martedì 27 ottobre 2020

SAN GIOVANNI CALABRIA, terziario francescano e fondatore dei Poveri Servi della Divina Provvidenza



4 dicembre 

SAN GIOVANNI CALABRIA
sacerdote
del III Ordine di San Francesco
Francescano secolare
fondatore dei “Poveri Servi della Divina provvidenza”
e “Povere Serve della Divina Provvidenza”









Verona, 8 ottobre 1873 - Verona, 4 dicembre 1954



Nato a Verona l’8 ottobre 1873, alla morte del padre dovette abbandonare la scuola per aiutare la famiglia lavorando. Il rettore della chiesa di S. Lorenzo, don Pietro Scapini, avendo scoperto in lui la vocazione sacerdotale, lo preparò privatamente agli esami di ammissione al liceo vescovile, che furono superati egregiamente. Durante l’ultimo anno di liceo Giovanni sospese ancora gli studi per il servizio di leva che svolse presso l’ospedale militare della città, edificando tutti – superiori e commilitoni – per la sua premurosa carità. 
Nel novembre 1897, tornando da una visita agli infermi, trovò accovacciato davanti alla sua porta un bambino fuggito da un campo di zingari e se lo portò in casa. L’anno seguente fondò la “Pia Unione per l’assistenza ai malati poveri”. 
Ordinato prete l’11 agosto 1901 si dedicò alle opere di carità privilegiando soprattutto gli spazzacamini e i ragazzi abbandonati, e nel 1907, nominato rettore della chiesa di S. Benedetto al Monte, diede inizio alla “Casa Buoni Fanciulli” dove alcuni laici chiesero di condividere la sua esperienza di povertà e di assistenza ai bisognosi: sorse così la congregazione dei “Poveri Servi della Divina provvidenza”, nel 1909, a cui seguì il ramo femminile, le “Sorelle” che nel 1952 avrebbero assunto il nome di “Povere Serve della Divina Provvidenza”. I due istituti si diffusero in varie parti d’Italia, sempre al servizio dei poveri, degli abbandonati, degli emarginati, degli anziani e degli infermi. 
Nel 1944, don Calabria fondò anche la “Famiglia dei Fratelli Esterni”. Per promuovere la riforma evangelica della Chiesa curò e fece diffondere libri famosi nella collana dal titolo “Ore decisive”, scrivendo a sua volta su varie riviste italiane e pubblicando libri in cui anticipò molte delle idee rilanciate poi dal Concilio Vaticano II. 
Da tempo sofferente per varie malattie, morì di emiplegia cerebrale il 4 dicembre 1954. Fu beatificato da Giovanni Paolo II nel 1988 e canonizzato il 18 aprile 1999.  (Un santo al giorno)


Martirologio Romano: A Verona, san Giovanni Calabria, sacerdote, che fondò la Congregazione dei Poveri Servi e delle Povere Serve della Divina Provvidenza.



