita
da grave male si offrì al Signore in piena dedizione. Solo per
obbedienza si sottopose alle cure mediche. ll 4 ottobre fu assalita da
una grave crisi da temere per la sua vita. Il 3 novembre 1876 volò al
cielo. Nel culmine della sofferenza aveva dichiarato che si sta su
questa terra per prepararsi a «ben morire». Come ella aveva fatto.
Non
è stata una giovane comune. Le sue virtù e la sua santità sbocciarono
con gli anni. Laa sua giornata "era piena del pensiero di Dio». La
mattina era sempre fedele alla celebrazione eucaristica. Durante il
giorno, pur nelle faccende domestiche, non distoglieva mai il pensiero
da Dio, al quale donava tutta se stessa e il suo lavoro. La sera era
sola in cucina a fare le sue devozioni.
«Dio
lo trovava ovunque - scrive Di Monda - con un senso di fede vivissima.
Sembrava proprio a volte, che lo toccasse, lo sentisse “materialmente”!
Lo trovava e lo amava nei suoi santi: nella Madonna Immacolata, nel suo
Angelo custode, per il quale aveva grandissimo rispetto, timore santo e
devozione in San Michele Arcangelo, in San Giuseppe, in San Francesco».
Centro
della sua devozione era però Cristo, soprattutto nel sacramento
dell'altare. Per Gesù sacramentato, in preparazione e in ringraziamento
alla comunione dettò preghiere infuocate e piene di sentimenti. Si fece
apostola dell'Eucaristia tra i fedeli. Alle consorelle e ai confratelli
del Terz'Ordine Francescano
offriva la testimonianza della sua vita evangelica incentrata sulla
carità e nobilitata dalla purezza. Tra le sue pratiche di pietà la
recita del Rosario e la Via crucis.
La carità e lo zelo
missionario la spingevano all'apostolato mediante la preghiera e il
dialogo. Soleva ripetere "Preghiamo, preghiamo per i nostri nemici. ll
nostro perseverare nel bene, la nostra fedeltà al dovere sarà, senza
dubbio, per loro, ottimo mezzo di ravvedimento". Una giaculatoria che
ripeteva spesso era: "Signore, Signore, misericordia per i peccatori".
Accompagnava la supplica con severe discipline.
Servo di Dio P. Lodovico Acernese fondatore delle Suore Francescane Immacolatine |
Un carisma ispirazionale evangelico ed ecclesiale che esalta Teresa Manganiello oltre il suo tempo.
«Senza
alcun dubbio - scrive l”Arcivescovo di Benevento, Carlo Minchiatti -
ella va oltre il suo secolo come generosa e autentica testimonianza
degli ideali evangelici vissuti e sofferti con costante sottomissione
alla volontà di Dio››.
Gino Concetti
Aneddoti
- Crea nella sua casa una “farmacia”, con medicinali ricavati dalle erbe che lei stessa coltiva. E' una ”farmacia” che non conosce turni o chiusura, é sempre aperta. Curando i poveri non ha paura di mettere a repentaglio la sua reputazione e di esporsi al continuo rischio di contrarre le affezioni della pelle di cui sono portatori i poveri infermi che medica e assiste.
- In occasione di una visita medica scompaiono prodigiosamente dal corpo di Teresa le lesioni provocate dal cilicio e dalle discipline che e solita infliggersi e che non vuole vengano scoperte.
Spiritualità
Preghiera continua e dure mortificazioni per riparare gli scandali questi i due cardini della sua spiritualità. Attrae tutti con la sua bontà e con il suo incantevole sorriso. Fa anche il voto del silenzio: evitare ogni parola inutile, discorsi leggeri oppure oziosi.
Preghiera continua e dure mortificazioni per riparare gli scandali questi i due cardini della sua spiritualità. Attrae tutti con la sua bontà e con il suo incantevole sorriso. Fa anche il voto del silenzio: evitare ogni parola inutile, discorsi leggeri oppure oziosi.
Perdona e prega per i suoi denigratori. Per la sua capacità di diffondere serenità e concordia, è chiamata “Angelo di pace”.
