domenica 17 maggio 2020

SANT'IVO DI BRETAGNA, L'AVVOCATO E IL SACERDOTE, VITA DI UN TERZIARIO FRANCESCANO


19 maggio
SANT'IVO DI BRETAGNA

Sant' Yves (Ivo) Hélory de Kermartin
(Erwan in bretone)

Avvocato e Sacerdote,
Francescano secolare



ca. 1235 - 1303



Ivo, chiamato anche Ivo (Yves) Hélory e Ivo (Yves) di Kermartin, era un avvocato divenuto prete e parroco a metà della sua vita. Dopo la sua morte e canonizzazione fu invocato come patrono degli avvocati e dei giudici.
Era nato a Kermartin, nei pressi di Tréguier in Bretagna, dove il padre era proprietario terriero. Studiò diritto canonico e teologia a Parigi per dieci anni e diritto civile per altri tre anni a Orléans; al suo ritorno in Bretagna nel 1262 fu nominato “ufficiale”, o giudice, del tribunale ecclesiastico della diocesi di Rennes, ma ben presto il vescovo di Tréguier lo richiese per lo stesso incarico. Si guadagnò la reputazione di totale imparzialità e incorruttibilità, prendendosi cura speciale dei poveri citati in giudizio. A lui si attribuisce l'invenzione del "gratuito patrocinio" per coloro che non si potevano permettere di pagare le spese processuali.
Spesso tentava di persuadere i litiganti a trovare un accordo prima di ricorrere al tribunale, come insegna il Vangelo, onde evitare processi costosi e inutili. Tutto ciò diede vita a un motto in latino: "S. Ivo era un bretone, un avvocato e non un ladro, cosa mirabile agli occhi del popolo». Fonti contemporanee ci parlano del suo dono per la riconciliazione, della sua propensione a patrocinare la cause dei poveri in altri tribunali e, opera di misericordia, a visitarli in carcere.
Nel 1284 fu ordinato prete e gli fu affidata la parrocchia di Tredez e tre anni dopo, date le dimissioni da magistrato, s'impegnò totalmente nella parrocchia. Dopo pochi anni fu promosso in quella di Louannec, dove costruì un ospedale, si prese cura dei poveri e si occupò personalmente dei vagabondi. Ancor maggior peso ebbe il suo impegno per le necessità spirituali del suo gregge.
Era in grado di predicare in tre lingue (latino, francese e bretone) ed ebbe grande reputazione come arbitro imparziale in ogni tipo di dispute. Fin dai tempi in cui era studente aveva condotto una vita austera, con digiuni e preghiere, penitenze per le quali andava famoso; in seguito sarebbe giunto al punto di dare ai poveri il raccolto di grano che gli spettava.
Durante la Quaresima del 1303 cadde malato e morì alla vigilia della festa dell'Ascensione dopo aver celebrato Messa predicando con grande fatica. Fu canonizzato il 18 maggio1347. (1)


Martirologio Romano: In un castello vicino a Tréguier nella Bretagna in Francia, sant’Ivo, sacerdote, che osservò la giustizia senza distinzione di persone, favorì la concordia, difese le cause degli orfani, delle vedove e dei poveri per amore di Cristo e accolse in casa sua i bisognosi.

Martirologio Francescano: In Lohanec, nella Bretagna, Sant'Ivone Prete, Confessore del Terz'Ordine, il quale per amor di Dio difendeva le cause dei pupilli, delle vedove e dei poveri e illustre per santità e per miracoli dal Sommo Pontefice Clemente I fu annoverato tra i Santi (1303).



E' invocato come protettore di orfani, avvocati, cancellieri di tribunale, giudici, magistrati, notai, portieri e usceri, procuratori, professori di diritto, ufficiali giudiziari, poveri.

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Ivo è oggi considerato un santo tipicamente bretone, il cui culto è soprattutto diffuso nella Francia occidentale.
Non fu tuttavia sempre cosi, poiché alla fine del Medioevo egli fu assai popolare in tutta la cristianità. La sua figura e gli inizi del suo culto sono ben conosciuti grazie agli atti del processo di canonizzazione, svoltosi a Tréguier nel 1330, nel corso del quale vennero raccolte le deposizioni di circa duecentocinquanta testimoni, fra i quali figuravano persone che l'avevano conosciuto da vicino. Da questi atti derivano tutte le successive Vite in latino e in lingua volgare, che ispirarono a loro volta un'abbondante iconografia.




