20 aprile
Servo di Dio
DON TONINO BELLO
(Antonio Bello)
vescovo
francescano secolare
Alessano, Lecce, 18 marzo 1935 - Molfetta, 20 aprile 1993
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BIOGRAFIA
È impossibile descrivere in poche righe ciò che Sua Eccellenza Mons. Antonio Bello, per tutti Don Tonino, ha rappresentato per la Chiesa e per tutti coloro che vivono ai margini di una società troppo spesso disattenta ai reali e penosi problemi della “gente comune”.
Nato ad Alessano in provincia di Lecce nel 1935, figlio di un carabiniere e di una casalinga (anche lei terziaria francescana) di una famiglia del basso Salento, trascorse 1'infanzia in Alessano, un paese a prevalentemente economia agricola.
Fu ordinato sacerdote nel 1957 a soli 22 anni e il 1° gennaio 1962 emise la professione, nell'allora, Terz'Ordine Francescano Secolare di Alessano. Nel 1982 divenne vescovo di Molfetta, Ruvo, Giovinazzo e Terlizzi. Il suo essere francescano traspare dalle sue parole, dallo stile di vita, dalla continua attenzione alla famiglia francescana, dalla sua lapide nella quale ha voluto lasciare chiara traccia della sua identità Tonino Bello, terziario francescano, vescovo... Il suo legame con l'Ordine Francescano Secolare lo rese sempre disponibile ad animare incontri e raduni dell'Ofs e della GiFra.
Il ministero episcopale fu caratterizzato dalla rinuncia a quelli che considerava segni di potere scegliendo invece di ridare il Potere ai Segni, diede sempre una costante attenzione agli ultimii promosse la costituzione di gruppi Caritas, fondò una comunità per la cura delle tossicodipendenze, lasciò sempre aperti gli uffici dell'episcopio per chiunque volesse parlargli e spesso anche per i bisognosi che chiedevano di passarvi la notte.
Sua la definizione di “Chiesa del grembiule” per indicare la necessità di farsi umili e contemporaneamente agire sulle cause dell'emarginazione. "Parlo spesso della Chiesa del grembiule. Il grembiule e l'asciugatoio, l'unico dei paramenti sacri che viene ricordato nel Vangelo. Gesù non mise né la pianeta, ne la casula, né il camice... si cinse l'asciugatoio. Ma quando si parla di questo non ci si scalda tanto, fa più immagine la Chiesa del lezionario, la Chiesa del rito. Immaginate un dibattito in televisione e un vescovo che vi partecipa con il grembiule!... solo se avremo servito potremo parlare e saremo creduti. L'unica porta che ci introduce oggi nella casa della credibilità è la porta del servizio".
Il suo motto episcopale diceva: "Ascoltino gli umili e si rallegrino". In queste parole era racchiuso il suo programma di Vescovo della tenerezza, come usavano chiamarlo in molti.
Da subito inizia a parlare della necessità di essere "contemplattivi" - termine da lui coniato - ovvero di poter contemplare insieme la dimensione solitaria con quella militante; dello stare dentro la storia ed insieme del diventare compagni dell'umanità. Non a caso “profumare di popolo” era un'espressione che spesso utilizzava, perché nel popolo - spiegava - c'è la memoria di una grande storia.
Nel 1985 venne indicato dalla presidenza della CEI a succedere a monsignor Luigi Bettazzi, vescovo di Ivrea, nel ruolo di guida di Pax Christi, il movimento cattolico internazionale per la pace. In questa veste si ricordano diversi duri interventi tra i più significativi quelli contro il potenziamento dei poli militari di Crotone e Gioia del Colle, e contro l'intervento bellico nella Guerra del Golfo, quando manifestò un'opposizione così radicale da attirarsi l'accusa di istigare alla diserzione.