"Teresa pregava continuamente, in casa e fuori, senza rispetto umano. Dovunque si trovava, s’inginocchiava al suono delle campane e recitava l’Angelus. Messa e Comunione quotidiana, era assidua all’adorazione eucaristica e aveva una profonda devozione a Gesù crocifisso. Quando pregava sembrava un angelo, era come se vedesse il Signore faccia a faccia. Era generosa coi poveri, i pezzenti, i pidocchiosi, gli accattoni che a quel tempo, si aggiravano numerosi per i paesi e che bussavano alla sua porta. Ad essi, non soltanto dava pane, ma anche panni puliti. Insomma, per la nostra Beata la carità non era fatta di parole ma di gesti concreti e generosi" (cardinale Angelo Amato).
"Teresa pregava continuamente, in casa e fuori, senza rispetto umano. Dovunque si trovava, s’inginocchiava al suono delle campane e recitava l’Angelus. Messa e Comunione quotidiana, era assidua all’adorazione eucaristica e aveva una profonda devozione a Gesù crocifisso. Quando pregava sembrava un angelo, era come se vedesse il Signore faccia a faccia. Era generosa coi poveri, i pezzenti, i pidocchiosi, gli accattoni che a quel tempo, si aggiravano numerosi per i paesi e che bussavano alla sua porta. Ad essi, non soltanto dava pane, ma anche panni puliti. Insomma, per la nostra Beata la carità non era fatta di parole ma di gesti concreti e generosi" (cardinale Angelo Amato).
Luigi Luzi
Letture
Teresa
Manganiello amò S. Francesco d'Assisi con quell'amore autentico che è,
insieme ammirazione, devozione e, soprattutto, imitazione: Francesco
divenne presto il suo grande ideale e modello.
Teresa dovette scoprire S. Francesco, soprattutto, forse, a contatto dei Padri Cappuccini di S. Egidio, la sua chiesa preferita, e specie di P. Ludovico Acernese, un innamorato di S. Francesco e anche del Terz'ordine Francescano. In incontri di istruzioni e conferenze, egli dovette aprire gli occhi e l'anima della ragazza - già forse decisamente avviata per la via della perfezione - a nuovi sconfinati orizzonti di luce. Lo provano le parole che, spesso, Teresa ripeteva, di ritorno da tali incontri: «Che tesoro, che tesoro ho trovato!». Il senso pieno di tali parole fu chiaro a tutti, quando, in ginocchio, davanti ai genitori, Teresa chiese, un giorno, il permesso di entrare nel Terz'Ordine della Penitenza. Ottenutolo, dirà, piena di gaudio interiore: «Mamma mia, è questo il più bel giorno della mia vita. Da ora in poi mi vedrai sempre tranquilla e allegra. Farò sempre tutto ciò che mi tocca fare, lo farò anche con più diligenza e prestezza. Ma compiuti i miei doveri di casa, mi devi permettere di andare in chiesa».
La decisione di entrare nel Terz'Ordine non fu come forse potrebbe esserlo di tanti altri - semplicemente una innocente velleità: era veramente Francesco d'Assisi che l'attirava irresistibilmente, con la sua perfezione. Alle suddette parole, infatti, ella aggiunse ancora: «Lo sai, Mamma, che adesso devo volere più bene a Gesù, e devo anche diventare più buona?...››.
Ammessa nel Terz'Ordine, si sottopose con gioia ed entusiasmo a quell'anno di prova, che è detto «noviziato››. Arrivò così, a grandi passi, al 15 maggio 1871, il giorno; della sua «professione», con l'anima pienissimamente disposta a donarsi al Signore. Promise ai piedi dell'altare, di osservare, conformemente al suo stato, la povertà, la castità e l'obbedienza: una promessa, in fondo, di un totale e radicale cambiamento di vita, suggellata, oltre che dal rito suggestivo, anche dal cambiamento del nome. In Fraternità, Teresa, d'ora in poi, si chiamerà Sorella Maria Luisa: Maria per la devozione, certo, che tutti i francescani nutrono per la grande Madre di Dio; Luisa, per seguire gli esempi e le orme di S. Luigi Gonzaga, il giovanissimo e grande campione dell'innocenza e della penitenza.