Il personaggio che conosciamo con il nome di Ivo si chiamava in effetti, in lingua bretone, Erwan. Nato nel 1235, discendeva da una famiglia di piccoli cavalieri, gli Hélory, che risiedeva a Minihy (Côtes d”Armor), nei pressi della città episcopale di Tréguier, e fu educato da sua madre, coadiuvata da un precettore, nel maniero di Kermartin. 
Verso i quindici anni lasciò la regione in cui era nato per recarsi a Parigi a compiere gli studi superiori. Dopo aver seguito i corsi della Facoltà delle arti, si specializzò in diritto canonico (1268-1272) e passò in seguito all'università di Orléans, particolarmente rinomata per la qualità degli insegnamenti giuridici, dove si trattenne fino al 1274. Dopo un nuovo soggiorno a Parigi, dove tra 1274 e 1277 compì studi di teologia, completò la sua formazione di canonista ancora a Orléans, sotto la guida di Pietro de la Chapelle nel 1279-1280.
Questa lunga formazione universitaria gli aprì subito la carriera ecclesiastica: Ivo divenne ufficiale, cioè giudice, dell'arcidiacono di Rennes - città nella quale frequentò il convento dei frati minori per perfezionare la sua cultura teologica - e successivamente, nel 1284, del vescovo di Tréguier, nel Nord-ovest della Bretagna. Il vescovo Alain de Bruc gli assegnò in beneficio la parrocchia di Trédrez, vicino a Lannion, e in seguito quella di Louannec. 

Avrebbe potuto condurre l'agiata esistenza di un chierico ben provvisto di rendite e rispettato per la sua scienza e la sua autorità, se verso il 1290 non avesse deciso di mutare vita cercando di aiutare i diseredati e i poveri condividendone la sorte. Prese a vivere in maniera ascetica, a ospitare nella sua casa mendicanti e orfani e a distribuire le proprie ricchezze in elemosine. Verso il 1297 rinunciò all'incarico di giudice ecclesiastico per intraprendere lunghi giri di predicazione nei villaggi della regione. Morì il 19 maggio 1303,al ritorno da un pellegrinaggio a Locronan, dove si era recato con un gruppo di fedeli.

  • CULTO

Sul suo sepolcro non tardarono a verificarsi eventi miracolosi, che spinsero il duca Giovanni III e i vescovi della Bretagna a chiedere l'apertura di un processo di canonizzazione. La richiesta fu reiterata nel 1329 dal re di Francia e dall'università di Parigi. Papa Giovanni XXII ordinò allora un'inchiesta sulla vita e i miracoli di Ivo che si svolse a Tréguier nel 1330. La causa fu ripresa dal nuovo duca Carlo di Blois, che era personalmente assai devoto a sant'Ivo e che si recò ad Avignone da Clemente VI per richiederne la canonizzazione, la quale avvenne il 18 maggio 1347. Poco tempo dopo i suoi resti furono traslati nella cattedrale di St-Tugdual di Tréguier, e nel 1420 vennero riposti in uno splendido sepolcro in pietra fatto costruire dal duca Giovanni V. Distrutto nel 1793, esso venne ricostruito nel 1885.

Nel 1348 la sua Vita in latino fu tradotta in francese da Jean de Vignay e inserita negli adattamenti della Legenda aurea in lingua francese. Nel 1351 il capitolo generale dei frati minori, riunito a Lione, stabilì di iscrivere il suo nome nel martirologio francescano, a motivo degli stretti legami avuti da sant'Ivo con l'ordine. Fu quest'ultimo a contribuire alla diffusione del suo culto, in particolar modo in Italia, dove Ivo comparve ben presto sia fra i santi del Terz'ordine sia nelle raccolte agiografiche sia nell'iconografia. In tutta la cristianità, inoltre, si posero sotto la sua protezione numerose corporazioni di uomini di legge e di giuristi e furono intitolate a lui varie chiese, come quella di Parigi che fu dotata di ricchi beni dai re di Francia. Nell'Italia centrale il suo culto fu diffuso dai numerosi mercenari che fin verso il 1380 combatterono a servizio del papato. A metà del XV sec. il card. bretone Alain de Coetivy ottenne da papa Callisto III l'autorizzazione a costruire a Roma una cappella e un ospizio intitolati al santo e destinati ad accogliere i pellegrini provenienti da quella regione.


G. Vasi - S. Ivo dei Bretoni - chiesa la cui facciata si scorge sulla sinistra
sullo sfondo a destra l'obelisco di piazza del Popolo






Il culto di sant'Ivo, molto diffuso tra XIV e XVII sec., andò in seguito declinando, tranne che in Bretagna, dove si era profondamente radicato nella pietà popolare e nella cultura folcloristica attraverso la pratica del «perdono››. Ogni anno infatti si svolgeva, e si svolge ancora, il grande «perdono di sant'Ivo››, celebrato in occasione della sua festa, il 19 maggio. Si tratta di una processione che partendo dalla cattedrale di Tréguier, dove riposano i resti del santo, si reca a Minihy, piccolo villaggio la cui chiesa è costruita sul luogo dell'antica cappella del maniero di Kermartin nel quale visse e morì Ivo.




