giovedì 10 settembre 2020

BEATO OLINTO MARELLA, IL "BARBONE DI DIO"


6 settembre
Beato
OLINTO MARELLA
Francescano secolare




Pellestrina, Venezia, 4 giugno 1882 – San Lazzaro di Savena, Bologna, 6 settembre 1969


Biografia breve - Olinto Giuseppe Marella nasce a Pellestrina, in provincia di Venezia e diocesi di Chioggia, il 14 giugno 1882. Ordinato sacerdote il 7 dicembre 1904, viene chiamato all’insegnamento nel Seminario di Chioggia. Di pari passo, per debellare l’analfabetismo nella sua isola, fonda il “Ricreatorio Popolare” e la scuola materna “Vittorino da Feltre”. Nel 1909 viene sospeso “a divinis” per aver frequentato pubblicamente il teologo modernista Romolo Murri, di cui era amico dagli anni del Seminario. Nel corso del suo lungo periodo di sospensione dal ministero, insegna in vari istituti statali. Arrivato a Bologna, insegna nei licei Galvani e Minghetti. Nel 1925 viene riabilitato dal cardinal Giovanni Battista Nasalli Rocca, arcivescovo di Bologna. Collabora poi all’Opera Baraccati e fonda, nel 1934, il “Pio Gruppo di Assistenza Religiosa negli Agglomerati di Poveri” e dà vita a “Case Rifugio” per orfani e bambini abbandonati facendosi, per essi, mendicante. Istituisce una prima Città dei Ragazzi con cinque laboratori-scuola cui, nel 1954, segue la seconda a San Lazzaro di Savena (BO) ed il “Villaggio Artigiano” con 24 abitazioni, la “Casa della Carità” e la “chiesa della Sacra Famiglia”. A Brento di Monzuno (BO), costruisce la chiesa di San Ansano e la “Casa del Pellegrino”. Il 6 settembre 1969, a 87 anni, due mesi e 23 giorni, con una morte edificante, si spegne nella Città dei Ragazzi di San Lazzaro di Savena. Tutta Bologna è presente al suo funerale. Le sue spoglie sono custodite nella cripta della chiesa della Sacra Famiglia a San Lazzaro di Savena.

Il 28 novembre 2019 papa Francesco ha autorizzato la promulgazione del decreto relativo a un miracolo ottenuto per sua intercessione, aprendo la via alla sua beatificazione.



4 ottobre 2020

BEATIFICAZIONE DI PADRE MARELLA

Sussidio di preparazione, libretto della celebrazione, proprio per la memoria liturgica: CLICCA QUI



BEATO OLINTO MARELLA, IL "BARBONE DI DIO" 

Olinto Giuseppe Marella nasce sull’isola di Pellestrina (Chioggia) il 14 giugno 1882, secondogenito di quattro figli del medico Luigi e della moglie Caterina de’ Bei, insegnante. Dai genitori Olinto impara l’attenzione verso i più sfortunati ed emarginati: il padre infatti era solito curare gratuitamente quanti non avevano mezzi e la madre, ritiratasi dall’insegnamento, radunava nel giardino di casa i bambini analfabeti per dare loro un minimo di istruzione. Figura importante nella formazione del giovane Marella è lo zio paterno, monsignor Giuseppe, parroco della chiesa di Ognissanti sempre a Pellestrina. Il prelato si accorge presto della spiccata intelligenza del nipote così come della sua sincera devozione e nel 1895 lo fa entrare nel Collegio Romano (Roma); il 17 dicembre 1904 Olinto terminati gli studi teologici riceve l’ordinazione presbiterale dal patriarca di Venezia.