Un rito, dunque, e un nome che sono tutto un programma di vita. Teresa, quindi, persuasa com'è che deve cambiare tutta, nello spirito principalmente, oltre che all'esterno, impegnerà veramente tutte le forze del suo cuore e della sua volontà. Segno di ciò - anche se non unico ed essenziale - sarà, per lei, l'abito bigio, un po' come quello dei Cappuccini, cinto da un cordone di lana con tre nodi, a significare i tre voti di povertà, castità e obbedienza. Amerà, perciò, portarlo sempre, anche per istrada, ovunque, avendoglielo concesso il papa stesso Pio IX, per privilegio. Lo porterà, incurante delle dicerie, degli insulti e «sorrisi» di sufficienza, che le pioveranno addosso da tutte le parti. Un tratto che - anche in questo - l'assomiglia a Frate Francesco che, cambiata vita e sostituiti gli abiti lussuosi con altri rozzi da poverello, si attirerà addosso ogni sorta di ingiurie e di commiserazioni, trattato da «pazzo›› soprattutto dai tanti immancabili « buonpensanti ›› ! Dall'abito amato, Teresa non vorrà separarsi neanche in morte. Desidererà, infatti, essere seppellita, vestita appunto da figlia di S. Francesco. Pregò, infatti, il confessore di farla seppellire, dopo morte, con l'abito che teneva addosso, il più vecchio e da notte, per il voto di povertà, con due mattoni sotto la testa. Ottenutane la promessa, se ne rallegrava con chiunque le capitava di parlarne.
Si distaccò dalle cose più care, e perfino dal confessore, che è quanto dire. Questi, per provarla, le aveva detto che, capitando qualche volta in casa - dato che i genitori di lei si lagnavano che mai li onorava di una sua visita - ella non avrebbe dovuto offrire né sedia né far convenevoli, come pur si usa da tutti. Avrebbe dovuto solo inginocchiarsi là dove si trovava, chiedere la benedizione e continuare a fare quello che stava facendo. Cosa che Teresa osservò fino allo scrupolo!
Ma l'abito - si è detto - fu solo un segno del suo profondo cambiamento di vita. Teresa si rende conto che, per essere veramente «figlia›› di S. Francesco, deve sposarne integrale lo spirito e la passione ardente. Come lui, deve essere innamorata folle di Dio, di Cristo Crocifisso, avere la brama insoddisfatta della preghiera e del colloquio ininterrotto con Lui, avere spirito di penitenza e di distacco da tutto.
Teresa dovette scoprire S. Francesco, soprattutto, forse, a contatto dei Padri Cappuccini di S. Egidio, la sua chiesa preferita, e specie di P. Ludovico Acernese, un innamorato di S. Francesco e anche del Terz'ordine Francescano. In incontri di istruzioni e conferenze, egli dovette aprire gli occhi e l'anima della ragazza - già forse decisamente avviata per la via della perfezione - a nuovi sconfinati orizzonti di luce. Lo provano le parole che, spesso, Teresa ripeteva, di ritorno da tali incontri: «Che tesoro, che tesoro ho trovato!». Il senso pieno di tali parole fu chiaro a tutti, quando, in ginocchio, davanti ai genitori, Teresa chiese, un giorno, il permesso di entrare nel Terz'Ordine della Penitenza. Ottenutolo, dirà, piena di gaudio interiore: «Mamma mia, è questo il più bel giorno della mia vita. Da ora in poi mi vedrai sempre tranquilla e allegra. Farò sempre tutto ciò che mi tocca fare, lo farò anche con più diligenza e prestezza. Ma compiuti i miei doveri di casa, mi devi permettere di andare in chiesa».
La decisione di entrare nel Terz'Ordine non fu come forse potrebbe esserlo di tanti altri - semplicemente una innocente velleità: era veramente Francesco d'Assisi che l'attirava irresistibilmente, con la sua perfezione. Alle suddette parole, infatti, ella aggiunse ancora: «Lo sai, Mamma, che adesso devo volere più bene a Gesù, e devo anche diventare più buona?...››.
