6 settembre
Il 28 novembre 2019 papa Francesco ha autorizzato la promulgazione del decreto relativo a un miracolo ottenuto per sua intercessione, aprendo la via alla sua beatificazione.
4 ottobre 2020
BEATIFICAZIONE DI PADRE MARELLA
Sussidio di preparazione, libretto della celebrazione, proprio per la memoria liturgica: CLICCA QUI
Oltre a ricevere l’incarico di
professore di Storia della Chiesa e di Sacra Scrittura presso il seminario di Chioggia,
don Olinto assume l’eredità spirituale di don Felice Reiner, un sacerdote di
Pellestrina che si era dedicato ad azioni caritative a favore dei più poveri.
Assieme al fratello Tullio fonda così il primo ricreatorio popolare, destinato
ad accogliere i giovani bisognosi dell’isola e dare loro la possibilità di
acquisire una istruzione di base ma anche di apprendere un lavoro. L’originale intuizione
di don Marella è quella di strutturare il ricreatorio in base al principio della
corresponsabilità dei ragazzi nella gestione della vita interna al ricreatorio
stesso. Questa intuizione verrà perfezionata da don Marella quando a Bologna
fonderà la Città dei Ragazzi.
Ma fin dall’inizio del suo
ministero su don Marella gravano sospetti di modernismo e presto viene
allontanato dall’insegnamento in seminario. I suoi metodi educativi e le
amicizie che intrattiene accrescono tali sospetti, così che nel 1909 le
incomprensioni e la diffidenza raggiungono il culmine e viene punito con la
sospensione a divinis: temporaneamente non potrà esercitare il ministero
sacerdotale, pur conservando tutti gli obblighi di un prete. In aggiunta gli
viene anche proibito di ricevere la santa comunione all’interno del territorio
della sua diocesi. Queste le parole con cui don Olinto risponde al proprio
vescovo che gli comunicava l’atto di sospensione: «Eccellenza, stamane celebrando
la Messa, pensavo e sentivo che sarebbe stata - forse per lungo tempo -
l’ultima. E pieno di tale sentimento, i divini pensieri che esprimevo, e i
santi misteri che compivo mi parevano dettati direttamente da quello Spirito
che ci dà di chiamar “Padre”. Il Salmo Iudica lo ricomponevo quasi io. E mai,
come stavolta, - eccetto forse il dì della mia ordinazione e quando celebrai
sulla tomba di mio padre - sentii il valore spirituale della “frazione del
pane”. Nell’attesa tristemente solenne io mi sento più che mai sacerdote in
eterno».
Ciò che avrebbe potuto indurlo ad
una aperta ribellione contro l’autorità della Chiesa diventa per don Olinto una
via di santificazione: non venendo mai meno ai suoi doveri di sacerdote, nelle
forme che gli sono consentite, egli si dedica ad una vita di fede e di
apostolato nel suo ricreatorio e nel Giardino di infanzia. Dopo alcuni anni,
per provvedere al proprio sostentamento, si laurea in filosofia e prende
l’abilitazione all’insegnamento iniziando la docenza che lo porterà in numerosi
licei italiani. Nel 1924 arriva a Bologna dove insegna nei licei Galvani e Minghetti
fino al 1948. In questi anni la sua lungimirante visione pedagogica venne
notata anche dai funzionari del Ministero dell’Istruzione tanto da convocarlo
nella commissione voluta dal ministro Gentile per la riforma dei programmi
scolastici nazionali e nella Commissione nazionale per la formazione delle
maestre per le scuole dell’infanzia.
La casa in cui vive con la mamma
in via S. Mamolo a Bologna ospita spesso persone bisognose di ogni genere. Si
inserisce nella parrocchia di San Giovanni in Monte, accolto dal parroco mons.
Emilio Faggioli, collega di insegnamento, che ne intuisce il valore; grazie
all’amicizia con Augusto Baroni e Vincenzo Gotti, partecipa ai neonati Gruppi
del Vangelo, un movimento di laici che promuove la diffusione della conoscenza
della Sacra Scrittura, ed entra a far parte della San Vincenzo dedicando tutto
il tempo libero dall’insegnamento ad azioni caritative nei quartieri più poveri
della città.