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Non e la prima volta che incontriamo (questo profilo biografico scritto da Alfredo Cattabiani è tratto dal libro Santi del Novecento, Rizzoli, 2005) in questo viaggio nella santità del XX secolo un sacerdote e religioso che, fidandosi soltanto della Divina Provvidenza, costruisce un’opera colossale di carità. Fra questi vi e don Giovanni Calabria che, oltre a essere celebre in tutto il Paese, e venerato particolarmente a Verona dove trascorse tutta la sua esistenza, uscendo dai suoi confini soltanto due o tre volte: in un’occasione si recò a Roma, in udienza da papa Pio XI. Quando era in vita era solito benedire la citta da San Zeno in Monte, sulle colline veronesi. Oggi sul luogo da dove impartiva la sua benedizione campeggia una Croce che di notte s’illumina.
Un’altra caratteristica di alcuni apostoli della carità del XX secolo è di essere umili pretini, senza ingegno né talenti particolari: come asinelli che, come di se diceva don Orione, non fanno che portare il loro carico la dove il Signore li indirizza misteriosamente. Cosi era Giovanni il quale nacque a Verona l’8 ottobre 1873 in una famiglia molto povera: il padre, Luigi, faceva il ciabattino mentre la madre era una casalinga che lavorava come cameriera presso altre abitazioni. Quando morì il padre nel 1886, Giovanni, non ancora tredicenne, dovette abbandonare le elementari, che aveva già interrotto in precedenza a causa dell’indigenza della famiglia, per guadagnarsi da vivere con umilissimi lavori.
Fin da piccolo sognava di diventare prete. La mamma ricordava che da ragazzino allestiva un altarino in un angolo della soffitta appoggiandovi un libro a mo’ di messale: faceva genuflessioni e gesti sacri imitando quelli che vedeva durante la celebrazione della messa. Persino con i suoi coetanei giocava a fare il prete. Lo aveva notato don Pietro Scapini, rettore della chiesa di San Lorenzo, che si convinse della sua vocazione sacerdotale. Grazie a quei prete, che era anche professore di matematica nel seminario, Giovanni poté essere ammesso al liceo ecclesiale. Fu lo stesso don Scapini a prepararlo per tre anni agli esami cli ammissione, che Giovanni superò per essere ammesso come esterno. Ma dovette interrompere gli studi nel 1894 per assolvere al servizio militare, che allora era obbligatorio anche per i futuri sacerdoti, presso l’ospedale militare della sua città. In quei due anni, in cui si fece benvolere dai compagni e dai superiori per la generosità e disponibilità, conobbe il carmelitano Natale di Gesil che scelse come suo direttore spirituale. Fu il religioso a intuire nel giovane "il prescelto del Signore con speciale predilezione per fondare un istituto proprio per i tempi attuali": una Congregazione di sacerdoti e fratelli, con parità giuridica ed eguali diritti, capaci di coprire ogni carica, anche di direzione e governo, tranne quelle scaturite espressamente dall'ordine sacro per i fratelli.
Terminato il servizio militare, nel 1896 Giovanni rientro al seminario dove nel 1897 indossò l’abito talare. Quanto agli studi, non vi otteneva molto profitto perché aveva scarse capacità intellettuali: si mostrava refrattario alle questioni di teologia, incapace di apprendere bene latino e greco. Limiti di cui era consapevole perché egli stesso si definiva "zero e miseria". Le sue sole doti erano una bontà, una generosità e una sensibilità straordinarie per aiutare gli altri spiritualmente e materialmente: furono queste qualità a permettere a don Scapini di opporsi strenuamente a chi voleva buttarlo fuori del seminario, impedendogli così di realizzare il sogno di diventare prete. Don Scapini ripeteva che nella Chiesa ci sono persone intelligenti e poco generose: quell’allievo invece era di una generosità straordinaria senza essere intelligente.
In una fredda nottata di novembre del 1897, mentre stava tornando da una visita agli infermi dell’ospedale, trovò accovacciato davanti alla sua porta un bambino Fuggito da un campo di zingari. Non ebbe alcuna esitazione: se lo portò a casa. Non fu che il primo. Iniziò così una scommessa che sembrava impossibile da vincere nelle sue condizioni: formare una famiglia di "buoni fanciulli" affrontando la sfida del loro mantenimento. Nel 1898, quando ancora studiava teologia, fondò la Pia Unione per l'assistenza agli ammalati poveri che si occupava di dare loro l’aiuto necessario negli ospedali cittadini.