Ammessa nel Terz'Ordine, si sottopose con gioia ed entusiasmo a quell'anno di prova, che è detto «noviziato››. Arrivò così, a grandi passi, al 15 maggio 1871, il giorno; della sua «professione», con l'anima pienissimamente disposta a donarsi al Signore. Promise ai piedi dell'altare, di osservare, conformemente al suo stato, la povertà, la castità e l'obbedienza: una promessa, in fondo, di un totale e radicale cambiamento di vita, suggellata, oltre che dal rito suggestivo, anche dal cambiamento del nome. In Fraternità, Teresa, d'ora in poi, si chiamerà Sorella Maria Luisa: Maria per la devozione, certo, che tutti i francescani nutrono per la grande Madre di Dio; Luisa, per seguire gli esempi e le orme di S. Luigi Gonzaga, il giovanissimo e grande campione dell'innocenza e della penitenza.
Un rito, dunque, e un nome che sono tutto un programma di vita. Teresa, quindi, persuasa com'è che deve cambiare tutta, nello spirito principalmente, oltre che all'esterno, impegnerà veramente tutte le forze del suo cuore e della sua volontà. Segno di ciò - anche se non unico ed essenziale - sarà, per lei, l'abito bigio, un po' come quello dei Cappuccini, cinto da un cordone di lana con tre nodi, a significare i tre voti di povertà, castità e obbedienza. Amerà, perciò, portarlo sempre, anche per istrada, ovunque, avendoglielo concesso il papa stesso Pio IX, per privilegio. Lo porterà, incurante delle dicerie, degli insulti e «sorrisi» di sufficienza, che le pioveranno addosso da tutte le parti. Un tratto che - anche in questo - l'assomiglia a Frate Francesco che, cambiata vita e sostituiti gli abiti lussuosi con altri rozzi da poverello, si attirerà addosso ogni sorta di ingiurie e di commiserazioni, trattato da «pazzo›› soprattutto dai tanti immancabili « buonpensanti ›› ! Dall'abito amato, Teresa non vorrà separarsi neanche in morte. Desidererà, infatti, essere seppellita, vestita appunto da figlia di S. Francesco. Pregò, infatti, il confessore di farla seppellire, dopo morte, con l'abito che teneva addosso, il più vecchio e da notte, per il voto di povertà, con due mattoni sotto la testa. Ottenutane la promessa, se ne rallegrava con chiunque le capitava di parlarne.
Si distaccò dalle cose più care, e perfino dal confessore, che è quanto dire. Questi, per provarla, le aveva detto che, capitando qualche volta in casa - dato che i genitori di lei si lagnavano che mai li onorava di una sua visita - ella non avrebbe dovuto offrire né sedia né far convenevoli, come pur si usa da tutti. Avrebbe dovuto solo inginocchiarsi là dove si trovava, chiedere la benedizione e continuare a fare quello che stava facendo. Cosa che Teresa osservò fino allo scrupolo!
Ma l'abito - si è detto - fu solo un segno del suo profondo cambiamento di vita. Teresa si rende conto che, per essere veramente «figlia›› di S. Francesco, deve sposarne integrale lo spirito e la passione ardente. Come lui, deve essere innamorata folle di Dio, di Cristo Crocifisso, avere la brama insoddisfatta della preghiera e del colloquio ininterrotto con Lui, avere spirito di penitenza e di distacco da tutto.
Nello
studio della Regola di S. Francesco Teresa era stata colpita,
soprattutto, dallo spirito di distacco e di rinnegamento. È in questa
prospettiva che ella, attentissima sempre ai doveri di Terziaria,
attuerà la sua «conversione» completa. E perciò, ricercherà come meta
suprema, a cui tutto subordina e a cui tutto è preparazione e mezzo, la
conformazione perfetta a Cristo Crocifisso, volendone e fissandone,
nell'anima, i lineamenti. Ecco come prega la Madonna: «Mamma bella fate
che non entri in me quello che Gesù non vuole ››. Chiede cioe di tener
lontano dalla sua anima quanto, evidentemente, avrebbe impedito o
ostacolato tale conformazione allo Sposo divino.