"Dovremmo fare delle transumanze, cioè dei passaggi: (transumanza e un vocabolo che adoperano i pastori; trans- humus: passare da una terra all'altra. Quando i pastori nel mese di settembre vanno verso il mare dai monti) passare dalla pace della coscienza alla coscienza della pace. Cos'é la pace della coscienza? Quando stiamo quieti in casa nostra, nessuno ci scomoda, ci sentiamo tranquilli con Dio, con la gente, con la natura; ci sentiamo innocenti, cioe che non nuociamo né a Dio né agli altri, né alla terra. Questa è la pace della coscienza; però dalla pace della coscienza dobbiamo passare alla coscienza della pace. Allora per acquisire quest'ultima dobbiamo non scommettere sulla pace che non venga dall'alto: è inquinata. Io sono un vescovo e vi parlo come credente, ma il discorso é molto vicino anche a coloro clie non si riconoscono nell'area cristiana, che non vedono in Gesù di Nazareth il punto di convergenza di tutta la loro vita e di tutti i loro afletti. Ripeto: non scommettere su una pace che non venga dall'alto perché e` una pace inquinata. Per noi credenti la pace viene da Dio, cioe` ce l'ha data Gesù Cristo quando è risorto, è entra to nel cenacolo e ha detto: "'La Pace sia con voi, Pace a voi”; ha detto due volte e poi ha mostrato i pozzi da dove scaturisce la pace, ha mostrato le piaghe delle mani; del costato dei piedi. Ha mostrato le sue ferite, quello é il pozzo da cui nasce la pace. Cioè la pace viene dall'alto, e` dono di Dio; il pozzo artesiano l'ha scavato Lui; a noi tocca tirar su l'acqua per farla affiorare, farla venire in superficie, e canalizzarla, distribuirla ed portarla fino ai confini della terra".
Benché già operato di tumore allo stomaco, il 7 dicembre 1992 partì insieme a circa cinquecento volontari da Ancona verso la costa dalmata dalla quale iniziò una marcia a piedi che lo avrebbe condotto dentro la città di Sarajevo, da diversi mesi sotto assedio serbo a causa della guerra civile.
Morì a Molfetta il 20 aprile 1993.
Il 27 novembre 2007 la Congregazione per le Cause dei Santi ne ha avviato il processo di beatificazione. In data 30 aprile 2010 si è tenuta la prima seduta pubblica nella cattedrale di Molfetta alla presenza di autorità religiose e civili.
Scrisse ai francescani secolari di Puglia nel 1993: "Carissimi, c'e bisogno di voi: di organizzare le sfilacciature della speranza, diffusa dappertutto ma non sufficientemente polarizzata attorno ad un centro nodale. Mettete Gesù in mezzo. Annunciate con francescana “letizia" la sua parola di libertà e
di pace. Amate la vita. Date spazio alla tenerezza. Fatevi trapiantare “da Cristo il veccliio cuore con un cuore nuovo, stracolmo di umanità e pronto a far traboccare negli altri gli esuberi della vostra speranza. Un saluto a tutti di Pace e Bene don Tonino Bello vescovo".
Il ministero episcopale fu caratterizzato dalla rinuncia a quelli che considerava segni di potere scegliendo invece di ridare il Potere ai Segni, diede sempre una costante attenzione agli ultimii promosse la costituzione di gruppi Caritas, fondò una comunità per la cura delle tossicodipendenze, lasciò sempre aperti gli uffici dell'episcopio per chiunque volesse parlargli e spesso anche per i bisognosi che chiedevano di passarvi la notte.
Sua la definizione di “Chiesa del grembiule” per indicare la necessità di farsi umili e contemporaneamente agire sulle cause dell'emarginazione. "Parlo spesso della Chiesa del grembiule. Il grembiule e l'asciugatoio, l'unico dei paramenti sacri che viene ricordato nel Vangelo. Gesù non mise né la pianeta, ne la casula, né il camice... si cinse l'asciugatoio. Ma quando si parla di questo non ci si scalda tanto, fa più immagine la Chiesa del lezionario, la Chiesa del rito. Immaginate un dibattito in televisione e un vescovo che vi partecipa con il grembiule!... solo se avremo servito potremo parlare e saremo creduti. L'unica porta che ci introduce oggi nella casa della credibilità è la porta del servizio".
Il suo motto episcopale diceva: "Ascoltino gli umili e si rallegrino". In queste parole era racchiuso il suo programma di Vescovo della tenerezza, come usavano chiamarlo in molti.
Da subito inizia a parlare della necessità di essere "contemplattivi" - termine da lui coniato - ovvero di poter contemplare insieme la dimensione solitaria con quella militante; dello stare dentro la storia ed insieme del diventare compagni dell'umanità. Non a caso “profumare di popolo” era un'espressione che spesso utilizzava, perché nel popolo - spiegava - c'è la memoria di una grande storia.
Nel 1985 venne indicato dalla presidenza della CEI a succedere a monsignor Luigi Bettazzi, vescovo di Ivrea, nel ruolo di guida di Pax Christi, il movimento cattolico internazionale per la pace. In questa veste si ricordano diversi duri interventi tra i più significativi quelli contro il potenziamento dei poli militari di Crotone e Gioia del Colle, e contro l'intervento bellico nella Guerra del Golfo, quando manifestò un'opposizione così radicale da attirarsi l'accusa di istigare alla diserzione.