Ma la devozione verso questo santo ha assunto nel passato anche forme meno ortodosse. Fino all'inizio del XX sec. si andava in pellegrinaggio alla cappella di St-Yves de la Vérité, a Trédarzec, non lontano da Tréguier: chi riteneva di non aver avuto giustizia in un processo, faceva sette volte il giro della cappella lanciando imprecazioni contro i suoi avversari, e accendeva infine un cero a sant'Ivo perché li castigasse. La tradizione voleva che prima di partire per questo pellegrinaggio la persona che si riteneva vittima di un'ingiustizia gettasse un soldo davanti alla casa di chi 1'aveva offeso. Quest'ultimo, se si riteneva innocente, doveva raccogliere la moneta, altrimenti essa veniva portata a sant'Ivo, e il colpevole sarebbe morto nel corso dell'anno.




Dal processo di canonizzazione emerge di sant'Ivo una duplice immagine: da una parte quella di un giudice ecclesiastico incorruttibile e benevolo verso le persone di umile condizione e i poveri; dall'altra quella di un sacerdote santo, totalmente dedito alle attività pastorali e in particolar modo alla predicazione.

Alla fine del Medioevo fu la prima immagine a prevalere, come testimoniano le raffigurazioni iconografiche e il fatto che il santo divenne assai presto il patrono dei giuristi e delle facoltà giuridiche delle università, sia in Francia sia in Germania e in Italia. Sanctus Ivo erat Brito / Advocatus et non latro / Res miranda populos questa breve strofa, che risale al XIV sec., mostra bene il fondamento della popolarità del santo. Come giudìce a Rennes e poi a Tréguier egli aveva infatti goduto di un vero potere, poiché la giustizia ecclesiastica aveva allora ampie competenze. Essa giudicava infatti non solo i chierici, ma anche i laici per ciò che riguardava i sacramenti, in particolare il matrimonio, le scomuniche e i testamenti.
Ivo si segnalò all'attenzione dei suoi contemporanei perché rendeva prontamente giustizia, invece di lasciare che le cose si trascinassero per le lunghe, come facevano numerosi giudici, soprattutto quando le parti in causa erano persone di modeste condizioni: egli divenne ben presto celebre per la sua integrità e la sua imparzialità. In ogni caso faceva opera di conciliazione, cercando di ristabilire la concordia tra le parti piuttosto che lasciarle impegnare in costosi processi, e prendeva le difese dei poveri, delle vedove, dei minori e degli orfani che non potevano pagarsi un avvocato, come ben mostra l'affresco del Sodoma che si trova nel palazzo di giustizia di S. Gimignano.




L'altra immagine di sant'Ivo, che ha maggiormente attirato l'attenzione della Chiesa, soprattutto in età moderna, e che è ben illustrata nelle magnifiche vetrate della chiesa di Montcontour (Côtes d'Armor, XVI sec.), è quella dello zelante sacerdote parrocchiale. Gli atti dell'inchiesta del 1330 ce lo mostrano infatti dedito alla predicazione nelle parrocchie, fatto nuovo e raro in un'epoca nella quale i preti secolari bretoni, sia per negligenza sia per incapacità, non pre- dicavano molto. Ivo si preoccupava invece di far conoscere ai fedeli la parola di Dio, e la sua cultura giuridica e universitaria non sembra gli abbia impedito di trasmettere a pescatori e a semplici contadini il messaggio evangelico.

Non ci è rimasto nulla dei suoi sermoni, ma le testimonianze raccolte nel 1330 sottolineano il profondo effetto che essi suscitavano negli ascoltatori, ai quali il santo mostrava la necessità della penitenza, cercando di inculcare in loro le virtù cristiane. Uomo della parola, Ivo era anche un uomo del Libro, e chi lo aveva conosciuto non mancò di sottolineare l'importanza rivestita nella sua vita quotidiana dalla lettura della Bibbia, che egli portava sempre con sé, e del breviario. La sua reputazione di uomo nobile e colto non fu certamente estranea al prestigio di cui godette durante la sua vita nelle campagne di Tréguier, ma lo spettacolo di quest'uomo ritornato nei campi per condividere la condizione dei contadini e dei poveri era di per sé sufficiente a colpire e a commuovere gli animi, e ciò basta a spiegare il fervore che si manifestò dopo la sua morte e i numerosi miracoli che gli vennero subito attribuiti.

Nella storia della santità cristiana la sua canonizzazione costituisce una tappa importante, poiché essa attesta, per la prima volta dalla fine dell'Antichità, la possibilità per un semplice prete di accedere alla gloria degli altari, privilegio fino allora riservato a vescovi, monaci e religiosi. Ben prima di quello del curato d'Ars, il culto di sant'Ivo offrì alla Chiesa l'occasione di promuovere un modello di santità sacerdotale attraverso la figura di un uomo che associò la pratica delle più alte virtù cristiane - in particolare la giustizia e la carità - all'esercizio del ministero pastorale. (2)



Inno di S. Erwan - Antico canto bretone


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fonti:
(1) Alban Butler, Dizionario dei santi secondo il calendario, Piemme, Casale Monferrato (AL), 2001
(2) André Vauchez in Il grande libro dei Santi, Diz. encicl. diretto da C. Leonardi-A.Riccardi-G.Zarri, Ed. San Paolo, Cinisello Balsamo (MI), 1998.