Predilesse, per questo, come Francesco, la povertà assoluta che associa a Cristo sofferente ed umiliato e rimuove, pure, ogni ostacolo all'amplesso totale e sincero con Lui. In merito, significativi episodi fanno intravedere a quale altezza di perfezione si sia spinta questa ingenua e incolta ragazza del popolo. Appena ricevuta nel Terz'Ordine di S. Francesco ed emessi, in confessione, i voti di povertà,
di castità e di obbedienza, consegnò a sua madre la chiave della cassa, dove conservava le sue robette, tenendo per sé solo un paio di sandali, una veste di poco conto, a lei regalata in occasione di una cresima di una ragazza, un paio di fazzoletti, un fazzolettone e due pazienze di lana. Non era una posa o il fervore di un momento. All'occorrenza, e se glielo avesse richiesto l'obbedienza, si sarebbe volentieri distaccata da tutto, compresi gli oggetti di devozione. Una povertà che non le lasciava più alcuna disponibilità personale. Se potè andare a Roma, all'udienza del Papa Pio IX, lo fu per l'obolo della carità. Una povertà, amata in pienezza di gioia, come splendido diadema.
Un giorno, di ritorno, più che mai gioiosa, dalla Chiesa, dice alla mamma: «Sai, mamma, Gesù vuole che ti faccia un regalo». Prende tutte le sue cose e, offrendogliele, dice: «Tenetele. Queste cose non fanno più per me. Mi basta questa veste che porto addosso. A che prò tante cose inutili ?... Potreste servirvene per altre persone, che ne hanno bisogno. Vi prego solo, dovendo, all 'occorrenza, farmi qualche altra veste, che non sia di colore troppo chiaro. È necessario, infatti, che noi giovanette, siamo oneste, mamma mia!». Bella lezione per chi, così facilmente, dimentica di essere donna cristiana. Teresa si rivelava piena della sapienza dei santi.
Povera e distaccata, sarebbe andata volentieri a chiedere l'elemosina di porta in porta, per il necessario sostentamento di vita. Cosa che non si verificò solo per la decisa opposizione dei suoi. Ma per lei, essere detta «pezzente», più che parola oltraggiosa, era motivo di gloria vera! Non diventava, così, simile al suo Sposo che, pur Signore del cielo e della terra, non aveva dove posare il capo?...
Un distacco eroico, osservato fin sul letto di morte. Infatti, presente o no il suo confessore, Teresa è ugualmente contenta. Era la gioia serena di chi, ormai, dall'alto della montagna, domina veramente e abbraccia tutto! È questo ardente desiderio di rassomigliarsi a Lui, che la spinge pure a condividerne umiliazioni e sofferenze. Così, tra l'altro, si provvede di un grosso fascio di spine e vi si avvoltola dentro, spesso, con tutto il corpo, coperto solo, per decenza e pudore, di una veste leggera come un velo. Il venerdì, specialmente in quelli di marzo, alle consuete penitenze, aggiungeva quella di salire la scalinata della casa, carica di un enorme peso sulle spalle e sulla testa; e quella di appendersi, verso l'ora della morte di Gesù, con le braccia legate e con una corona di spine in testa, ad un robusto tronco di croce da lei stessa preparato e tenuto gelosamente nascosto alla vigilanza paterna. Intendeva così imitare Gesù nella sua salita al calvario. E come S. Francesco, meditava e piangeva a dirotto, ogni giorno, sulla passione di Gesù e i dolori della sua santissima Madre.
Brilleranno in lei, pure, tutte le altre virtù francescane: la semplicità che le permetteva di avvicinare tutti con estrema disinvoltura; la letizia con cui è sempre lei ad incoraggiare tutti, a sdrammatizzare ogni situazione difficile... Trasparenza e candore quasi infantili di un'anima che, come sempre, costituiscono l'eterna poesia del creato! Teresa: una figura nella quale, certamente, si ritrovava, compiaciuto e sorridente, il grande Padre Francesco!
Predilesse, per questo, come Francesco, la povertà assoluta che associa a Cristo sofferente ed umiliato e rimuove, pure, ogni ostacolo all'amplesso totale e sincero con Lui. In merito, significativi episodi fanno intravedere a quale altezza di perfezione si sia spinta questa ingenua e incolta ragazza del popolo. Appena ricevuta nel Terz'Ordine di S. Francesco ed emessi, in confessione, i voti di povertà,
di castità e di obbedienza, consegnò a sua madre la chiave della cassa, dove conservava le sue robette, tenendo per sé solo un paio di sandali, una veste di poco conto, a lei regalata in occasione di una cresima di una ragazza, un paio di fazzoletti, un fazzolettone e due pazienze di lana. Non era una posa o il fervore di un momento. All'occorrenza, e se glielo avesse richiesto l'obbedienza, si sarebbe volentieri distaccata da tutto, compresi gli oggetti di devozione. Una povertà che non le lasciava più alcuna disponibilità personale. Se potè andare a Roma, all'udienza del Papa Pio IX, lo fu per l'obolo della carità. Una povertà, amata in pienezza di gioia, come splendido diadema.