Il cardinale arcivescovo Giovan
Battista Nasalli Rocca dopo aver approfondito la conoscenza di don Olinto ottiene
per lui da Papa Pio XI la riammissione al ministero sacerdotale; il 2 febbraio
del 1925 don Marella, dopo 16 anni di sospensione, può celebrare di nuovo
l’eucaristia.
Il cardinale arcivescovo affida a don Olinto
l’apostolato tra i baraccati dove migliaia di persone vivono ai margini del
centro cittadino in condizioni abitative e sociali di estrema povertà e
degrado. Il suo abito inusuale (una marsina) non permette di identificarlo
immediatamente come sacerdote; ma la sua carità operosa gli ottiene ben presto l’appellativo
di «padre». Le sue visite sempre più frequenti accompagnate dalla distribuzione
di generi alimentari, abiti e a volte un po’ di denaro gli permettono di
stabilire un solido rapporto di fiducia con quella fetta di popolazione cittadina
che era dai più dimenticata.
Oggetto della sua peculiare
attenzione sono ancora una volta i bambini e i giovani, spesso lasciati soli
dai genitori perché costretti a lavorare moltissime ore al giorno. Per loro,
colui che è universalmente ormai conosciuto come padre Marella ottiene dal
Comune di Bologna di poter utilizzare un magazzino della nettezza urbana
dismesso sito in via Piana; in quel magazzino i giovani apprendono un mestiere,
vengono impartite lezioni ai più piccoli, a tutti insegna il catechismo in
preparazione ai sacramenti, celebra la santa messa: don Olinto stesso chiamerà
quel luogo la «Cattedrale dei poveri». L’azione caritativa e pedagogica di don
Olinto è profondamente motivata dal riuscire a portare quei giovani all’incontro
con Cristo, consapevole che solo grazie alla fede nel Signore avrebbero potuto
ritrovare il valore pieno della propria esistenza.
Nel 1934 fonda il «Pio Gruppo di
Assistenza Religiosa negli agglomerati dei poveri», formato da numerosi laici e
da un gruppo di donne che scelgono di abbracciare la vita consacrata secondo la
costituzioni del Terz’Ordine francescano di cui don Olinto stesso fa parte fin
da giovane. I bisogni dei più emarginati crescono con l’inizio della Seconda
guerra mondiale; ecco perché don Marella costituisce «case rifugio», luoghi
dove poter accogliere i tanti orfani che l’evento bellico sta generando.
Terminata la carriera come
insegnante nel 1948 don Olinto si dedica totalmente ai progetti per i giovani,
culminando la sua azione pastorale nella realizzazione della Città dei Ragazzi
in località Cicogna presso San Lazzaro di Savena: un villaggio con al centro la
chiesa, ventiquattro villette per giovani sposi, la scuola, i locali di lavoro,
una casa della carità per accogliere casi urgenti. Per venire incontro alle
grandi esigenze economiche delle strutture nate dalla sua fantasia ispirata,
padre Marella inizia a chiedere l’elemosina nei luoghi più importanti di
Bologna: all’angolo tra via degli Orefici e via Drapperie, fuori dai principali
teatri cittadini, alle porte della cattedrale e di San Petronio. Per quasi
vent’anni proseguirà questa vita da umile questuante, sollecitando discretamente
la carità dei bolognesi, e ricambiando ogni offerta con una benedizione, una
parola buona, un sorriso. In una sintesi mirabile della sua vita travagliata
confiderà: «Posso dire con tutta verità che la strada della mia salvezza è
stata la carità. L’orgoglio mi avrebbe perduto. La carità mi ha salvato».
Non si possono tacere le sante
frequentazioni di don Marella: figlio spirituale di padre Pio da Pietrelcina,
vi si reca ogni tanto per riprendere vigore spirituale; compagno di studi e amico
di Angelo Giuseppe Roncalli, poi papa Giovanni XXIII; direttore spirituale di
Gianna Beretta Molla, la assiste nell’ultima settimana di vita accanto al
marito e ai figli. La fama della sua santità si diffonde già in vita: anche ai
non credenti che lo avvicinano si impone la singolarità della sua persona da
cui traspare uno stato di grazia speciale, che va ben oltre le pur grandi doti
umane.
Don Olinto Marella muore il 6 settembre 1969, circondato dall’affetto dei suoi figli e dalla stima dell’intera cittadinanza bolognese che, per la rilevanza della sua azione pastorale, lo aveva definito «la coscienza di Bologna».
P. Marella con i suoi ragazzi |