Ordinato sacerdote l’11 agosto 1901, seguitò a dedicarsi ai ragazzi abbandonati, continuando ad accoglierli nella sua povera casa. Ma lo spazio diventava sempre pin angusto. Finalmente il 26 novembre 1907, dopo essere stato nominato rettore della chiesa di San Benedetto al Monte, fondò nella sua abitazione la Casa Buoni Fanciulli che l’anno successivo venne trasferita a San Zeno in Monte. In quello stesso anno, grazie all’aiuto finanziario di un altro uomo di Dio, l’avvocato Francesco dei conti Perez, che più tardi si unirà a lui come fratello, aprì quella che sarebbe diventata la Casa madre della futura Congregazione. Si unirono a don Calabria due laici che volevano condividere la sua esperienza di povertà e di assistenza alle creature abbandonate. Con i ragazzi accolti aumentarono anche i collaboratori che aprirono successivamente parecchie Case in varie parti d’Italia.
Ma dove trovava il denaro per tante opere? Ogni mattina, dopo avere celebrato la messa, si recava nella portineria domandando: "E arrivata la Provvidenza?". E durante il giorno lo si sentiva spesso dire "Affidiamoci alla Provvidenza», "Lasciamo fare alla Provvidenza", "Preghiamo perché arrivi la Provvidenza". Don Calabria vi si affidava totalmente rifiutando ogni rapporto con le istituzioni. Si racconta che un giorno erano rimaste in cassa soltanto cento lire mentre i debiti ammontavano a decine di migliaia. Don Calabria uscì dall’istituto e, percorrendo lo stretto sentiero che correva intorno alle mura austriache di Verona, entrò nelle "casematte" dove si erano rifugiate la famiglie più povere, distribuendo loro quasi tutto quel denaro; e la sera mandò i Fratelli in città per distribuire quel che era rimasto. "Come può la Provvidenza venire se vi cercate il risparmio, l'accumulo? Se non abbiamo niente arriverà la Provvidenza" amava dire e scriveva: "Quest’Opera vive interamente e totalmente abbandonata alla Divina Provvidenza. Nessuno dei ragazzi paghi, sia assolutamente proibita ogni sorta di réclame: non conferenze, non pesche di beneficenza, non ringraziamenti pubblici. Iddio non ha bisogno di queste cose, e in quest’Opera, ch’é tutta Sua, Lui penserà. [...] Se noi usassimo dei mezzi umani, l’Opera subito cesserebbe di essere di Dio, diventerebbe dell’uomo, e allora andrà avanti come una banca, come una casa commerciale, che oggi fiorisce e domani fallisce. [...] L’indole di quest’Opera e di non possedere nulla, di non mettere mai denaro a frutto; tutto quello che si ha e che Dio manda si deve spendere e diffondersi".
Padre Vittorino, segretario personale di don Calabria negli ultimi dieci anni, riferiva che spesso veniva inviato a bussare al tabernacolo per chiedere direttamente a Dio come si dovesse fare. E il segretario, che credeva ormai ciecamente in lui (e come sarebbe potuto essere diversamente di fronte a un santo?), eseguiva puntualmente l’ordine. A chi, fra voi lettori, affiorasse sul volto un sorriso di compatimento, occorrerebbe rammentare che è il Cristo stesso a chiedere ai discepoli di vendere tutto e darlo ai poveri, a esortare a non preoccuparsi per il cibo e i vestiti prendendo esempio dagli uccelli dell’aria e dai gigli del campo.
Nel 1932 la Casa Buoni Fanciulli fu approvata dal vescovo di Verona come Congregazione con il nuovo e definitivo nome di Poveri Servi della Divina Provvidenza, che avrebbe poi avuto la definitiva approvazione pontificia il 25 aprile 1949. Ma già dal 1910 don Calabria aveva fondato un ramo femminile, le Sorelle, che sarebbe diventato una Congregazione nel 1952 col nome di Povere Serve della Divina Provvidenza. Le Case delle due Congregazioni, giunte anche in India, erano e sono al servizio non solo dei bambini e ragazzi, ma anche dei poveri, degli emarginati, degli anziani e degli ammalati.