Un giorno, di ritorno, più che mai gioiosa, dalla Chiesa, dice alla mamma: «Sai, mamma, Gesù vuole che ti faccia un regalo». Prende tutte le sue cose e, offrendogliele, dice: «Tenetele. Queste cose non fanno più per me. Mi basta questa veste che porto addosso. A che prò tante cose inutili ?... Potreste servirvene per altre persone, che ne hanno bisogno. Vi prego solo, dovendo, all 'occorrenza, farmi qualche altra veste, che non sia di colore troppo chiaro. È necessario, infatti, che noi giovanette, siamo oneste, mamma mia!». Bella lezione per chi, così facilmente, dimentica di essere donna cristiana. Teresa si rivelava piena della sapienza dei santi.
Povera e distaccata, sarebbe andata volentieri a chiedere l'elemosina di porta in porta, per il necessario sostentamento di vita. Cosa che non si verificò solo per la decisa opposizione dei suoi. Ma per lei, essere detta «pezzente», più che parola oltraggiosa, era motivo di gloria vera! Non diventava, così, simile al suo Sposo che, pur Signore del cielo e della terra, non aveva dove posare il capo?...
Un distacco eroico, osservato fin sul letto di morte. Infatti, presente o no il suo confessore, Teresa è ugualmente contenta. Era la gioia serena di chi, ormai, dall'alto della montagna, domina veramente e abbraccia tutto! È questo ardente desiderio di rassomigliarsi a Lui, che la spinge pure a condividerne umiliazioni e sofferenze. Così, tra l'altro, si provvede di un grosso fascio di spine e vi si avvoltola dentro, spesso, con tutto il corpo, coperto solo, per decenza e pudore, di una veste leggera come un velo. Il venerdì, specialmente in quelli di marzo, alle consuete penitenze, aggiungeva quella di salire la scalinata della casa, carica di un enorme peso sulle spalle e sulla testa; e quella di appendersi, verso l'ora della morte di Gesù, con le braccia legate e con una corona di spine in testa, ad un robusto tronco di croce da lei stessa preparato e tenuto gelosamente nascosto alla vigilanza paterna. Intendeva così imitare Gesù nella sua salita al calvario. E come S. Francesco, meditava e piangeva a dirotto, ogni giorno, sulla passione di Gesù e i dolori della sua santissima Madre.
Brilleranno in lei, pure, tutte le altre virtù francescane: la semplicità che le permetteva di avvicinare tutti con estrema disinvoltura; la letizia con cui è sempre lei ad incoraggiare tutti, a sdrammatizzare ogni situazione difficile... Trasparenza e candore quasi infantili di un'anima che, come sempre, costituiscono l'eterna poesia del creato! Teresa: una figura nella quale, certamente, si ritrovava, compiaciuto e sorridente, il grande Padre Francesco!
A. Di Monda
PREGHIERA
Signore Gesù, che ti degni di coronare di gloria
le anime che più ti somigliano per l'imitazione delle tue virtù,
le anime che più ti somigliano per l'imitazione delle tue virtù,
donaci la gioia di vedere canonizzata anche su questa terra
la tua serva fedele Teresa Manganiello
che nella sua breve vita ci lascò tanti esempi di eroica carità,
di invitta fortezza e di aspra penitenza.
Per la sua intercessione concedici la grazia. Amen
(3 gloria)
Per la sua intercessione concedici la grazia. Amen
(3 gloria)
Postulazione "Beata Teresa Manganiello" - Suore Francescane Immacolatine
via Grottone, 28 - 83030 Pietradefusi (Avellino) - Italia
Sito internet: Suorefrancescaneimmacolatine.it
via Grottone, 28 - 83030 Pietradefusi (Avellino) - Italia
Sito internet: Suorefrancescaneimmacolatine.it