Oltre a ricevere l’incarico di professore di Storia della Chiesa e di Sacra Scrittura presso il seminario di Chioggia, don Olinto assume l’eredità spirituale di don Felice Reiner, un sacerdote di Pellestrina che si era dedicato ad azioni caritative a favore dei più poveri. Assieme al fratello Tullio fonda così il primo ricreatorio popolare, destinato ad accogliere i giovani bisognosi dell’isola e dare loro la possibilità di acquisire una istruzione di base ma anche di apprendere un lavoro. L’originale intuizione di don Marella è quella di strutturare il ricreatorio in base al principio della corresponsabilità dei ragazzi nella gestione della vita interna al ricreatorio stesso. Questa intuizione verrà perfezionata da don Marella quando a Bologna fonderà la Città dei Ragazzi.

Ma fin dall’inizio del suo ministero su don Marella gravano sospetti di modernismo e presto viene allontanato dall’insegnamento in seminario. I suoi metodi educativi e le amicizie che intrattiene accrescono tali sospetti, così che nel 1909 le incomprensioni e la diffidenza raggiungono il culmine e viene punito con la sospensione a divinis: temporaneamente non potrà esercitare il ministero sacerdotale, pur conservando tutti gli obblighi di un prete. In aggiunta gli viene anche proibito di ricevere la santa comunione all’interno del territorio della sua diocesi. Queste le parole con cui don Olinto risponde al proprio vescovo che gli comunicava l’atto di sospensione: «Eccellenza, stamane celebrando la Messa, pensavo e sentivo che sarebbe stata - forse per lungo tempo - l’ultima. E pieno di tale sentimento, i divini pensieri che esprimevo, e i santi misteri che compivo mi parevano dettati direttamente da quello Spirito che ci dà di chiamar “Padre”. Il Salmo Iudica lo ricomponevo quasi io. E mai, come stavolta, - eccetto forse il dì della mia ordinazione e quando celebrai sulla tomba di mio padre - sentii il valore spirituale della “frazione del pane”. Nell’attesa tristemente solenne io mi sento più che mai sacerdote in eterno».

Ciò che avrebbe potuto indurlo ad una aperta ribellione contro l’autorità della Chiesa diventa per don Olinto una via di santificazione: non venendo mai meno ai suoi doveri di sacerdote, nelle forme che gli sono consentite, egli si dedica ad una vita di fede e di apostolato nel suo ricreatorio e nel Giardino di infanzia. Dopo alcuni anni, per provvedere al proprio sostentamento, si laurea in filosofia e prende l’abilitazione all’insegnamento iniziando la docenza che lo porterà in numerosi licei italiani. Nel 1924 arriva a Bologna dove insegna nei licei Galvani e Minghetti fino al 1948. In questi anni la sua lungimirante visione pedagogica venne notata anche dai funzionari del Ministero dell’Istruzione tanto da convocarlo nella commissione voluta dal ministro Gentile per la riforma dei programmi scolastici nazionali e nella Commissione nazionale per la formazione delle maestre per le scuole dell’infanzia.

La casa in cui vive con la mamma in via S. Mamolo a Bologna ospita spesso persone bisognose di ogni genere. Si inserisce nella parrocchia di San Giovanni in Monte, accolto dal parroco mons. Emilio Faggioli, collega di insegnamento, che ne intuisce il valore; grazie all’amicizia con Augusto Baroni e Vincenzo Gotti, partecipa ai neonati Gruppi del Vangelo, un movimento di laici che promuove la diffusione della conoscenza della Sacra Scrittura, ed entra a far parte della San Vincenzo dedicando tutto il tempo libero dall’insegnamento ad azioni caritative nei quartieri più poveri della città.

Il cardinale arcivescovo Giovan Battista Nasalli Rocca dopo aver approfondito la conoscenza di don Olinto ottiene per lui da Papa Pio XI la riammissione al ministero sacerdotale; il 2 febbraio del 1925 don Marella, dopo 16 anni di sospensione, può celebrare di nuovo l’eucaristia.

