martedì 23 giugno 2020

PAOLO VI IL PAPA DELLA NUOVA REGOLA DELL'O.F.S. di Silvano Scalabrella




Era il 24 giugno 1978 quando Paolo VI consegnava la Regola, nuova in tutto, al Terz’Ordine Francescano, che cambiava anche la sua denominazione in Ordine Francescano Secolare, mettendo così in risalto, anche nel nome, la sua vocazione-missione nel mondo. 


PAOLO VI
IL PAPA DELLA NUOVA REGOLA

II Concilio Vaticano ll (1962-1965) è stato il Concilio delle riforme fondamentali per la Chiesa. Occorre dire che è stato, in particolare, il "Concilio dei laici", dei fedeli laici cattolici, che darà alla luce - venti e più anni dopo - la Christifideles Laici, Esortazione apostolica sulla vocazione e missione dei laici nella Chiesa e nel mondo (1988). Lo stesso Papa, che volle fortemente la riflessione conciliare sulla natura ecclesiologica dei laici nella Chiesa e nel mondo, fu il Papa che diede a un tipo particolare di laico cristiano, il terziario francescano, la nuova Regola: era il 1978 quando Paolo Vl consegnava la Regola, nuova in tutto, al Terz’Ordine Francescano, che cambiava anche la sua denominazione in Ordine Francescano Secolare, mettendo cosi in risalto, anche nel nome, la sua vocazione-missione secolare. Era il Papa teorico dell’umanesimo plenario a fare questo.


L’umanesimo plenario
Nessuno più della Chiesa, sosteneva il Papa, può garantire il possesso di uno sguardo universale in grado di interpretare il bisogno dei popoli e di proclamare le risposte adeguate:
"E' un umanesimo plenario che occorre promuovere. Che vuol dire ciò, se non lo sviluppo di tutto l'uomo e di tutti gli uomini? Un umanesimo chiuso, insensibile ai valori dello spirito e a Dio che ne e la fonte, potrebbe apparentemente avere maggiori possibilità di trionfare" (Populorum Progressio, n.42).
Quello del Papa era un approccio culturale: servono uomini nuovi, esperti in umanità, oltre che in materia di sviluppo; questi uomini, aperti all'Assoluto, hanno il compito di creare una efficace rete di collaborazione internazionale. Umanesimo plenario significa anche "sviluppo solidale" in grado di attuare una reale assistenza ai deboli, il che implica una specifica concezione politico-economica del cosiddetto bene comune: il potere politico ha il dovere di svolgere le sue attività legislative in obbedienza alla legge morale per il conseguimento del bene comune, che a sua volta non e semplicemente un bene materiale, bensì è diretto alla formazione dell'uomo nella sua integralità.
La società può essere redenta solo dal recupero del|’umano e della centralità dell'uomo. All’uomo spetta il primato sul lavoro, come al lavoro spetta il primato sul capitale; l’uomo è la via della Chiesa a Dio.
L’Umanesimo plenario inteso come progetto imponeva il ripristino dell'unità tra etica e politica, etica ed economia, etica e scienza, troppo a lungo lacerate da contrapposizioni ideologiche. La mondializzazione dei problemi metteva ancor più in luce la differenza strutturale tra due mentalità diffuse: I'una che crede in ciò che vale, l’altra per la quale conta ciò che funziona. Qui si nasconde la giustificazione del pensiero unico di massa, che l’umanesimo plenario vuole contrastare: l'eliminazione dell’ostacolo, del limite, alla soddisfazione dei bisogni e dei desideri. Da un punto di vista etico, secondo il pensiero del Papa, era necessario contrapporre alla fuga dei valori e delle regole una cultura della giustizia e della solidarietà, perché i beni materiali hanno anche una loro destinazione sociale. Ad una globalizzazione del mercato, insomma, dovrebbe corrispondere una cultura globale della solidarietà: tale visione del mondo dovrebbe caratterizzare lo specifico impegno secolare del cristiano nel mondo. 