"Dovremmo fare delle transumanze, cioè dei passaggi: (transumanza e un vocabolo che adoperano i pastori; trans- humus: passare da una terra all'altra. Quando i pastori nel mese di settembre vanno verso il mare dai monti) passare dalla pace della coscienza alla coscienza della pace. Cos'é la pace della coscienza? Quando stiamo quieti in casa nostra, nessuno ci scomoda, ci sentiamo tranquilli con Dio, con la gente, con la natura; ci sentiamo innocenti, cioe che non nuociamo né a Dio né agli altri, né alla terra. Questa è la pace della coscienza; però dalla pace della coscienza dobbiamo passare alla coscienza della pace. Allora per acquisire quest'ultima dobbiamo non scommettere sulla pace che non venga dall'alto: è inquinata. Io sono un vescovo e vi parlo come credente, ma il discorso é molto vicino anche a coloro clie non si riconoscono nell'area cristiana, che non vedono in Gesù di Nazareth il punto di convergenza di tutta la loro vita e di tutti i loro afletti. Ripeto: non scommettere su una pace che non venga dall'alto perché e` una pace inquinata. Per noi credenti la pace viene da Dio, cioe` ce l'ha data Gesù Cristo quando è risorto, è entra to nel cenacolo e ha detto: "'La Pace sia con voi, Pace a voi”; ha detto due volte e poi ha mostrato i pozzi da dove scaturisce la pace, ha mostrato le piaghe delle mani; del costato dei piedi. Ha mostrato le sue ferite, quello é il pozzo da cui nasce la pace. Cioè la pace viene dall'alto, e` dono di Dio; il pozzo artesiano l'ha scavato Lui; a noi tocca tirar su l'acqua per farla affiorare, farla venire in superficie, e canalizzarla, distribuirla ed portarla fino ai confini della terra".
Benché già operato di tumore allo stomaco, il 7 dicembre 1992 partì insieme a circa cinquecento volontari da Ancona verso la costa dalmata dalla quale iniziò una marcia a piedi che lo avrebbe condotto dentro la città di Sarajevo, da diversi mesi sotto assedio serbo a causa della guerra civile.
Morì a Molfetta il 20 aprile 1993.
Il 27 novembre 2007 la Congregazione per le Cause dei Santi ne ha avviato il processo di beatificazione. In data 30 aprile 2010 si è tenuta la prima seduta pubblica nella cattedrale di Molfetta alla presenza di autorità religiose e civili.
Scrisse ai francescani secolari di Puglia nel 1993: "Carissimi, c'e bisogno di voi: di organizzare le sfilacciature della speranza, diffusa dappertutto ma non sufficientemente polarizzata attorno ad un centro nodale. Mettete Gesù in mezzo. Annunciate con francescana “letizia" la sua parola di libertà e
di pace. Amate la vita. Date spazio alla tenerezza. Fatevi trapiantare “da Cristo il veccliio cuore con un cuore nuovo, stracolmo di umanità e pronto a far traboccare negli altri gli esuberi della vostra speranza. Un saluto a tutti di Pace e Bene don Tonino Bello vescovo".
da FVS Francesco il volto secolare, anno 10, n. 5. maggio 2012.
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PREGHIERA PER LA CANONIZZAZIONE DEL SERVO DI DIO ANTONIO BELLO
E per chiedere grazie per sua intercessione.
Signore Gesù Cristo,
che hai dato alla Chiesa come Vescovo
il Servo di Dio Antonio Bello,
intrepido annunciatore del Vangelo,
pastore ricco di sollecitudine apostolica,
amico dei poveri,
costruttore di pace,
ascolta le nostre preghiere:
fa’ che abbiamo sempre viva memoria
di una guida così luminosa;
aiutaci a raccogliere con generosità
l’eredità di una vita vissuta nell’amore,
nella semplicità, nell’autenticità
e nell’amabilità;
sostienici nel custodire il tesoro delle
sue spinte ideali, aperte alla speranza.
Donaci la gioia di vederlo
tra coloro che la Chiesa addita
come testimoni esemplari
da imitare e venerare.
Il suo benefico influsso
avvertito come presenza viva e operante
continui a sostenere il cammino
della nostra Chiesa
e di quanti si rivolgono a lui
fiduciosi nella sua intercessione.
A Te, Signore della vita,
la lode e l’onore nei secoli.
Mons. Luigi Martella