Nella sua opera di apostolato don Calabria trovava il tempo per seguire sacerdoti in difficoltà, carcerati, cristiani dissidenti e una folla anonima di anime sconfortate che egli riceveva da mattina a sera e con le quali tenne un’enorme corrispondenza pur tra continue malattie. Quanto ai ragazzi che avevano la vocazione sacerdotale, dopo averli istruiti nelle sue scuole di formazione, alle soglie della teologia, li lasciava liberi di scegliere la diocesi o altre Congregazioni o Ordini.
Dal 1939 fino alla morte quel prete senza ingegno ma con un cuore immenso divenne una delle persone più consultate, un punto di riferimento che indicava la via.
Nel 1944 raccolse intorno a sé anche i laici con la Famiglia dei Fratelli Esterni perché sentiva che era giunto il tempo di laici che operassero nella famiglia e nella loro professione.
Per promuovere la riforma evangelica della Chiesa curò e fece pubblicare dalla sua tipografia libri ormai celebri nella collana "Ore decisive" e scrisse anche vari articoli sulle riviste destinate al clero. La sua vera grandezza fu il quotidiano impegno di conoscere sempre di più la volontà di Dio, il suo amore appassionato a questa volontà, il perdersi in essa e vivere a qualsiasi costo di tale volontà. "O santo o morto" era il suo proponimento scritto in ogni pagina del diario.
Gli anni più tragici della sua vita furono quelli dal 1949 al 4 dicembre 1954, data della sua morte. Cominciò a dare segni di alterazione mentale. Il 15 giugno 1950 fratel Consolaro, suo medico personale, espresse il giudizio clinico: "Il padre soffre di forma senile arteriosclerotica". Il 5 settembre 1950 un consulto di psichiatri diagnostico: "Forma depressiva malinconica», che fra le depressioni e la più grave clinicamente. Il 6 maggio si sparo il primo elettroshock, cui ne seguirono altri. Da quel momento don Calabria, tranne qualche periodo di ripresa, rimase imprigionato nella malattia che per lui comportava anche un senso di colpa, quasi di indegnità, perché si sentiva incapace di fare qualcosa di utile, addirittura il timore di essere vittima del demonio e quindi del peccato.
I suoi collaboratori più vicini hanno raccontato il dramma della celebrazione della messa con interruzioni di pianti, dichiarazioni di essere capace di offendere addirittura il Signore. Quelle celebrazioni potevano durare anche sei-sette ore con l'assistenza dei Fratelli per contrastare quella patologica scrupolosità. "Dal punto di vista clinico" ha scritto lo psichiatra Vittorino Andreoli "erano affiorate una diagnosi di sclerosi cerebrale, una di depressione melanconica e, proprio per questo comportamento ossessivo e scrupoloso, una di neurastenia."
Padre Natale, che continuava a essere il suo direttore spirituale, riferisce che don Calabria era invaso spesso dalla paura di peccare, di dire parolacce, sentiva nella propriamente bestemmie che non poteva dominare, tanto che a volte credeva di averle pronunciate veramente e si recava dal direttore spirituale per confessarsi. "Insomma" soggiunge Andreoli "il quadro è quello di una condizione ossessivo-compulsiva." La giornata era un continuo alterarsi di preghiere nonostante fosse tormentato da dubbi e scrupoli. Si sentiva abbandonato da Dio, diviso da Lui da un muro insuperabile. Riteneva di avere rovinato l’Opera, di non avere cercato che se stesso. Gli sembrava di udire una voce che diceva: "Sei dannato, per te non c’è altro". Negli ultimi anni attraverso quella che i mistici chiamano "la notte oscura". In quegli anni il dolore e la sofferenza raggiunsero la passione. Quelle sofferenze furono anche una purificazione interiore, un’offerta come vittima in riparazione dei peccati, un prezzo da pagare per il consolidamento dell’Opera.
Papa Giovanni Paolo II lo ha beatificato in piazza San Pietro il 17 aprile 1988 e canonizzato il 18 aprile 1999 fissando la sua festa il 4 dicembre. Nell’omelia pronunciata per l’occasione disse: "L’esistenza di Giovanni Calabria e stata tutta un Vangelo vivente, traboccante di carità: carità verso Dio e carità verso i fratelli, specialmente verso i più poveri".
Alfredo Cattabiani


Registrazioni originali nelle quali san Giovanni Calabria, fondatore dell'ospedale Sacro Cuore, parla della sofferenza e della malattia