Fare penitenza
Quella che oggi chiamiamo indole secolare del cristiano laico, il medioevo francescano la chiamò penitenza: il "fare penitenza", come si esprime san Francesco nel suo Testamento, esteso ai francescani, resterà, dopo l'istituzione del Terzo Ordine, riferito ai Penitenti laici. E significativo il fatto che Paolo VI inserì nel prologo della Regola proprio l’Esortazione ai fratelli e sorelle della penitenza, parte della Lettera ai fedeli, a sua volta anima del testo giuridico del Memoriale Propositi (datato 1221, senza approvazione, e poi inglobato nella Regola di Niccolo IV del 1289).
Con questa scelta simbolica Paolo VI ribadiva, ancora una volta, quale fosse lo specifico del francescano secolare: la nuova Regola restituiva all’OFS la facoltà di autogoverno consapevole e responsabile; chiamava l'intero OFS a recuperare la propria memoria storica, a reincarnare profeticamente lo spirito di penitenza antico (declinato non solo in senso ascetico, ma anche secolare, nel mondo sociale, culturale, politico, economico), a percorrere nella speranza cristiana nuove vie di rinnovamento religioso, sociale, culturale. Con ciò Paolo VI coglieva e attualizzava lo specifico del francescanesimo, andato perduto nei secoli passati: la predicazione della penitenza per la remissione dei peccati.
L'Ordine dei Penitenti laici fu anch’esso ordinato da san Francesco all'apostolato attraverso la penitenza, la contemplazione, la misericordia. La nuova Regola restituiva a penitenza e predicazione (apostolato) il loro carattere unitivo e interattivo, in funzione della riconciliazione delle creature con il loro Creatore.
Come già aveva fatto papa Leone XIII, al tempo della sua Rerum Novarum, ancor di più Paolo VI con la sua Regola OFS richiamava i laici francescani ad un grave compito per il futuro: quello della acculturazione della fede, in chiave francescana, contro la cultura globale del profitto e del potere. Con la certezza che la testimonianza di vita evangelica fosse capace di trasformare le realtà sociali di oggi.
Tale riconoscimento Paolo VI Io espresse trasformandolo in missione apostolica, attribuendo all’OFS quella agognata autonomia, sospirata nei secoli fin dal lontano Capitolo provinciale di Bologna del 1289, in cui i Penitenti mirarono ad una centralizzazione con un Ministro generale per tutto l’Ordine e un Ministro provinciale per ogni provincia.
(...) Paolo VI, il "Papa del Concilio" perché seppe risolvere tensioni, mediando e ascoltando, attento ai segni dei tempi, alla voce del mondo, della cultura nelle sue complesse e molteplici manifestazioni. Fu il Papa che seppe condurre il Concilio come una profonda riflessione della Chiesa su se stessa, con una piena apertura di riconciliazione col mondo contemporaneo, ricomponendo la frattura tra fede e vita, tra Chiesa e mondo. In tal senso la nuova Regola OFS é il piccolo gioiello, frutto distillato dell’immensa Riforma introdotta dal Concilio con le sue Costituzioni Lumen GentiumDei VerbumSacrosanctum ConciliumGaudium et Spes.
L’invito all’unità francescana, attraverso il segno della sua autonomia, veniva da un Papa che — come disse ai vescovi italiani nei 1964 in un suo famoso messaggio — aveva fatto del "servizio all'unità una questione vitale", laddove "servizio all'unità» va inteso anche come "servizio al mondo", nello spirito della Lumen Gentium e della Gaudium et Spes.

Riprendere l’agenda del Concilio
Quale è dunque il lascito di Paolo VI? La Regola OFS chiama i Penitenti di oggi a riprendere in mano l’agenda incompiuta del Vaticano II, le molte cose lasciate in sospeso che attendono l’impegno dell'Ordine Francescano Secolare. Una tra tutte: l’adempimento del confronto-superamento della modernità contrassegnata dal razionalismo e dal relativismo etico-culturale.
Nel tempo in cui Paolo VI guardava con attenzione, ma anche con preoccupazione, il proliferare dei movimenti cattolici, consegnava ai Penitenti Laici un formidabile strumento di evangelizzazione, di testimonianza cristiana nel mondo e per il mondo. Tale consegna veniva fatta nel giorno della festa di san Giovanni Battista: penitente, profeta, precursore del Messia.
Dello spirito del Battista la Regola OFS è del tutto impregnata: diversamente dalle precedenti, essa non stabilisce nessuna pratica specifica, se non quella di seguire lo spirito della Scrittura, lo Spirito Santo con le sua ispirazioni. E' una Regola normativa e ispirativa nello stesso tempo: fondamentale, con i suoi continui (e nuovi) riferimenti biblici, magisteriali, francescani e spirituali, con il suo continuo invito alla meditazione. La Regola offre una sua catechesi delle realtà umane; tratteggia la”forma di vita”ordinata ad un progetto di vita spirituale all’uomo francescano incardinato nelle realtà terrene, secolari, ma anche membro integrale della Chiesa di Cristo. II tutto poi confluisce nella fraternità (ne tratta il capitolo III della Regola), cui sono conferiti un valore e una funzione del tutto nuovi, anche dal punto di vista storico e giuridico.
Tutta protesa in avanti, secondo Io spirito del rinnovamento del Concilio, la nuova Regola sollecita i francescani secolari a vivere la tradizione francescana attualizzandola, cosi da offrire, nel loro specifico carisma, risposte profetiche alle sfide del tempo presente, fiduciosi in Cristo, cosi come papa Paolo VI ha insegnato.
Silvano Scalabrella (1)







(1) - Pubblicato in FVS - Francesco il volto secolare, pp 18-21, anno 12, n. 10,  10 ottobre 2014