 Il cardinale arcivescovo affida a don Olinto l’apostolato tra i baraccati dove migliaia di persone vivono ai margini del centro cittadino in condizioni abitative e sociali di estrema povertà e degrado. Il suo abito inusuale (una marsina) non permette di identificarlo immediatamente come sacerdote; ma la sua carità operosa gli ottiene ben presto l’appellativo di «padre». Le sue visite sempre più frequenti accompagnate dalla distribuzione di generi alimentari, abiti e a volte un po’ di denaro gli permettono di stabilire un solido rapporto di fiducia con quella fetta di popolazione cittadina che era dai più dimenticata.

Oggetto della sua peculiare attenzione sono ancora una volta i bambini e i giovani, spesso lasciati soli dai genitori perché costretti a lavorare moltissime ore al giorno. Per loro, colui che è universalmente ormai conosciuto come padre Marella ottiene dal Comune di Bologna di poter utilizzare un magazzino della nettezza urbana dismesso sito in via Piana; in quel magazzino i giovani apprendono un mestiere, vengono impartite lezioni ai più piccoli, a tutti insegna il catechismo in preparazione ai sacramenti, celebra la santa messa: don Olinto stesso chiamerà quel luogo la «Cattedrale dei poveri». L’azione caritativa e pedagogica di don Olinto è profondamente motivata dal riuscire a portare quei giovani all’incontro con Cristo, consapevole che solo grazie alla fede nel Signore avrebbero potuto ritrovare il valore pieno della propria esistenza.

Nel 1934 fonda il «Pio Gruppo di Assistenza Religiosa negli agglomerati dei poveri», formato da numerosi laici e da un gruppo di donne che scelgono di abbracciare la vita consacrata secondo la costituzioni del Terz’Ordine francescano di cui don Olinto stesso fa parte fin da giovane. I bisogni dei più emarginati crescono con l’inizio della Seconda guerra mondiale; ecco perché don Marella costituisce «case rifugio», luoghi dove poter accogliere i tanti orfani che l’evento bellico sta generando.

Terminata la carriera come insegnante nel 1948 don Olinto si dedica totalmente ai progetti per i giovani, culminando la sua azione pastorale nella realizzazione della Città dei Ragazzi in località Cicogna presso San Lazzaro di Savena: un villaggio con al centro la chiesa, ventiquattro villette per giovani sposi, la scuola, i locali di lavoro, una casa della carità per accogliere casi urgenti. Per venire incontro alle grandi esigenze economiche delle strutture nate dalla sua fantasia ispirata, padre Marella inizia a chiedere l’elemosina nei luoghi più importanti di Bologna: all’angolo tra via degli Orefici e via Drapperie, fuori dai principali teatri cittadini, alle porte della cattedrale e di San Petronio. Per quasi vent’anni proseguirà questa vita da umile questuante, sollecitando discretamente la carità dei bolognesi, e ricambiando ogni offerta con una benedizione, una parola buona, un sorriso. In una sintesi mirabile della sua vita travagliata confiderà: «Posso dire con tutta verità che la strada della mia salvezza è stata la carità. L’orgoglio mi avrebbe perduto. La carità mi ha salvato».

Non si possono tacere le sante frequentazioni di don Marella: figlio spirituale di padre Pio da Pietrelcina, vi si reca ogni tanto per riprendere vigore spirituale; compagno di studi e amico di Angelo Giuseppe Roncalli, poi papa Giovanni XXIII; direttore spirituale di Gianna Beretta Molla, la assiste nell’ultima settimana di vita accanto al marito e ai figli. La fama della sua santità si diffonde già in vita: anche ai non credenti che lo avvicinano si impone la singolarità della sua persona da cui traspare uno stato di grazia speciale, che va ben oltre le pur grandi doti umane.

Don Olinto Marella muore il 6 settembre 1969, circondato dall’affetto dei suoi figli e dalla stima dell’intera cittadinanza bolognese che, per la rilevanza della sua azione pastorale, lo aveva definito «la coscienza di Bologna».




P. Marella con i suoi ragazzi